Mai, come in questo momento, ho
percepito una situazione pericolosamente vicina al collasso.
Negli ultimi anni (e l'ho scritto anche
nel mio libro: Un altro best seller e siamo rovinati) mi sono chiesto
come le case editrici potessero immettere sul mercato una tal
quantità di materiale. Sono rimasto sempre estremamente scettico
davanti agli accordi commerciali che permettevano tempi di pagamento
più lunghi e scontistiche più alte in cambio di un sempre crescente
numero di copie per libro in libreria. In questo sistema
schizofrenico abbiamo superato abbondantemente la legge secondo cui
un libro deve rimanere in libreria il tempo necessario per essere
notato. Prima il libro rimaneva un anno. Poi siamo passati a sei
mesi. Poi tre. Ora sfioriamo il mese.
Di fronte a scelte commerciali così
palesemente fallimentari ora si cerca di correre ai ripari.
Diciamo che, per le librerie, è
iniziata la fase tre.
La fase due prevedeva (parlo sempre in
generale e non per una libreria specifica perché il sistema ormai si
ripete per tutte le catene o quasi): diminuzione del personale
(contratti a termine non confermati, azzeramento delle collaboratrici
e dei collaboratori, cassa integrazione, ecc...), monte ore base da
non superare (38 o 40 ore settimanali a seconda del tipo di
contratto) o ridurre (da full time a part time), diminuzione degli
sprechi con conseguenti tagli, aumento delle responsabilità per le
libraie e i librai.
La fase due è servita a mettere
qualche cerotto su falle troppo grandi ormai e, in alcuni casi, ha
creato l'effetto contrario a quel che si voleva ottenere. In librerie
con poco personale entra sempre meno gente.
La fase tre consiste nell'alleggerire
la libreria dalla merce che si era precedentemente fatta entrare,
inoltre comporta una nuova riflessione sulle quantità di novità da
far entrare in libreria. Presumibilmente se prima si faceva arrivare
20 ora si farà arrivare 3 (parlo sempre in generale anche grazie al
confronto diretto avuto con colleghe e colleghi di altre catene).
Come mai la semplice logica non abbia imposto sin dall'inizio della
crisi (almeno) un “austerity” basata sul buon senso rimarrà,
temo, un mistero paragonabile solo a quella della Sacra Sindone.
Da brava Cassandra posso fare le mie
due profezie.
A questo punto della crisi sicuramente
le case editrici meno forti cominceranno a soccombere (quelle che non
lo hanno già fatto almeno) e, trattandosi di un mercato che è
strutturato come un domino (sempre per via di quella legge che
prevede che l'intelligenza degli uomini non possa mai superare una
certa soglia) è molto probabile che alla prima pedina vadano giù
anche tutte le altre. Per arrestare la caduta occorre una pedina
particolarmente forte da sopportare il peso del crollo.
Ora, lo so che sembro un menagramo e vi
vedo che siete tutti li a toccarvi e a fare gli scongiuri, ma la
matematica non è un'opinione.
Nelle librerie arrivano libri in grosse
quantità, spessissimo libri di pessima qualità ma questo è un
fattore a parte su cui si potrebbero aprire altre mille discussioni,
diciamo che ormai un buon 50% fatica a vendere anche solo una copia,
che un 30% vende 1 o 2 copie, e che la rimanente percentuale vende
più di due copie con, a seconda del potere d'investimento, la
possibilità di avere qualche best seller (le percentuali prendete con le pinze, sono frutto di una mia opinione).
Apro piccola parentesi: quanto costa
oggi creare un best seller? Per il mercato che abbiamo ne vale ancora
la pena? La proporzione spesa pubblicitaria/marketing
aggressivo/vendite permette ancora di coprire le spese investite?
(chiusa parentesi)
Le librerie, che spesso hanno pagamenti
a 60 o 90 giorni, non possono permettersi di pagare per materiale che
rimane invenduto e quindi, prima della fatturazione, i libri vengono
messi in resa (tornano cioè al distributore). Inizialmente c'erano
regole che si rispettavano, oggi non è più possibile farlo.
La “resa di massa” da parte delle
librerie potrebbe anche spingere ( e questo, da un mio personale
punto di vista, potrebbe essere una buona cosa) le case editrici e
puntare su meno prodotti curandoli meglio e lasciandogli il tempo di
crescere e vendere. Ovviamente riduzione di titoli non significa
aumento della qualità (e qui rimando al post che ho intenzione di
scrivere a breve su libri come “50 sfumature di grigio” e via
discorrendo) ma da qualche parte bisognerà pur iniziare.
Io, mentre ci siamo, comincerei anche a
cercarmi un altro lavoro perché, come avrete capito, non sono
particolarmente ottimista.
lucido e spietato come sempre... la sensazione del collasso vicino e della necessità di uno sguardo differente la viviamo noi dal basso, noi che vendiamo davvero al pubblico, noi che ancora maneggiamo i libri non solo come oggetti fisici, ma che li "leggiamo"... vediamo un po' che succede, e ricordiamoci che degli Harmony sado maso, vedi le sfumature, si può anche fare a meno e che scegliere di proporre dell'altro ci mette in gioco terribilmente
RispondiEliminaun abbraccio
nico delle trame
Grazie per aver confermato alcune mie tragiche sensazioni. Grazie.
RispondiEliminaA te il lunedì mattina fa seriamente male all'umore ;D! Hai bisogno di qualche giorno di ferie e di un po' di sano ottimismo!
RispondiEliminaE' difficile, lo so. Dillo a me che lavoro in biblioteca e di gara d'appalto in gara d'appalto il ribasso d'asta ci imporrà prima o poi di comprare i libri (e di rinunciare allo stipendio, che tanto le biblioteche non servono a nessuno!)...
Faccio un po' di dietrologia: la televisione degli ultimi trent'anni ha annientato i neuroni di chi ha vissuto a pane e tv. Quel pubblico aveva bisogno di "letteratura" facile, usa e getta, che non impegnasse troppo quei pochi neuroni occupati dalla pubblicità. Oggi la grande sfida è rianimare (modello ER "librai e bibliotecari" d'urgenza!) quei neuroni...
Mi sa che anche a me fa male il lunedì mattina ;D!
Dopo aver letto questo tuo interessantissimo articolo, quello che mi chiedo è se la libreria continuerà ad essere quella realtà che è stata fino a ora? Voglio dire date tutte le tecniche di mercato e dato che i libri rimangano pochissimo tempo sugli scaffali, è sicuro che la gente continuerà ad affidarsi alle librerie "fisiche"? Sempre più, per vari motivi, in molti preferiscono comprare i propri libri sui portali on line dove è più facile reperire libri e tagliare i tempi d'attesa per quei prodotti che non si trovano sugli scaffali. Credo, pertanto, che questa situazione punirà solo le librerie e il pubblico che ama passare il tempo girando fra i libri alla ricerca del "questo fa per me".
RispondiEliminaFrancesco le tue sono belle domande. Purtroppo questa crisi ha messo in evidenza grosse falle nel sistema libro, a tutti i livelli, dalla scelta di cosa pubblicare alla quantità di titoli immessi sul mercato sino alla distribuzione e alla vendita. è un cane che si morde la coda. Per come siamo ora o si ripensa l'intero mercato o soccombiamo. Tutti. editori/editrici, distributori, librerie, librai/e e lettori/lettrici. Però ci sono anche alcune cose di cui vorrei discutere che riguardano prettamente chi fa acquisti: la scarsa capacità critica nello scegliere i libri, l'incapacità di distinguere fra fattori positivi e fattori negativi, la scelta dello sconto ad ogni costo anche davanti alla scelta fra un buon libro non scontato e un pessimo libro scontato o a basso prezzo, o fra un buon servizio o un cattivo servizio ma più conveniente, ecc... ne parlerò nelle prossime settimane...
EliminaSono curioso di leggere quello che avrai da dire in merito perché dopo aver visto la settimana scorsa che al primo posto dei libri più venduti c'è il libro di ricette "scritto" dalla clerici e da vespa, pure io mi domando cosa ha in testa "l'italiano medio" quando entra in libreria.
EliminaL'italiano medio quando entra il libreria ha in testa: la critica appena letta (sui "critici" ci sarebbe molto da dire), il "consiglio" di qualche rubrica tele/audio oppure il suggerimento di un amico. Difficile che entri con l'idea "vediamo cosa trovo di inconsueto e straordinario". Si è perso il piacere della scoperta, il gusto della ricerca. Comprare un libro è diventato l'ennesimo atto di fede verso i media.
RispondiEliminaDada
A mio avviso si potrebbe anche far convergere riduzione di quantità e aumento di qualità... sarebbe un beneficio per tutti.
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