Sull'onda delle polemiche del "io leggo pochi libri scritti da donne non vedo perchè nasconderlo" nasce su twitter
l'hashtag #lemiescrittrici15
Così io ne voglio consigliare alcune anche se la lista delle autrici che ho amato e che continuo ad amare è lunghissima. Aggingo che queste distinzioni, uomo donna, gay etero, bianco nero, non fanno bene a nessuno. La letteratura è universale e non ha genere, un buon libro è un buon libro. Punto.
Per rimanere sul 2015 (la lista non è assolutamente esaustiva o completa):
Harper Lee, Va', metti una sentinella, 269 p. € 18
Va' metti una sentinella è ambientato a metà degli anni Cinquanta. Scout
(Jean Louise Finch) torna a Maycomb da New York per andare a trovare
Atticus. Cercando di comprendere l'atteggiamento del padre nei confronti
della società e i suoi stessi sentimenti verso il posto dove è nata e
dove ha passato l'infanzia, Scout è costretta ad affrontare difficili
questioni personali e politiche.
Claire Vaye Watkins, Deserto americano, 334 p. € 18
Una terribile siccità si è abbattuta sulla
costa occidentale degli Stati Uniti e ha trasformato la California in un
unico grande deserto. I fiumi, il verde, i mammiferi, la vegetazione
tropicale e subtropicale, il fogliame lussureggiante, gli agrumi...
tutto sembra svanito, svaporato pian piano come l'acqua degli ultimi
bacini sorvegliati dalla Guardia nazionale. Luz e Ray vivono immersi
nella luce, sotto il sole implacabile di un canyon, nella casa
appartenuta un tempo a un'attrice: un cubo di vetro e ardesia con gli
scorpioni che escono dai tombini, un paio di rane mummificate nella
fontana asciutta, la carcassa incartapecorita di un coyote nella forra.
Luz è un ex modella venticinquenne, vezzeggiata e poi messa da parte dal
mondo della moda. È stata a Parigi, Milano, Londra, ma non ricorda
niente di quei viaggi fatti quand'era un'adolescente strappata
all'affetto dei suoi. Ray è tornato dalla guerra magro come un chiodo.
Anziché raggiungere casa, ha rubato una tavola da surf e si è lasciato
alle spalle crisi, carestie e guerre. Volava sulle onde dell'oceano
quando Las Vegas è stata sepolta da una duna gigantesca rovente come un
mare di lava. Un giorno, i due tirano fuori una vecchia vettura
dell'attrice e scendono dal canyon in una Los Angeles riarsa. Durante la
danza della pioggia, un libero raduno di sballati e punk che urlano e
saltano nei canali di Venice Beach, Luz si imbatte in ima misteriosa
bambina dai capelli biondi e ne rimane ammaliata.

Alice Munro, Amica della mia giovinezza, 310 p € 20
Amica della mia giovinezza, la settima
raccolta di Alice Munro, usciva in Canada
nell’ottobre del 1990 e consegnava a lettori
ormai affezionati un decalogo di storie
ancora una volta impareggiabili. Il libro
si qualifica oggi come cardine di una
produzione senza cedimenti, perno di un
discorso e di un percorso sul Canada e la
vita, sugli amori e sul mondo inesauribile
delle relazioni.
Le storie di questa raccolta tornano ai
consueti ritratti stratiformi e intensi di
donne e uomini che Alice Munro ci ha
proposto altrove, ma lo fanno con un tasso
di salinità piú elevato, un registro narrativo
di sfrontata consapevolezza. Circola
aria di Vancouver, e di una Vancouver
anni Settanta, in alcuni di questi racconti,
un senso di piovosa sensualità mescolato
all’asprezza di donne in bilico su presunte
vite nuove.
In Five Points lo squarcio sul passato di
un amante innesca la possibilità dell’odio
dentro un amore recente, passionale.
In un altro caso, Parrucca, l’incontro con
un’amica persa di vista da trent’anni rinnova
ricordi di vecchissimi ardori destinati
a un unico marcantonio senza scrupoli.
Nel narrato di Munro il tempo può
scorrere lento come lo sgocciolio di una
gelatina d’uva in una torrida sera d’estate
(avviene nel notturno racconto Meneseteung),
e rapido come il semplice salto di
un rigo sulla pagina, nel cui spazio bianco
volano decine d’anni e di ripensamenti.
E se la strada che scelgono di imboccare
i personaggi di queste storie punta spesso in direzione dell’indipendenza, di
un’autonomia del corpo e della mente da
legami e catene familiari, vi resta inscritta
comunque la fatica di ogni metro percorso.
La vita cambia, è vero, il futuro sorprenderà
ciascuno diverso da com’era, ma
niente potrà cancellare gli imbarazzi attraversati,
l’improvviso disgusto per un
privato desiderio che si specchia nella volgarità
di un gesto o di un pensiero, le meschine
soddisfazioni della vita coniugale.
È in questo esserci sempre tutto il bagaglio
della vita, in ogni battuta di dialogo,
in ogni sofisticata opzione sintattica,
che si costruisce ogni volta il peso specifico
aureo della scrittura di Alice Munro.

Ghinelli Lorenza, Almeno il cane è un tipo apposto, 266 p €15
Massimo non è uno sfigato: ce lo hanno fatto
diventare. La colpa al novanta percento è di Vito. È lui ad avergli
affibbiato il nomignolo di Minimo, e se ti danno quel soprannome negli
spogliatoi della piscina, è difficile che gli altri pensino che il tuo è
un problema di altezza o di torace stretto. Vito però ha un segreto, un
segreto fatto di lividi e serate trascorse trincerato in camera sua, e
Massimo, suo malgrado, sta per scoprirlo. Poi c'è Celeste, divisa tra
l'essere se stessa o trasformarsi in come mamma e papà la vorrebbero;
Stefania, che desidera soltanto dimagrire; Margò, Che vive la sua estate
da gigante prima di tornare hobbit a settembre. Intorno a loro,
un'intera galassia di amici, parenti e adulti alle prese con una
tempesta di incontri e scontri che nel corso di una manciata di giorni
li cambierà per sempre.
Giacobino Margherita, Ritratto di famiglia con bambina grassa, 257 p, € 17,50
C'è Maria, la madre amatissima, astro nel
cielo dell'infanzia, e il padre Gilin, l'uomo di vento; c'è Michin, la
caustica e brillante prozia zitella, mai conosciuta ma vicina come una
gemella d'anima; e poi Polonia, la zia ostetrica dolce e gaudente... Ma
soprattutto c'è magna Ninin, la zia con cui Margherita è cresciuta,
brusca e brontolona, sempre presente e insostituibile, "l'origine e
l'archetipo. Ninin l'instancabile, Mulier Fabricans". Sì, perché
Margherita Giacobino, classe 1952, è cresciuta in una famiglia di donne,
e sente più che mai vive le proprie radici silenziose e forti. Il
sangue che le scorre nelle vene è denso di storia e di storie che solo
la scrittura può salvare: "Si dice che offrire cibo ai morti serva a
placarli, perché non tornino a disturbare i vivi. Ma a me piacerebbe che
tornassero, non sarebbe affatto un disturbo; e scrivendo ho cercato di
persuaderli a venirmi a trovare". Nel ripercorrere le ramificazioni
della propria famiglia, attraversa oltre un secolo di storia italiana:
dalle campagne del Canavese alla fine dell'Ottocento alla Germania in
cui il padre viene fatto prigioniero durante la Seconda guerra, dal boom
economico fino a oggi. Giacobino attinge al pozzo del dialetto,
suggello dell'appartenenza a un mondo, lingua madre: la sola capace di
evocare e tenere vivo in noi "un tempo prima del ricordo", di far
emergere "minuscoli frammenti fossili nella materia opaca del passato". E
con questi frammenti di memoria costruisce un romanzo sull'identità e
sull'amore.

Ho visto l'hastag in questione da parte di @Casalettori, non ho partecipato ma avrei potuto: leggo più autori uomini, vero, ma leggo anche donne. Nel 2015 posso citare:
RispondiElimina"L'accarezzatrice" di Giorgia Wurth e "Il peso" di Liz Moore partecipando a un GdL; due ebook autopubblicati di amiche del web; un ebook autopubblicato letto di mia iniziativa perché l'ho ritenuto interessante "Visioni private" di Sabrina Folcia; "La madre" di Grazia Deledda e "Il diario di Bridget Jones" di Helen Fielding; e poi anche i primi tre albi di "Aeon", fumetto di Angela Vianello.
Mi intrigano assai Deserto americano e Almeno il cane è un tipo a posto. Con la Munro si sceglie sempre bene, anche se questo libro qui non l’ho ancora letto.
RispondiEliminaLe autrici viventi da nobel mancato sono Kitty Fitzgerald e Amélie Nothomb. Ultimo nobel realmente interessante, Doris Lessing, 11 anni fa... (altro che munro)
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