venerdì 31 agosto 2012

L'amore fatale

Che Ian McEwan sia un autore in grado di affrontare temi difficili e, in qualche caso, anche di giocare con tabù millenari, non c'è dubbio. Grande conoscitore dell'animo umano e sottile indagatore della psicologia del singolo, McEwan ha fatto dell'ossessione uno dei suoi cavalli di battaglia. Ed è l'ossessione il filo che lega la storia contenuta in L'amore fatale (Einaudi). Durante un picnic un gruppo di persone si trovano coinvolte in uno strano e imprevisto incidente. Un pallone aerostatico, con sopra un bambino, a causa del forte vento, rischia di alzarsi in volo. Il proprietario, parente del bambino, è fuori dal pallone e cerca, con tutte le sue forze, di tenerlo a terra. Cinque uomini accorrono in aiuto aggrappandosi a loro volta al pallone ma il vento è troppo forte e tutti, tranne uno, lasciano la presa. Il pallone si alza e anche l'ultimo uomo, rimasto appeso a una fune, non riesce a rimanere aggrappato, cade e muore.
Inizia così il romanzo che ci porterà a conoscere, in particolare, tre personaggi: Joe Rose giornalista scientifico, la sua compagna Clarissa e il giovane Jed Parry.
Parry si dimostra, sin dall'inizio, il personaggio problematico della storia, affascinato prima, ossessionato poi da Joe, dominato dalla propria dipendenza dalla religione, comincia a seguire e a importunare Joe. Il giornalista scientifico si ritrova così a vivere una situazione estrema con quell'uomo che lo aspetta per ore sotto casa, che gli parla di “segnali” che capisce e vede solo lui, di destino, di Dio, che gli lascia decine di messaggi in segreteria, che lo segue e gli declama il suo amore. Forse è solo un innocuo folle o forse è una persona pericolosa. O forse Jed non esiste, frutto della mente confusa e inquinata di Joe, proprio come pensa la sua compagna Clarissa che non vede mai Jed Parry e che è preoccupata dalla crescente ossessive verso questa persone del suo Joe. Nessuno crede a Joe, neppure le forze dell'ordine, e il giornalista scientifico si ritrova solo a combattere contro un maniaco. O forse solo contro le sue ossessioni. McEwan però fa di più regalandoci una storia dentro la storia. Non solo Joe, Jed e Clarissa ma anche la vedova dell'uomo morto cercando di salvare il bambino. Un uomo che non doveva essere in quel luogo quel giorno e che, pare, fosse in compagnia di un'altra persona...
Alla fine, però, niente è mai davvero come sembra.
L'amore fatale è un libro che gioca con le nostre paure, quella della perdita della ragione o della libertà (attraverso il dominio e il controllo da parte di terzi), del tradimento. Ma forse, più di ogni altra cosa, McEwan vuol mettere in evidenza come sia facile mettere in crisi una persona e insinuare dei dubbi in coloro che ci stanno accanto. 

Ian McEwan
L'amore fatale
Einaudi 
Traduzione di Susanna Basso
284 p., 11 euro

giovedì 30 agosto 2012

I sette peccati capitali del cliente: Accidia

Cliente che non vuole scendere le scale, che si lamenta di dover andare a un altro piano per prendere un libro, che mi chiede se posso andare io al primo piano a prendergli un libro perché gli fanno male i piedi, che si siede sui divanetti e rimpiange il giorno in cui è nato, che inveisce contro la persona che lo ha portato in libreria dicendo che se sapeva che lo portava in quel posto se ne stava a casa, che dice: “Mi piacerebbe leggere ma non ho mai tempo!” (scommetto che per la televisione il tempo lo trova) oppure “Non ho trovato niente che mi interessi!” Certo che per non trovare nessun libro interessante in una libreria uno si deve impegnare davvero!

mercoledì 29 agosto 2012

Ho visto cose...

“Io ne ho viste cose che voi non librai non potreste immaginarvi,
best seller in fiamme al largo dei bastioni di Orione,
e ho visto catene di librerie sprofondare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser.
Librai impanicati affogare le proprie frustrazioni in fiumi di tererito vicino a Venere, autori presenziare a presentazioni deserte in deserti culturali pieni di disinteressati acquirenti di sabbia, storie e storielle di autori emergenti perdersi nella luce di uno schermo televisivo, Busi andare all'isola dei famosi e ad Amici di Maria de Filippi, direttori di librerie cominciare a parlare in aramaico dopo una possessione del demone “Vendita mancata” e direttori commerciali cercare di esorcizzarli sbattendo loro in testa uno dei libri di Padre Amorth (un nome una garanzia). Clienti in fila al settore scolastico esplodere come nane bianche e ragazze sciogliersi come neve al sole davanti al cartellone di Twilight con Pattinson
E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo
come lacrime nella pioggia.
È tempo di aprire un agriturismo!”

martedì 28 agosto 2012

L'autunno del libro

Credo che la domanda che molti operatori e molte operatrici del settore “libro” si pongono in questa calda fine estate sia cosa aspettarsi dall'autunno (pare sarà altrettanto caldo ma su altri fronti).
L'estate si è aperta con prospettive poco favorevoli, a giugno la fotografia delle librerie, dei distributori e dei gruppi editoriali mostrava un grosso segno “meno”.
Quello che è accaduto in questi ultimi mesi è presto detto.
Dopo l'abbuffata di “altovendenti” arrivati in libreria grazie ad accordi commerciali non sempre azzeccatissimi, con scarsissimi risultati di vendita, si è passati alla fase di “alleggerimento” che, detta in parole povere, significa rendere un sacco di libri. Si è passati quindi da una fase di “ingrossamento” della libreria a una fase di “snellimento veloce” per molti motivi, in particolare per avere un monte merci (con rispettivo pagamento) il più basso possibile.
L'enorme quantità ( e parlo solo di quantità, non di qualità) di prodotti che hanno invaso le librerie negli ultimi anni ha portato a una saturazione del mercato. I vari filoni che, per un certo periodo, hanno permesso ad alcune case editrici di ingrassarsi, sono letteralmente esplosi. A un certo punto, a parte pochissimi casi (ripeto “pochissimi casi”), non è più bastato comprare la vetrina o chiedere al libraio di turno di costruire grattacieli con il presunto best seller. Le vendite sono calate drasticamente, lo scontrino medio è sceso sia per numero di libri che per prezzo del singolo libro, i lettori forti sono diventati un po' meno forti e sono emigrati sulle piattaforme on line. Persino il mercato di libri scolastici ha risentito della profonda crisi economica e culturale che ci ha investiti. Oggi il trand è quello di acquistare libri scolastici usati (che fanno risparmiare oltre il 40% sul prezzo di copertina), di comprare libri nuovi solo se non se ne può fare a meno e solo nei posti che garantiscono lo sconto oppure direttamente on line. Non mancano i casi di “scambio” libri fra gli studenti (metodo, fra le altre cose, da non sottovalutare). Non tornerò sul discorso delle case editrici e dei prodotti che hanno sfornato. Posso solo rilevare (e ovviamente non parlo per tutte le case editrici) una scarsa attenzione ai titoli “difficili”, una completa assenza di interesse nel fare ricerca, il puntare, ancora una volta, su titoli, copertine e storie accattivanti che stimolino pruriti erotici o che incuriosiscano con thriller o gialli di un certo tipo (sino a quando il mercato non saturerà anche questo filone). È stata, ancora una volta, l'estate del “passa parola”, un passa parola fatto di pubblicità estreme, vetrine comprate, sconti e prezzi accattivanti, fascette demenziali. Prendo atto che molti lettori leggono quello che i “consigli per gli acquisti” dicono loro di leggere e lo fanno, e secondo me è la cosa più grave, in modo del tutto acritico. Il gossip è entrato in libreria così come ci sono entrati calciatori, star della tv, attori o attrici e molto altro.
C'è posto per tutti, si dirà. Ma, in realtà, il posto, quello sugli scaffali, è sempre meno.
Dopo le rese selvagge si è finalmente cominciato a capire che, forse, è il caso di far arrivare in libreria meno titoli “del momento” e, magari, ricreare l'idea che una libreria sopravvive se ha un buon catalogo. Il che non significa necessariamente avere tutti i libri di ogni casa editrice, al contrario, magari è possibile avere meno titoli ma che siano titoli forti.
Lo “snellimento” non ha riguardato solo i libri ma anche il personale, quindi è facile che entrando in una libreria di catena vi troviate a dover cercare il libro da soli visto che il “commesso” (e uso questa parola a proposito visto che ormai la nostra professionalità di librai vale sempre meno) di turno ha sempre più cose da fare, deve gestire situazioni al limite del ridicolo, si scontra con una burocrazia cieca e sorda e, forse (dico forse) ha persino perso l'amore per il suo lavoro. Sull'altro fronte le case editrici non hanno ancora capito come vanno le cose. Molte si stupiscono dell'enorme quantità di libri che tornano in resa e del poco tempo che si dedica a un libro, inconsapevoli che questa situazione, in realtà, hanno contribuito a crearla anche loro. Se pubblichi duecento titoli la settimana e me li fai arrivare in quantità da cinque a cinquanta copie, come pretendi che possa dedicare spazio a tutti? È logico che, in queste condizioni, se un libro non parte nel giro di trenta giorni il mese dopo finisce in magazzino e quello dopo ancora, in resa.
Purtroppo, pare, molte case editrici non ne vogliono sapere di pubblicare meno.
Alla domanda: come si esce da questa situazione? Io rispondo con una ricettina che a me sembra semplice ma che, a quanto pare, non lo è.
Intanto puntare sul servizio e non solo a parole come si fa oggi. È logico che se mi si chiede di puntare sul servizio e poi si taglia il personale, lo si demotiva, non si dà l'opportunità ai singoli librai e alle singole libraie di “provare piacere”in quello che si fa, attraverso corsi di formazione, incentivi alla lettura, visite a mostre, interscambi culturali con altre librerie (anche a livello europeo), crescita personale e molto altro, sarà difficile poter dare un buon servizio.
Se devo conoscere i libri, essere preparato sulle nuove uscite, seguire le notizie e gli avvenimenti, essere culturalmente pronto sui vari fronti (cinema, musica, teatro, ecc...) e poi, però, non mi si danno gli strumenti per farlo o non si incentiva il singolo (se, cioè, mi devo comprare i libri, i giornali, i biglietti alle fiere del libro, ecc...) difficilmente, in tempi in cui non si arriva a fine mese (e io ci lascio interi stipendi in libreria), si potrà parlare di crescita. Avere più personale non è possibile? Benissimo. Allora rinunciamo ai megastore, cerchiamo di capire che “grande” non significa necessariamente più guadagni. Magari puntiamo su librerie di dimensioni ridotte, che mantengano, comunque, una discreta centralità delle piazze importanti.
Un esempio pratico.
A Bologna, a pochi metri le une dalle altre, ci sono: Ibs.it Bookshop, Feltrinelli, Feltrinelli international, Coop Ambasciatori, Mondadori. Librerie di grosse dimensioni in cui è facile entrare e uscire senza aver acquistato nemmeno un libro.
Quindi, rivedere le politiche legate sia al rapporto con il territorio sia a quello con i propri dipendenti, cercare realtà meno imponenti ma anche meno costose, puntare sulla centralità del libro, sul catalogo e non sul best seller di passaggio, smetterla di essere succubi delle grandi case editrici (ma questo punto è impossibile visto che molte case editrici sono poi anche distributrici e detengono anche le librerie), puntare sulla qualità del sevizio, sulla preparazione dei librai e delle libraie, sulla professionalità e la gentilezza. Specializzarsi. In un mercato di “tuttologi” per sopravvivere bisogna avere una forte identità. Per quanto riguarda le case editrici si dovrebbe, a mio parere, pubblicare meno, puntare di più sui singoli autori e le singole autrici, permettere ai prodotti di rimanere in libreria almeno sei mesi, avere ben chiara la differenza fra qualità e marketing, non uccidere la bibliodiversità permettendo anche a case editrici minori e meno potenti, ma con buoni prodotti, di avere lo stesso spazio dedicato alle grandi case editrici. Ridurre le pile di “altovendenti”, rivedere gli accordi commerciali per spingere le case editrici a fare scelte più ponderate.
Potrebbe essere una via, o magari no, questo è solo il mio personalissimo punto di vista.
Dobbiamo però aprire gli occhi e renderci conto di una cosa: in questo paese si legge sempre di meno. Prendiamone atto e cerchiamo di trovare il modo per invertire questo tristissimo dato.

lunedì 27 agosto 2012

L'alfabeto del libraio: H

Habituè
Cliente che viene ogni giorno il libreria. Indossa camicia e pantaloni, tiene costantemente le mani dietro la schiena, passa, con aria disinteressata, fra gli scaffali, ogni tanto si ferma prende un libro e fa finta di guardarlo ma, in realtà, guarda le altre persone. Poi esce dalla libreria, entra nel negozio a fianco e fa la stessa cosa. Probabilmente per tutto il giorno.

Hamburger
Rimane lì, appoggiato sopra il libro di fotografia, con vistosi morsi in bella vista e la salsina che cola sulla copertina del libro. Mi guarda, crudele, ricordandomi due cose. La prima è che, essendo vegetariano, detesto anche solo l'odore della carne. La seconda è che non sopporto la gente maleducata che abbandona cibarie sui libri.

Hard
“Scusa hai un settore di libri hard?”
“Abbiamo il settore di letteratura erotica al piano terra.”
“No, no cercavo proprio libri hard.”
Qualcuno ha scritto sull'insegna Sexy Shop?

H-filosofi
“Scusa sto cercando un filosofo ma non mi ricordo il nome, so che aveva una H nel nome...”
“...”
“Sì però non ricordo se era all'inizio o all'interno del nome.”
Chiarissimo direi.

Horror
Zombi, vampiri, licantropi, assassini, serial killer... no non è un incubo. Siete in libreria.

Humour
“Ah ma lei ha scritto quel libro sulle librerie... mi piace molto il suo stile carico di humour.”
In realtà volevo scrivere un libro intelligente, ci ho provato ma proprio non ci sono riuscito. Sono depresso. Molto.

sabato 25 agosto 2012

Richieste


Una signora mi porge una lista di libri che il figlio deve leggere per l'estate:
“Buongiorno mi dia quello con meno pagine e che costa di meno, grazie.”
Della serie la cultura dei nostri figli è importante...

venerdì 24 agosto 2012

I sette peccati capitali del cliente: Ira

Cliente particolarmente frustrato che entra in libreria (ma sono certo che fa la stessa cosa in qualsiasi altro negozio) carico di rabbia e cerca un pretesto qualsiasi per infamare il libraio o la libraia di turno. Solitamente inizia il proprio rabbioso monologo chiamandoti “commesso” e finisce dandoti dell'idiota o dell'incompetente. Nel periodo scolastico i clienti irosi si moltiplicano. Arrivano in libreria dopo aver prenotato un libro scolastico il 14 di agosto, con i magazzini chiusi, e ti aggrediscono dicendo che “il suo collega” (senza mai riuscire a identificare quale collega esattamente) “mi ha garantito che il libro sarebbe arrivato al massimo in tre giorni” e quando gli fai notare che è un libro per le vacanze che ha ordinato a magazzini chiusi che riapriranno a fine mese e che nessun collega sarebbe così sciocco da garantire l'arrivo di un libro che non riceveremo prima di fine agosto il/la cliente iroso/a va su tutte le furie sbraitando che ha lasciato un acconto e che il libro serve a suo/a figlio/a per i compiti estivi. Eviti, naturalmente, di dire al cliente che se il libro era così importante per il proprio/la propria figlio/a poteva ordinarlo anche un po' prima e cerchi di calmare il/la cliente che invece si carica sempre di più e ti aspetti che da un momento all'altro tiri fuori un mitra o vada a casa della tua famiglia e torni con la testa di qualche tuo parente dentro una borsa termica (o rapisca il tuo gatto minacciandoti di venderlo a un laboratorio che fa vivisezione se il libro non arriva entro due giorni).

giovedì 23 agosto 2012

Elogio

“Scusi ha qualche libro che insegni a scrivere elogi funebri?”
Ammazza che allegria! Aspetta che mi tocco. Anzi no, ho visto uno carino in sala... vado a toccare lui...

mercoledì 22 agosto 2012

Chiamatemi Rossella


Cliente: “Posso farti un complimento? Tu assomigli a Luca Barbarossa da ragazzo!”
Ma che ce stà a provà, ahò!
Consiglio per i miei spasimanti: se volete farmi un complimento ditemi che assomiglio a Vivien Leigh in Via col vento!
Libraio queer-esigente.

martedì 21 agosto 2012

Chiamami con il tuo nome

Una casa immersa nella calura estiva, una ricca famiglia ebrea, padre e madre intellettuali, Elio, il figlio diciassettenne, gli amici del paese della riviera ligure, la piccola viola, la vicina di casa malata di leucemia, Marzia l'amica/amante che non sarà mai la ragazza di Elio. Come ogni anno, d'estate, arriva l'ospite straniero. Un ragazzo che alloggia presso la bellissima villa per terminare la tesi di post dottorato o un libro. La tradizione vuole che ogni anno la famiglia scelga uno studente che alloggerà per l'estate in casa loro. È una scusa per tenere viva la discussione, per conoscere realtà diverse in quella casa che non è mai vuota e nella quale arrivano persone di ogni genere. Elio è un ragazzo intelligente e amante della musica, come molti altri ragazzi della sua età trascorre le giornate fra la spiaggia e il paese ma c'è qualcosa che brucia sotto la sua pelle, una consapevolezza che tarda ad affiorare sino a quando non arriva Oliver lo studente di New York che conquista tutti con i suoi modi e la sua bellezza.
È l'inizio del gioco fra i due protagonisti, che scoprono le carte, una alla volta, nel tentativo di comprendere la mano dell'altro. “Gli piacerò?”, “Mi sto illudendo?” sono queste alcune delle domande che tormentano il giovane Elio mentre cerca di capire se stesso, mentre si accorge che ogni giorno che passa quel ragazzo venuto dall'America gli piace sempre di più. Fraintende gli sguardi, un tocco, i momenti e, quando inevitabilmente fra i due scoppia la tensione, si rende conto che dall'altra parte c'è un ragazzo che si sta facendo le stesse domande, che ha le stesse paure, che cerca, a sua volta, di comprendere. È il momento più bello del libro, l'autore riesce in modo perfetto a restituire la confusione adolescenziale del suo protagonista, la paura, il desiderio, le scoperte. La tensione si trasforma in fisicità, nella scoperta l'uno dell'altro, i due si fanno promesse, si chiamano con i propri nomi come a dire “sarai sempre dentro di me”. Sembra una bella favola questa di André Aciman ma l'autore non vuole nulla di irrisolto. Ho sperato che il libro finisse con Olivier che si allontana sul taxi e Elio che lo guarda andare via ascoltando i propri battiti del cuore. Un finale perfetto per gli animi romantici. Invece l'autore sceglie di mostrare la vita in tutta la sua interezza. Come se dopo quel “E vissero per sempre felici e contenti” delle migliori favole ci venisse raccontata la quotidianità delle varie Biancaneve e Cenerentola. I personaggi di questo libro si perdono, si ritrovano, si perdono ancora e si ritrovano. Nel frattempo passano vent'anni, la vita fa il suo corso, loro fanno scelte diverse ma non si liberano mai completamente l'uno dell'altro. Forse, se fossero stati insieme le cose sarebbero andate diversamente. La quotidianità li avrebbe investiti con la monotonia e la pesantezza. Invece, così, senza poter vivere l'uno accanto all'altro il ricordo e il desiderio permettono a entrambi di rivivere la loro breve e intensa storia. E quando si ritrovano, nello stesso luogo in cui si erano conosciuti, è come se tutto quel tempo non fosse mai passato.

André Aciman
Chiamami con il tuo nome
271 p. 12 €
Guanda edizioni
Traduzione di Valeria Bastia

lunedì 20 agosto 2012

L'alfabeto del libraio: G

G.A.Y
Particolare denominazione che accomuna migliaia di persone in tutto il mondo e che ha avuto fra i/le propri/e fila scrittori e scrittrici di incredibile valore. Con il tempo la denominazione è diventata di origine controllata per autenticarne la veridicità ed è stata, lentamente, allargata a persone di ogni estrazione sociale, culturale, religiosa e politica. Si dice che in origine esistessero due totem. Uno detto della libertà gaia (o Il grande Gaio) e l'altro detto della repressione infinita (o Il grande Giovanardi). Per evitare roghi, persecuzioni di ogni tipo, campi di concentramento, di internamento, cliniche psichiatriche, torture, prigioni, impiccagioni, confino e lapidazioni (oltre a molte altre simpatiche usanze tramandate nei secoli con l'appoggio delle diverse religioni) i G.A.Y si sono dovuti/e nascondere per millenni ma lo sbrilluccichio delle proprie anime, a un certo punto della storia, ha cominciato ad essere sempre più visibile sino a quando il 27 giugno 1969 lo sbrilluccichio, la rabbia, la passione, è esplosa nei Moti di Stonewall dopo l'ennesima violenta irruzione della polizia nel bar gay in Chrystopher Street che si chiamava proprio Stonewall Inn. La leggenda narra che Sylvia Rivera, transgender che divenne un'icona de movimento GLBT, dopo l'ennesima provocazione da parte di un agente reagì scagliandogli contro una bottiglia (o una scarpa a seconda delle interpretazioni). Da quel momento le cose sono lentamente e con fatica cambiate. Oggi noi G.A.Y siamo apparentemente più liberi anche se le impiccagioni e le lapidazioni, in molte parti del mondo, continuano e non solo nella parte di mondo considerata non totalmente “libera”. Potrei citare, per esempio, il caso di Matthew Shepard giovane gay statunitense torturato nel Wyoming. Matthew morì cinque giorni dopo a causa delle torture. La sua famiglia si è battuta per ottenere una legge contro l'omofobia che porta il nome di Shepard e ha chiesto che ai due assassini del figlio venisse risparmiata la vita. Al funerale e al processo, in risposta alla civiltà di questa famiglia, molti predicatori ed estremisti si sono presentati con cartelli che dicevano: “Dio odia i froci”, “Matt Shepard marcisce all'inferno”, “L'AIDS uccide i finocchi morti”. Il pastore Battista Fred Phelps arrivò persino a chiedere di poter costruire un monumento di marmo e granito sul quale doveva essere apposta una targa che diceva più o meno così: “MATTHEW SHEPARD, entrato all'inferno il 12 ottobre 1998, in spregio all'avviso di Dio: "Non avrai con maschio relazioni come si hanno con donna: è abominio." Levitico 18:22”.
Anche se molte persone GLBT credono di aver raggiunto pari diritti e dignità la situazione dei G.A.Y rimane tristemente insoluta. Anzi negli ultimi anni sembra quasi ci sia stata un'involuzione che ha riportato in auge stregoni che si spacciano per psicologi e che si definiscono adepti della psicologia “riparativa” (ovvero come tornare etero in cinque facili lezioni). Ogni giorno assistiamo a una carrellata di politici ignoranti e carichi di odio e pregiudizi e alle prediche dell'imperatore bizantino che ogni tanto si affaccia dalla sacra finestra. Visto che per questo libraio G.A.Y la memoria storica della mia gente è importante e fondamentale per non tornare indietro, il termine G.A.Y entra a tutti gli effetti nel mio particolarissimo alfabeto.

Giacomo (Leopardi)
“Ciao sto cercando un libro di Giacomo ma non mi ricordo il titolo.”
“Giacomo?”
“Ma sì dai, Leopardi!”
Ma che è un tuo amico?

Giacomo (Leopardi) 2 (Il ritorno)
“Scusa hai le Perette morali?”
Occlusione intestinale? Sindrome da intestino intellettuale? Hai provato in farmacia?

Giorni
Sempre sull'attenti, sempre disponibili, sempre pronti a impilare altovendenti, a mettere in vetrina il best seller di turno, a chiederci perché mai non abbiamo ancora aperto quell'agriturismo che tanto aneliamo.
Però siam sempre lì. Persino in quei Giorni.
Noi librai in quei giorni quando dobbiamo fare la ruota o stare a cavalcioni tutto il giorno sulla moto... ma per fortuna che c'è Un regalo da Tiffany pocket. Un regalo da Tiffany pocket io lo porto sempre con me perché è il primo libro ripiegato in bustina che ti da protezione, morbidezza e sicurezza.... Un regalo da Tiffany pocket.... sicuro e vai...


Giovane Holden

Partiamo dal titolo che in originale è The Catcher in the Rye, titolo evocativo che si rifà a una poesia (che se non sbaglio è diventata poi una canzone) attribuita al poeta e compositore scozzese (1759-1796) Robert Burns e che il nostro “giovane Holden”, a un certo punto della storia, per rispondere alla sorella Phoebe che gli chiede cosa voglia fare da grande, cita a memoria, sempre se non erro, storpiando la seconda strofa. Gioco probabilmente intraducibile in italiano e, tutto sommato, il titolo appioppato nel bel paese è decisamente meno pretestuoso dell'originale. Avrete già capito, e so che molti/e di voi non saranno d'accordo, che ho odiato il giovane Holden. Questo libro viene citato, spesso, come il libro che ha cambiato la letteratura del novecento. E in parte sono d'accordo. Infatti da quando si è attribuita una così grande importanza a un libretto del genere le cose hanno cominciato ad andare sempre peggio (sono cattivo lo so). Nella mia mente questo libro appare come l'origine della costruzione dei successi editoriali. La fama di scrittore solitario, schivo, che viveva come un recluso senza avere contatti umani con il prossimo che Salinger è riuscito a costruire attorno alla sua figura ha ispirato leggende letterarie di ogni genere. Trovo molto più interessante il modo di vivere di Salinger che la sua opera più importante. Si disse sin dall'inizio che era un romanzo di formazione e da quel momento il termine “ romanzo di formazione” è stato usato migliaia di volte, spesso a sproposito rovinando intere generazioni di aspiranti scrittori. Il giovane Holden non fa nulla di speciale, è un ragazzo arrabbiato anche se l'origine della sua rabbia non è ben chiara. Forse è un ribelle in fasce che non ha il coraggio di andare oltre, forse è solo un adolescente viziato o forse è il risultato di una società ipocrita e borghese. E forse Salinger, a un certo punto della propria esistenza, ha fatto propria quella rabbia e ha cominciato ad odiare quel libro e quel personaggio che aveva creato. O forse voleva solo stare in pace per i fatti suoi. Fatto sta che a me Il giovane Holden ha procurato un eritema letterario con relativa incazzatura.



lunedì 13 agosto 2012

Agosto libreria mia non ti conosco


Ho un'altra settimana di ferie che cercherò di dedicare alla stesura finale del mio terzo libro. Ci rileggiamo a partire dal 20 agosto.
Buone letture
Marino

sabato 11 agosto 2012

Un tranquillo week end di paura.


Io e la collega Pazienza finita da soli al settore scolastico, una trentina di persone in attesa. La collega Bebè a bordo da sola in cassa con almeno sei persone in attesa di pagare i libri. Nessuno al settore Saggi e nessuno al settore DVD. La collega Bebè a bordo non può allontanarsi dalle casse per servire i clienti ( che nell'ottica del nuovo posizionamento dei testi dovrebbero trovare i libri sa soli).
Si avvicina una signora furiosa.
“Ho bisogno di diversi libri in saggistica.”
“Purtroppo sono bloccato in scolastica signora.”
“Ma non c'è nessun altro?”
“Altre due colleghe entrambe occupate.”
“E quindi io che faccio?”
“Se mi da un po' di tempo cerco di venire da lei.”
“Cerca di venire? Forse non mi sono spiegata, io ho bisogno ADESSO!”
Un attimo che accendo la macchina clonatrice signora, faccio un paio di librai su misura e li metto a sua disposizione!
Sapete come iniziano le frasi quando ci lamentiamo? “Nell'ottica della riduzione dei costi...”
Libraio=costi? Nessun problema. Eliminiamo pure la forza lavoro tanto i clienti i libri li trovano da soli!
Certo, certo ma...

venerdì 10 agosto 2012

Sette peccati capitali del cliente: Gola


Esistono due tipi di clienti che peccano di “Gola”.
C'è il cliente “goloso” di cultura, che entra in libreria e passa in rassegna un libro dopo l'altro, riempiendosi, in modo bulimico, le mani di titoli diversi fra loro (per la gioia del libraio ovviamente) sussurrando sottovoce: “Questo forse ce l'ho già... No anche questo, lo voglio comprare, subito! Mi servirebbe anche quello, però. Forse riesco a comprare anche quel libro che ho visto al piano terra....”
Questo cliente, seppure in via d'estinzione, rappresenta il miglior amico del libraio: sceglie i libri da solo e spende un sacco di soldi. Una volta all'inferno, nel girone dei golosi, questi clienti godranno di un comodo lettino con lampada annessa mentre Cerbero porterà loro dissetanti bibite ghiacciate. Questo grazie a una convenzione, che il qui presente libraio ha stipulato con Satana (promettendogli le anime dei clienti di scolastica) dal nome: “Porta un libro con te all'inferno. Magari ci trovi pure lo scrittore”. Questo mese legge stralci dei suoi libri James E.L. E se non è una tortura questa....
L'altra categoria di clienti golosi, invece, riguarda quelli che vengono in libreria con cibarie di ogni genere, toccano i libri con mani appiccicose e unticce, mangiano il gelato mentre sfogliano il libro sporcandolo, si siedono sui divanetti a mangiare cibi provenienti dal McDonald's costringendo poi il libraio a spruzzare deodoranti di vario genere.
Per questi clienti è previsto un biglietto di sola andata per l'inferno, viaggio (in piedi) con voli Ryanair e colonna sonora degli One Direction.

giovedì 9 agosto 2012

Spionaggio con riflessione finale


Arrivo al lavoro con largo anticipo e decido di andare a far visita, in incognito, a colleghi e colleghe di altre librerie per fare un po' di spionaggio librario, per guardare le disposizioni dei libri, le promozioni, quanto personale è presente in libreria, ecc...
Assisto subito a una deliziosa scenetta, una cliente si rivolge a una libraia:
“Scusi potrebbe consigliarmi un buon libro di narrativa?”
Domanda generica sulla quale si può lavorare moltissimo: che genere le piace? Qual è l'ultimo libro che ha letto? Ci sono autori o autrici che preferisce? Vuole un classico o un contemporaneo? E via dicendo. Invece la collega parte in quarta e torna con il primo libro della già citata trilogia 50 sfumature di...
La cliente la guarda perplessa:
“Me lo consiglia? Ho letto commenti decisamente poco positivi su questo libro. Lei lo ha letto?”
È il più venduto del momento.”
Le risponde la collega e abbandona la cliente per andare a servire altri clienti ( poi l'ho vista che trasportava scatole di libri e, subito dopo, mentre sistemava libri a scaffale e schizzava fra la cassa e la sala).
La cliente l'ha guardata e, senza aggiungere niente, ha appoggiato il libro su una piletta di altri libri ed è uscita dalla libreria.
Avevo un'amica che lavorava in questa stessa libreria. Il contratto le scadeva di mese in mese, l'avvisavano del rinnovo o del mancato rinnovo il giorno prima della scadenza.
Il fatto è, per farla breve e dire le cose come andrebbero dette, che da qualsiasi parte io guardi l'attuale situazione, da libraio o da cliente, continuo a pensare ci sia qualcosa di profondamente sbagliato.

mercoledì 8 agosto 2012

Il regalo


Si avvicina una signora:
“Mi scusi devo fare un regalo al nipote di una mia cara amica, è un ragazzino di nove anni, può consigliarmi qualcosa?”
“Voleva un libro illustrato o un romanzo signora?”
“Mi faccia vedere qualcosa così decido.”
L'accompagno al settore ragazzi.
“Qui ci sono i libri di narrativa. Possiamo avere dei classici, anche illustrati...”
“No, no per carità i classici no che è un ragazzino a cui non piace leggere.”
E gli vuole regalare un libro?????
“Signora se non gli piace leggere direi di abbandonare l'idea del romanzo e di concentrarci su un illustrato.”
“Ma non ha un romanzo che possa andar bene a qualcuno a cui non piace leggere?”
“....”
“Nel senso.... ha capito vero?”
“Lei sa se gli potrebbe piacere il genere avventuroso o fantasy?”
“Ma non so sta sempre attaccato al computer. Almeno così mi dice sua nonna.”
“Che ne dice di un genere avventuroso?”
Le faccio vedere qualche titolo, lei li sfoglia e poi mi guarda.
“Ma non ne ha uno con le immagini?”
“Certo.”
E gli faccio vedere i libri per ragazzi illustrati.
“Mmmmm no, non ci siamo.”
“Legge i fumetti?”
“No non legge niente.”
“Un bel libro sugli animali?”
“Macché, macché...”
“Qualcosa sulle scoperte scientifiche?”
“Ma no, non ci siamo proprio!”
“Un libro tratto dai videogiochi? Visto che sta sempre al computer...”
“No mi faccia vedere qualcos altro.”
“Signora le ho fatto vedere tutto quello che avevo.”
“Insomma a me serve un bel libro, che faccia venir voglia di leggere e che costi poco!”
Ma dove avrò messo la lampada del genio? Non c'è mai quando ho bisogno di lui!

martedì 7 agosto 2012

Sangue dannato


Devo parlare di un libro e lo devo fare subito prima che i pensieri che affollano la mia mente si sovrappongano e si confondano. Come sapete amo un certo tipo di letteratura, a volte mi maledico per i libri che scelgo, spesso vado ad intuito, non ho nulla contro la letteratura d'intrattenimento ma io amo quella che riesce a darmi emozioni forti.
La fascetta sul libro che ho scelto, per una volta, ha l'onestà intellettuale di non urlare al capolavoro, di non paragonare l'autore a nessun altro grande della letteratura, di non parlare di caso letterario. È una fascetta rossa con una scritta in bianco che dice così: “Sopravvivere all'AIDS. Tra romanzo e saggio, una dura e commovente testimonianza sull'omosessualità e sulla malattia che ha sconvolto le relazioni negli ultimi trent'anni”.
Il libro in questione è di Alexandre Bergamini, il titolo è Sangue dannato edito da Barbes ( traduzione di Sylvia Zanotto, 256 p. 14 euro). È difficile parlare di questo libro, lo è soprattutto se si è vissuto, attraverso la violenza mediatica degli anni ottanta prima e dell'oblio mass mediale dagli anni novanta in poi, la tragedia e l'esasperazione del percorso della malattia chiamata AIDS.
Bergamini traccia, attraverso una narrazione in bilico fra narrativa e saggistica, i punti salienti della sua crescita: un padre paranoico, silenzioso, chiuso, una madre che ha tentato per due volte il suicidio, un fratello maggiore che muore suicida, il suo peregrinare in giro per il mondo, la sua passione per l'Africa e, su tutto, il suo rapporto con il sesso che diviene, senza essere descritto nei minimi dettagli, ossessione, bulimia e, infine, malattia. L'autore, dopo aver dichiarato la propria omosessualità in famiglia, viene cacciato dal padre. Inizia una vita al limite, fatta di incontri, di fughe, di povertà. È giovane negli anni in cui l'HIV si affaccia sul mondo con tutta la sua carica esplosiva. Sono anni di grande confusione e falsità, i mass media e la chiesa spingono per una colpevolizzazione di omosessuali, prostitute e tossicodipendenti. Oggi sembrano anni dimenticati, come tutte le cose negative sono stati in qualche modo rimossi dall'immaginario collettivo. Eppure la campagna diffamatoria che la chiesa e una certa politica portarono avanti in quegli anni dovrebbe diventare materia di studio. L'Hiv non era percepito come un virus potenzialmente pericoloso per tutti ma solo per alcune categorie considerate “dannate”, quelle che, secondo i dogmi ecclesiastici, andavano contro natura. Una peste divina che colpiva solo i reietti della società colpevoli, secondo la chiesa, di cercare di sovvertire “l'ordine naturale” delle cose. La storia ci ha insegnato che l'ignoranza di queste posizioni ha contribuito a far si che le persone eterosessuali si sentissero al sicuro da questa malattia e continuassero a contagiarsi. Le persone omosessuali erano trattate come appestate, untori della malattia divina e l'odio e l'ignoranza di certe posizioni gettavano benzina sul fuoco. L'autore fa interessanti collegamenti con il periodo nazista ( per sottolineare le similitudini con certi comportamenti razzisti e violenti) e non solo. Mette in evidenza lo scandalo delle trasfusioni di sangue. Anche quando si scoprì il virus si preferì tacere e vendere il sangue a paesi come la Cina. E, ancora, accenna agli interessi farmaceutici nei confronti di questa malattia. Le persone sieropositive venivano escluse dalla società, la confusione e la paura avevano la meglio sulla ragione. Le ricerche scientifiche hanno fatto passi da gigante, oggi le persone sieropositive conducono vite (quasi) normali grazie anche ai farmaci. Allora, negli anni ottanta, si moriva come mosche. Bergamini attraversa questi anni di paura da spettatore e consapevole protagonista, vede i suoi amici morire, è impegnato nella creazione di un'associazione per la prevenzione dell'HIV eppure è incapace di proteggere se stesso.
Si apre, all'interno del libro e della mia vita (non da ora ma ogni volta che leggo libri del genere si acuisce in me il senso di isolamento su alcuni temi), una profonda riflessione sul mondo maschile e sulla sessualità. Non esistono grosse differenze fra i maschi omosessuali e i maschi eterosessuali, gli stereotipi che ci vogliono più dolci, ecc... sono, appunto, inutili stereotipi. A me basterebbe che fossimo più consapevoli ma non è così.
La verità è che siamo, forse, solo meno ipocriti e che molti di noi hanno una concezione più “aperta” del sesso. Dico aperta (fra virgolette) e non libera perché la libertà è ben altra cosa. Quel che mi sono abituato a vedere nel corso degli anni è una dipendenza del maschio dal sesso. Dipendenza che riguarda sia omosessuali che eterosessuali. Parlo del mondo gay perché è quello che conosco meglio. Passo spesso per un freddo bacchettone, come se a me il sesso non piacesse. In realtà, se posso essere sincero, un certo modo di fare sesso mi provoca una profonda tristezza. Non provo piacere negli incontri di qualche ora, non mi sono mai interessati gli amplessi del sabato sera. Mi piace tutto quello che c'è prima. Il gioco, gli sguardi, l'approccio, la fantasia, l'attesa del bacio. Chiudermi in una stanza buia e calarmi i pantaloni in attesa di un volto che non vedrò non mi interessa. Non ne voglio fare una questione di morale, è una questione di punti di vista. La sessualità non è una linea retta, come affermava Kinsey, ognuno la vive come meglio crede. Ciò che manca è la consapevolezza. Oggi ancor più di ieri. Una volta mia nipote mi ha detto che una sua amica pensava che bastasse prendere la pillola per difendersi dalle malattie sessualmente trasmissibili. Viviamo in una società estremamente contraddittoria, sessuofoba, omofoba e misogina in cui, però, l'ossessione per il sesso e per il corpo (inteso come oggetto da vedere, mostrare, usare) impera su tutto. Ognuno può scaricare pornografia di ogni genere con una facilità esasperante, il sesso ci viene sbattuto in faccia in ogni luogo, dalla televisione, alla letteratura. Eppure non esiste la consapevolezza del sesso. Non esiste l'educazione sessuale, l'ignoranza, in questo mondo di sesso, è estrema. Dopo la paura e la cattiva informazione degli anni ottanta l'HIV ha smesso, da un punto di vista mediatico, di esistere. Oggi è una malattia di cui non si ha consapevolezza nonostante il numero dei nuovi infettati, ogni giorno, sia allarmante. È passata l'idea che l'HIV è come un raffreddore, tanto ci sono le medicine che ti permettono di portare avanti una vita quasi normale. Ma l'HIV c'è e ha un costo sia a livello umano che economico. Basterebbe continuare a fare prevenzione, basterebbe ricominciare a parlare di sessualità, di rispetto, di educazione.
In questo senso il libro di Bergamini, pur essendo un libro difficile (un libro che mi ricorda a tratti l'esasperazione di Genet) è un libro importante, una finestra sul passato e sul presente che ci ricorda un periodo storico che oggi viene rivalutato mediaticamente puntando tutto sulla spettacolarizzazione della musica e della moda di allora.
Aggiungo, infine, la polemica libraria. Il libro di Bergamini è un libro scomodo, un libro che non troverete impilato nei banchi centrali delle librerie, anzi, forse faticherete anche a trovarlo in libreria. È questo il vero dramma delle librerie di questi ultimi anni. Facile trovare libri che si dimenticano in poche ore. Difficile trovare libri che hanno ancora una ragione d'esistere.

lunedì 6 agosto 2012

L'alfabeto del libraio: F


Fahrenheit 451
Fantascienza? Guardatevi un po' attorno....

Faletti
“Mia cognata c'ha due roberti!”
“È qui che c'è le donne nude?”
“Se non ci dici niente a tuo fratello, ti regalo un bel giumbotto!”
“Mi viene uno s-ciopone!”
“ Vaccelo a chiedere a Toto il guercio chi è Vito Catozzo.
Ti dirà: Vito Catozzo chi?
Ma con rispetto, mondo cano!”
“Adalpina taca la musica!”
“Minchia Signor tenente.”

Fancazzismo
Particolare stato d'animo che ti prende fra le 19.40 e le 20.00 quando, dopo un'intera giornata di lavoro passata al banco a servire clienti di scolastica, cominci a vedere la luce e il tunnel che ti condurrà fuori dalla libreria si accorcia. Guardi i libri in piletta da sistemare a scaffale e pensi: “Sì, va bene, magari ci penso domani!”

Filosofia
Quando ho iniziato a lavorare in libreria ero completamente ignorante in materia, poi, piano, piano, grazie anche ad ottimi manuali, ho cominciato a sistemare il settore prima in ordine di periodo e corrente e poi, per semplificare le cose ai clienti, in ordine di autore e autrice. Oggi è un settore che amo particolarmente ma con le nuove leggi del “Non vende, non si tiene” devo litigare per tenere i Quaderni di Simone Weil (giusto per fare un esempio).
“I Quaderni della Weil vendono?”
“Abbiamo venduto il primo e il terzo.”
“Allora gli altri rendili.”
“...”
“Che c'è?”
“Come faccio a tenere il primo e il terzo e non il secondo e il quarto?”
Sbuffando
“Sempre a puntualizzare tu, eh?”

Fisica
“Scusa ha dei libri di Fisica?”
“Guardi è il settore vicino a scienze.”
“Uhm... ha qualcosa... tipo... su come far bene gli addominali...”

Forster Edward
Un autore che amo. Uno dei primi libri della mia adolescenza è stato Maurice conservo ancora la copia che lessi allora. Odora ancora di buon libro.




sabato 4 agosto 2012

Informazioni che non ti aspetti


Due ragazze, spalleggiandosi l'una con l'altra, si avvicinano alla postazione.
“Scusa posso farti una domanda?”
“Certo.”
“Come mai nelle indicazioni sui settori non c'è quella dei test d'ingresso all'università?”
Mi metto in posizione, mano destra sul fianco, braccio sinistro disteso lungo il fianco, boccuccia a culo di gallina, volto tirato e testa leggermente inclinata verso sinistra:
“Così potete chiedere al simpatico libraio.” Pausa, sguardo perplesso delle ragazze, gran finale del libraio prima di voltarsi nuovamente verso la sua postazione:
“Peccato che oggi sia assente!”

venerdì 3 agosto 2012

I sette peccati capitali del cliente: Invidia


Particolare tipo di cliente, spesso aspirante scrittore, che passa in rassegna tutte le novità e poi dice a se stesso ( o a chi ha la sventurata idea di stargli accanto):
Vedi? Avevo mandato anche io il mio romanzo a questa casa editrice e non lo hanno pubblicato! Eh troppo intelligente per loro, meglio pubblicare questa robaccia. Invece il mio libro no, troppo fine, qua pubblicano solo volgarità. E guarda che copertine! E che titoli! Mi sa che per far pubblicare il mio libro, una rivisitazione storica della presa della Bastiglia in cui non sono gli umani a fare la rivoluzione ma dei pulcini alieni che, alla fine, scoprono il mistero dei Templari nascosto in un quadro di Leonardo da Vinci (che non era umano nemmeno lui era un pulcino travestito), dovrò andare all'estero che qui in Italia pubblicano solo i raccomandati...”

giovedì 2 agosto 2012

Il Fu.


Succede a: La collega Femminista.
“Scusa mi dai Il Fu?”
“Come scusa?”
“Il Fu.”
“...”
“L'autore è Mattia Pascal.”
Certo vuoi anche La coscienza? Dell'autore Zeno? Oppure I Mala e i Voglia?

mercoledì 1 agosto 2012

La libreria verrà distrutta all'alba


Mi allontano lentamente dalla porta scorrevole, fortunatamente la serranda è ancora abbassata, attraverso i piccoli fori posso vedere gli sguardi assassini di quelli che, con tutta probabilità, sono i primi infettati. Li chiamano Clienti. Si ammassano contro la serranda spingendo e cercando di entrare. Litigano fra loro con voci ancora impastate dal sonno, dicono cose senza senso del tipo: “Chi è l'ultimo?” oppure: “Ci sono prima io!” e si guardano in cagnesco pronti a sbranarsi al primo cenno di risposta. Portano con se valigie cariche di libri usati che poi useranno come armi contro coloro che stanno dall'altra parte della barricata, siamo un drappello di uomini e donne, ormai, asserragliati da giorni in questa libreria che assomiglia sempre di più a un campo di battaglia. Libri ovunque, pilette tutte storte, e polvere. Tanta, tantissima polvere. Computer fumanti accesi 24 su 24, telefoni che squillano in continuazione, sono altri “Clienti” che vogliono sapere se abbiamo uno, anzi no due, anzi no l'intera lista di libri per la scuola al telefono.
Ma noi non diamo questo genere di informazioni al telefono perché il telefono lo ha infettato il magazziniere con il suo maledetto sudore, il magazziniere lo abbiamo perso, abbiamo dovuto abbatterlo a forza di fargli inscatolare libri per la resa. Erano così tanti che alla fine gli sono cadute entrambe le braccia. Anche la collega Sergente Istruttrice sembra aver contratto questo strano virus, assomiglia a quello della rabbia, provoca effetti strani su chi lo ha preso: un continuo appetito, un desiderio costante di caffè, tic nervosi sotto l'occhio destro, tremori e contrazioni muscolari, schiuma alla bocca, occhio da “triglia” dopo la centesima lista di libri scolastici o dopo la milionesima domanda su come fare per venire a vendere i libri di scuola.
Torpore alle mani, rottura della mascella.
La Sergente Istruttrice urla contro distributori immaginari rei, a suo dire, di non aver consegnato libri scolastici ordinati settimane fa. Chiede vendetta. Ormai è perduta, dovremmo abbattere anche lei.
Sento qualcuno che sta aprendo le porte. È la Collega Bebè a Bordo. Il virus ha preso anche lei, sta facendo entrare i clienti.
Questo è il mio ultimo messaggio.
È finita.
Mettetevi in salvo voi che potete.