Rileggo Pier Vitorio
Tondelli per un incontro che terrò a Castiglione delle Stiviere ad
aprile e rimango colpito dalla sua scrittura immediata e fresca,
l’avevo domenticato, l’ho letto tanto tempo fa, mi rinnamoro
immediatamente di Tondelli, delle sue pagine, della sua umanità
disgraziata. E riscopro gli anni a cavallo fra la fine degli anni
settanta e i novanta, rivedo tutto quello che abbiamo dimenticato
degli anni ottanta, la difficoltà di dirsi, le discriminazioni
violente, la droga, la periferia lenta e noiosa, Bologna, città
viva, attiva, i movimenti, la politica e mi sembra tutto così
lontano, così disperatamente lontano. Sto male nel rileggere
Tondelli, sto male per le aspettative tradite e andate, per le vite
perdute, per i sogni rimasti a metà. E mi rendo conto che ho
cominciato a scrivere anche grazie a lui, grazie alla sua
letteratura. Un intellettuale lontano dall’immagine classica, un
giornalista curioso e intelligente, capace di una scrittura ironica,
violenta, diretta, anche volgare, immediata, che si forma nella tua
mente come un film.
Rileggo Tondelli e
gli sono grato per avermi strappato da quel senso di solitudine che
aleggiava nelle mie giornate adolescenti, lo rileggo con la
consapevolezza di cosa abbia significato vivere gli anni ottanta,
l’eroina, le droghe, il sesso, le lotte, l’AIDS. Finisco ogni
pagina con un senso di tristezza crescente, mi chiedo se sarò mai in
grado di disegnare personaggi come quelli di Tondelli, se sarò mai
in grado di descrivere la vita come faceva lui. Improvvisamente il
mio cuore si fa pesante. Ancora una pagina. Ancora una pagina.
Sono sicura di sì,non finire mai di cercare dentro te stesso...hai una miniera infinita da esplorare e tirare fuori con LE PAROLE
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