Ebbene sì, non l'ho detto sino ad ora
ma da qualche mese la catena di librerie per cui lavoro ha cambiato
nome e ragione sociale e sono cambiate diverse cose (anche se i
problemi sono rimasti gli stessi direi). Come al solito vi dico
queste cose per una ragione, spiego, altrimenti non capite. Prima
avevamo degli indirizzi e mail personalizzati quindi ognuno di noi
riceveva e mail mirate. Ora invece ci sono indirizzi di posta
elettronica generali suddivisi per ruoli. Io e la collega Bebè a
bordo ci occupiamo di rispondere alle mail dell'indirizzo principale
(quello che si trova sul sito e a cui la gente scrive per avere
informazioni), a questo indirizzo arrivano anche moltissimi
curriculum che poi noi “giriamo” alla direttrice (senza leggerli,
leggiamo solo il testo della mail).
Ed è proprio dei curriculum che vorrei
parlare suddividendo, se ci riesco, il discorso in due parti.
La prima, quella che vorrei trattare
qui, è quella relativa al “bisogno” di lavoro. L'altra invece
riguarda le “aspettative” che hanno le persone che vorrebbero
venire a lavorare in libreria.
Il mondo del lavoro è cambiato
rispetto al periodo in cui erano giovani i nostri genitori, per loro
(i miei ormai hanno settant'anni) la priorità era avere un lavoro
fisso. Credo che non si rendano nemmeno conto, nonostante tutto
quello che vedono in TV, del cambiamento epocale del mondo del
lavoro. Sento mia madre dire a mia nipote di cercarsi (fa ragioneria)
dopo la scuola un lavoro fisso in banca. Quando provo a dirle che il
lavoro fisso è un'utopia e che le banche hanno ridotto, in questi
anni, il proprio personale, mi guarda come se volessi distruggere i
suoi sogni (i suoi e non quelli di mia nipote che vuol fare la
tatuatrice). Io, sin da ragazzino (ho iniziato a lavorare a 14 anni),
sono stato abituato alla “precarietà” anche se la mia è sempre
stata una precarietà senza interruzioni, nel senso che quando finivo
un lavoro (magari stagionale al mare) ne iniziavo subito un altro.
Negli ultimi tre anni della mia carriera da cuoco ero entrato fisso
fra il personale di un ristorante. Chiusa l'esperienza culinaria ho
lavorato, con un contratto Co.Co.Pro, per un anno presso il comune di
Ferrara (e forse un giorno scriverò di questo periodo perché ho
qualche sassolino nelle scarpe), successivamente, subito dopo aver
saputo che il mio contratto non sarebbe stato confermato (grazie ai
tagli del governo Berlusconi di allora ma anche a causa della scarsa
onestà intellettuale del dirigente del reparto in cui lavoravo),
sono entrato a lavorare in libreria. Ricordo che feci il colloquio lo
stesso giorno in cui lasciai il curriculum. Non mi ero ancora
laureato (fra le altre cose con un progetto legato ai siti internet
che curavo per il comune) che già avevo iniziato il mio percorso da
libraio. In tutto, dai quattordici anni ad oggi, l'unico periodo di
“disoccupazione” della mia vita sono stati sei mesi.
Oggi se mi trovassi senza lavoro le
cose andrebbero, probabilmente, in modo molto diverso. E non solo
perché ho 36 anni. Il lavoro non è più un diritto e lo sappiamo
bene, la meritocrazia, in questo paese, è cosa rara e la crisi,
culturale ed economica, ha fatto il resto.
A dire il vero io credo che si sia
lavorato anni per distruggere il tessuto sociale e lavorativo, oggi
se trovi un lavoro poi non ti puoi più lamentare, se le cose vanno
male o se ti trattano non come una persona ma come un numero devi
comunque stare zitto perché “almeno tu un lavoro ce l'hai”
oppure devi “ringraziare” che ti danno uno stipendio che la coda
fuori dalla porta è lunga.
E che la coda sia lunga lo si capisce
anche dall'enorme numero di curriculum che arrivano in libreria, in
maggioranza sono curriculum di donne, quasi tutte/i sono laureate/i o
si stanno per laureare.
Apro una piccola parentesi sul lavoro
femminile.
Il lavoro in libreria è un mestiere
prettamente femminile ma lo è solo alla base. Ai vertici, e con
vertici intendo persone che comandano, le donne sono o assenti o in
netta minoranza. Le donne, anche in questo mestiere, devono lottare
il triplo per ottenere ciò che normalmente un uomo ottiene senza
grossi problemi. Lo dico con dolore, oggi è un problema anche
decidere di avere un figlio, ci sono aziende che ti chiedono “quali”
sono le tue intenzioni per il futuro e con i contratti che si fanno
oggi (a chiamata ecc...) la maternità non è tutelata ( ma se è per
questo nemmeno la malattia, immaginate che un lavoratore o una
lavoratrice con un contratto a chiamata si ammali o abbia seri
problemi di salute, credete che un'azienda investirebbe su una
lavoratrice/lavoratore con questi problemi?) e la crisi ha colpito
soprattutto le donne.
La verità, tornando ai curriculum e
alle richieste di lavoro, è che, al momento, le porte per entrare a
lavorare nelle librerie sembrano chiuse e, anzi, si sono fatti tagli
sostanziosi anche sulle collaboratrici e i collaboratori.
È comunque rassicurante vedere che c'è
ancora tanta gente che desidera fare un lavoro che qualcuno considera
in via d'estinzione.
A me sembra un mondo sospeso, questo
delle librerie, come un poetico film di Hayao
Miyazaki.
Ma
senza la poesia però.
mmm, che tasto dolente!
RispondiEliminaLa precarietà, il lavoro femminile, la passione per il proprio lavoro: ci scrivo sopra un blog :)
E' bello sapere che altre persone la pensano come me!
Io ci scrivo sopra un blog e lo vivo in prima persona. Condivido che è un tasto dolente, ma credo che parlarne ci aiuti a diventare più consapevoli e, magari, ad agire per cambiare le cose.
EliminaUna mia amica passa le sue giornate a selezionare aziende o enti a cui inviare il proprio CV, quindi capisco. Ci sono qualifiche e settori congestionati, altri semplicemente con un turnover bloccato e a seconda dei casi potresti essere troppo o troppo poco qualificato. Io sono un neolaureato senior (da qualche mese) e dopo una breve esperienza di stage ho trovato un contratto che sembra promettente. Io ho la fortuna di avere una laurea in fisica, relativamente richiesta e senza affollamento. Certo, non farò il fisico, ma come dicevi il mondo del lavoro è cambiato, è molto più trasversale e interdisciplinare, rispetto all'ideale monolitico dei nostri genitori.
RispondiEliminaHo visto la luce!
RispondiEliminaHo compreso!
A novembre vengo a farmi autografare i libri.
Frrrremo e scalpito!!! *_*
Hai scritto: "L'altra invece riguarda le “aspettative” che hanno le persone che vorrebbero venire a lavorare in libreria." A me interesserebbe leggere un tuo articolo in cui analizzi anche questa parte. Per il resto, grazie di scrivere!
RispondiElimina:) domani c'è il pezzo sulle aspettative ma è un pezzo molto ironico :)
EliminaCiao, hai un'email a cui posso scriverti una cosa? Grazie, poi elimina pure questo messaggio :) Francesca
RispondiEliminaAracno76@libero.it
RispondiEliminasì ti prego, scrivi della tua esperienza a Ferrara, svuota la cava di ghiaia che hai nelle scarpe, te ne prego.
RispondiEliminaAspetto di leggere della tua esperienza da CoCoPro!
RispondiEliminaNe leggerò delle belle, visto che anche io lo sono stata per 6 anni ;D!
Sono curiosissima!