L'incontro, fortuito, fra due donne in
ascensore. Una delle due è Annemarie Schwarzenbach che coglie
l'occasione per imbastire un racconto sul desiderio femminile, la
passione fra due donne, il suo desiderio di abbandonare ogni
compromesso imposto dalla società, i lasciar scorrere la passione
nelle proprie vene interrompendo l'obbligo dei cerimoniali,
abbandonando ogni freno inibitorio, andando contro le regole. Il
libro, curato dal nipote dell'autrice ed edito dal Saggiatore ( Ogni
cosa è da lei illuminata, collana le silerchie), mi dà l'occasione
di parlare di una donna che ho amato profondamente più per il suo
coraggio e per la sua vita che come scrittrice. Al contrario ho
apprezzato di più il suo essere “osservatrice della società”
attraverso la fotografia.
Ho conosciuto questa autrice grazie
alla bellissima biografia scritta da Areti Georgiadou, La vita in
pezzi (Luciana Tufani Editrice), nella quale viene descritta come una
donna coraggiosa, che andò contro le convenzione di un'epoca
difficile, che non si arrese al conformismo, che ebbe il coraggio di
amare.
Annemarie nacque nel 1908 da una
famiglia facoltosa, la madre aveva una doppia vita, severa e
apprensiva, attenta a non infrangere i canoni sociali dell'epoca
viveva i suoi amori con altre donne continuando, allo stesso tempo,
quello con il marito. Il suo rapporto con Annemarie fu estremamente
particolare, era la sua prediletta ma non sopportava la libertà
della figlia.
A ventidue anni entrò a
far parte del gruppo che ruotava intorno ad Erika e Klaus Mann.
Questo ambiente libertino e bohémien, geniale e pieno di spirito,
che in futuro avrebbe avuto un ruolo importante nella lotta contro
Hitler, fu sentito dalla giovane Annemarie come un affascinante mondo
alternativo alla famiglia. Cominciò una fitta corrispondenza fra lei
ed Erika Mann della quale Annemarie di era innamorata, ma ben presto
Erika cominciò a tenere le distanze dall'amica. Il rapporto con i
Mann è un rapporto a senso unico, nel senso che si rivolgono alla
giovane Annemarie per ottenere favori e soldi ma entrambi non credono
nelle sue potenzialità, durante questo periodo, poi, Annemarie
conosce la dipendenza dalla droga. I suoi scritti non suscitano
interesse negli amici e neppure nella società e i suoi tentativi di
mettere in piedi una pièce teatrali naufragano senza speranze. I
rapporti fra i Mann e Annemarie, deboli sia su un piano collaborativo
che personale, vennero ulteriormente provati dallo scandalo del
“Macinapepe” (il cabaret di Erika Mann, che in un suo spettacolo
aveva attaccato un zio di Annemarie) scoppiato a Zurigo nel 1934.
Alla base di queste tensioni vi era il rapporto fra Erika Mann e i
genitori di Annemarie, in particolare la madre.
I coniugi Schwarzenbach, infatti, furono fra i primi simpatizzanti del partito nazista e il fratello di Renée, Wille, fu accusato nel 1934 dal socialdemocratico Schneider di avere contatti con gli esponenti del partito nazista. Erika sosteneva che fosse stata proprio la madre di Annemarie a premere per l’attacco contro i suoi spettacoli considerati di propaganda comunista. Durante questi avvenimenti Annemarie si trovava in Persia come assistente archeologa presso il sito di Rhages.
Quando tornò in Svizzera a metà del 1934 si schierò con forza dalla parte degli amici del “Macinapepe” partecipando a manifestazioni contro i frontisti, difendendo pubblicamente il teatro di Erika e interrogando a fondo sulla questione la propria famiglia. Donna tormentata e anima fragile cercò di togliersi la vita, il tentativo fallì e lei decise di sposarsi con il diplomatico francese Claude Achille Clarac. Entrambi sapevano che si trattava di un matrimonio di facciata, utile per tranquillizzare l'opinione pubblica sulle preferenze sessuali di Annemarie. Durante un viaggio in Persia scrive Morte in Persia che diventerà poi La valle felice, ha un'intensa storia d'amore con la figlia di un diplomatico turco e, successivamente, con Barbara Hamilton-Wrigte, una vecchia fidanzata di Claude con la quale Annemarie intraprese una relazione amorosa durata tre anni. Viaggiò moltissimo e non riuscì mai a liberarsi definitivamente della sua dipendenza dalla droga, si recò più volte negli Stati Uniti dove iniziò, come corrispondente, la sua lotta ad Hitler. Con i Mann si impegnò nell’ “Emergency Rescue Committee” per salvare gli oppositori di Hitler e partecipò ai lavori preliminari per la fondazione della rivista di Klaus «Decision». Fra il 1836 e il 1838, in viaggio negli stati più poveri dell'America, Annemarie realizza un reportage fotografico di intensa bellezza. A New York le venne diagnosticata la schizofrenia, venne internata al famigerato Bellevue Hospital, qui le venne riservato un trattamento inumano. Riuscì a fuggire trovando riparo presso l’amica Carson McCullers ma venne ritrovata dal medico e dalla polizia e riportata in manicomio. Successivamente, grazie all’intervento del fratello Alfred che abitava in America, fu trasferita al White Plains, ospedale privato con regole meno rigide. Nel 1941 fu dimessa a patto che lasciasse l’America. Al ritorno in Svizzera si rese conto di quanto fossero peggiorati i rapporti fra lei e la sua famiglia: dopo la morte del marito, Reneé Schwarzenbach si era chiusa in una sorta di freddo dolore così, quella che era stata una madre protettiva e apprensiva, ora si era trasformata in una presenza lontana e assente. Annemarie venne quindi “pregata” dalla sua stessa famiglia di lasciare in breve tempo la Svizzera; maturò così nella giovane scrittrice l’idea, nata a Lisbona, di partire per l’Africa. Nel 1942, dopo una rovinosa caduta dalla bicicletta, Annemarie riportò danni irreparabili, la madre la fece portare a Sils e la tenne lontana dai suoi affetti proibendo a chiunque di avvicinarsi. Morì il 15 novembre 1942 a Sils in quella solitudine che l’aveva accompagnata per tutta la vita e che aveva alimentato la sua disperazione e il suo male di vivere.
I coniugi Schwarzenbach, infatti, furono fra i primi simpatizzanti del partito nazista e il fratello di Renée, Wille, fu accusato nel 1934 dal socialdemocratico Schneider di avere contatti con gli esponenti del partito nazista. Erika sosteneva che fosse stata proprio la madre di Annemarie a premere per l’attacco contro i suoi spettacoli considerati di propaganda comunista. Durante questi avvenimenti Annemarie si trovava in Persia come assistente archeologa presso il sito di Rhages.
Quando tornò in Svizzera a metà del 1934 si schierò con forza dalla parte degli amici del “Macinapepe” partecipando a manifestazioni contro i frontisti, difendendo pubblicamente il teatro di Erika e interrogando a fondo sulla questione la propria famiglia. Donna tormentata e anima fragile cercò di togliersi la vita, il tentativo fallì e lei decise di sposarsi con il diplomatico francese Claude Achille Clarac. Entrambi sapevano che si trattava di un matrimonio di facciata, utile per tranquillizzare l'opinione pubblica sulle preferenze sessuali di Annemarie. Durante un viaggio in Persia scrive Morte in Persia che diventerà poi La valle felice, ha un'intensa storia d'amore con la figlia di un diplomatico turco e, successivamente, con Barbara Hamilton-Wrigte, una vecchia fidanzata di Claude con la quale Annemarie intraprese una relazione amorosa durata tre anni. Viaggiò moltissimo e non riuscì mai a liberarsi definitivamente della sua dipendenza dalla droga, si recò più volte negli Stati Uniti dove iniziò, come corrispondente, la sua lotta ad Hitler. Con i Mann si impegnò nell’ “Emergency Rescue Committee” per salvare gli oppositori di Hitler e partecipò ai lavori preliminari per la fondazione della rivista di Klaus «Decision». Fra il 1836 e il 1838, in viaggio negli stati più poveri dell'America, Annemarie realizza un reportage fotografico di intensa bellezza. A New York le venne diagnosticata la schizofrenia, venne internata al famigerato Bellevue Hospital, qui le venne riservato un trattamento inumano. Riuscì a fuggire trovando riparo presso l’amica Carson McCullers ma venne ritrovata dal medico e dalla polizia e riportata in manicomio. Successivamente, grazie all’intervento del fratello Alfred che abitava in America, fu trasferita al White Plains, ospedale privato con regole meno rigide. Nel 1941 fu dimessa a patto che lasciasse l’America. Al ritorno in Svizzera si rese conto di quanto fossero peggiorati i rapporti fra lei e la sua famiglia: dopo la morte del marito, Reneé Schwarzenbach si era chiusa in una sorta di freddo dolore così, quella che era stata una madre protettiva e apprensiva, ora si era trasformata in una presenza lontana e assente. Annemarie venne quindi “pregata” dalla sua stessa famiglia di lasciare in breve tempo la Svizzera; maturò così nella giovane scrittrice l’idea, nata a Lisbona, di partire per l’Africa. Nel 1942, dopo una rovinosa caduta dalla bicicletta, Annemarie riportò danni irreparabili, la madre la fece portare a Sils e la tenne lontana dai suoi affetti proibendo a chiunque di avvicinarsi. Morì il 15 novembre 1942 a Sils in quella solitudine che l’aveva accompagnata per tutta la vita e che aveva alimentato la sua disperazione e il suo male di vivere.
Annemarie
Schwarzenbach
Ogni cosa è
da lei illuminata
Traduzione
Tina D'Agostini
50 p. 10 euro
Il Saggiatore
Annemarie Schwarzenbach
La valle felice
Traduzione Tina D'Agostini
180 p. 12,91
Luciana Tufani Editrice
Areti
Georgiadou
La vita in
pezzi
Traduzione Tina D'Agostini
Traduzione Tina D'Agostini
14 euro, 237
p.
Luciana
Tufani editrice
Dominique
Laure Miermont
Una terribile
verità
Traduzione
Tina D'Agostini
350 p 25 euro
Il Saggiatore
Annemarie
Schwarzenbach
Dalla parte
dell'ombra
Traduzione
Tina D'Agostini
414 p, 10,00
euro
Il Saggiatore
Annemarie
Schwarzenbach
La gabbia dei
falconi
curatrice
M.G. Mazzucco
235 p, 8,80
euro
Rizzoli
Annemarie
Schwarzenbach
La via per
Kabul
Traduzione
Tina D'Agostini
157 p 8,50
euro
Il Saggiatore
Annemarie
Schwarzenbach
Sibylle
Traduzione Idra D.
105 p 12 euro
Casagrande edizioni
Annemarie
Schwarzenbach
Oltre New York. Reportage
e fotografie 1936-1938
Traduzione
Tina D'Agostini
186 p. 15 euro
Il Saggiatore
Molto somigliante a Cate Blanchett
RispondiEliminaManca tutto il pezzo relativo all'esperienza in Africa.
RispondiEliminaPochi inoltre si premurano di specificare che dopo la caduta in bicicletta fu ricoverata in una clinica svizzera dove fu curata in modo assolutamente retrivo peggiorandone le condizioni e riducendola a un vegetale, la madre la fece allora portare a Sils e la tenne lontana da tutti proibendo a chiunque di avvicinarsi, finchè i medici indicarono alla madre come unica cura possibile l'eutanasia (?). Eutanasia che la madre autorizzò (esiste la lettera originale). Subito dopo la morte la madre e la nonna materna si premurarono di distruggere il più possibile gli scritti recuperabili della defunta in modo da tacitarne la vita "scandalosa", condannandola a un'oblio che è durato fino al 1987 (quasi mezzo secolo) quando del tutto casualmente fu riscoperta da un ricercatore...
Credo andrebbe approfondito maggiormente l'accanimento familiare operato su questa ragazza.