Ovviamente i clienti giocano un ruolo
fondamentale nella sopravvivenza non solo delle librerie ma di tutta
la filiera del libro, il cliente è il destinatario finale, colui o
colei che dà un senso ai nostri sforzi. Ci sono però alcune
considerazioni da fare anche sul “cliente”.
Come ho ripetuto più volte i clienti
considerati “forti” in questo paese sono davvero pochi e da soli
sorreggono il peso del mercato del libro. Ci sono poi i clienti da
due o tre copie l'anno, quelli del “best seller” da ombrellone,
gli studenti che acquistano libri perché obbligati, le persone che
entrano in libreria solo per fare un regalo e coloro che, e purtroppo
sono la maggioranza, non solo non hanno nessuna intenzione di mettere
piede in libreria ma non acquisteranno neppure un libro al
supermercato, in internet, all'autogrill o al mercatino dell'usato.
Le persone che non leggono nemmeno un libro all'anno sono molte di
più di coloro che invece lo fanno (alcuni di coloro che non leggono
però scrivono).
A guardare i dati di vendita e
fermandosi a un'analisi superficiale viene da dire che le scelte
editoriali relative ai libri facili o d'intrattenimento, contro i
quali non ho né pregiudizi né snobismi culturali, è bene dirlo,
siano le scelte vincenti. Capita a tutti di leggere del libro rimasto
mesi in classifica, del porno erotico riciclato che ha sbaragliato
tutti i concorrenti, del nuovo Calvino, Eco, Pirandello e via dicendo
che ha, grazie al “passaparola” venduto milioni di copie.
La vendita dei best seller incide,
rispetto ai libri di catalogo, in modo se non marginale piuttosto
basso. Una libreria senza un catalogo è una libreria destinata a
morire, sono, spesso, le singole copie del catalogo a portare
introiti. I Best seller sono eventi provvisori che arrivano portano
un po' di soldi, alcuni diventano long seller, altri, finito il ruolo
di “consumo” finiscono nel dimenticatoio ma se non avessimo i
titoli di catalogo, a volte minori per notorietà ma decisamente
superiori per qualità, non andremmo da nessuna parte. Negli ultimi
anni molte case editrici e, purtroppo, anche molte librerie, hanno
puntato sul guadagno “facile” del cliente da best seller
dimenticando che il vero lettore non entra in libreria una volta
l'anno. Non sto dicendo che i lettori “forti” non leggano libri
d'intrattenimento, al contrario, i gusti personali non sono in
discussione. Ciò che mi preme sottolineare è che troppo spesso un
certo modo di fare “editoria” considera il cliente come uno
zombie che fa tutto ciò che gli si dice di fare. Succede. Se, per
esempio, un autore va ad una trasmissione come “Che tempo che fa”
è molto probabile che poi il libro che ha scritto venderà bene.
Anche la morte, devo dire, tira le copie. Quando muore un personaggio
amato o famoso, posso fare l'esempio del Cardinal Martini, i suoi
libri vendono. Nel giro di qualche giorno raddoppiano i titoli, nuovi
o ristampati, il tutto dura il tempo di “acquistare” il libro.
Una settimana o poco più e il libro non vende più.
Il mercato lo facciamo noi. Siamo noi
che ci lasciamo influenzare dalla pubblicità, che permettiamo
all'esperto di marketing di turno di indurci ad acquistare un dato
prodotto. Spiace dirlo ma non possiamo accusare il mercato del libro
di “scarse capacità” se poi siamo i primi ad acquistare tutto
ciò che passa in televisione. La cosa peggiore è che è scomparsa
anche la capacità critica, la capacità di decidere, una volta letto
il libro, se si tratta di una ciofeca o di un buon romanzo. Se vende
è per forza buono. Non possiamo lamentarci del grande fratello e poi
continuare a guardarlo. Se sono convinto che un prodotto è scadente
non lo acquisto e, non acquistandolo, spingerò l'editore o il
produttore o chi per lui a non ripetere lo stesso errore. Se ogni
volta che in TV va in onda il Trash mi rifiutassi di guardare un
programma di questo genere ben presto mancherebbero gli sponsor e si
comincerebbe a produrre, spero, qualcosa di decente. Funziona allo
stesso modo anche con i libri. Non posso lamentarmi delle Sfumature e
poi comprare tutti e tre i libri, se dopo aver letto il primo mi sono
reso conto che è una sciocchezza perché acquistare anche gli altri
due?
Non è un predicozzo, me ne guardo
bene, ma dobbiamo avere la consapevolezza che il mercato siamo noi.
Scusate per questa lunga riflessione
durata tre giorni.
Beh, se parliamo delle CinquantaSfumature lì non parlerei di passaparola, ma di spinta mediatica fortissima e una qualità così bassa da portare al contrasto i lettori. Credo che il continuo parlarne, sia bene che male (soprattutto male) abbia fatto molto. Troppo. Davvero troppo. Io neanche voglio pronunciarlo, sul mio blog...
RispondiEliminaAd ogni modo, che dire? Io sono anche d'accordo con te, d'altronde non sono poche le librerie (soprattutto di catena, ma non solo, sfortunatamente) con un catalogo misero, con buchi enormi come offerta. L'anno scorso nella mia città non riuscivo a trovare Pastorale Americana, per dire.
E ti dirò, sono assolutamente d'accordo con 'il mercato siamo noi', come dici tu. Anzi, io credo fermamente che l'unico vero modo per comunicare con le case editrici (e con tutte le altre aziende, imprese e quant'altro) sia l'acquisto o il non acquisto dei prodotti. Non ha importanza affossare un prodotto a parole, se poi lo si acquista e consuma. Ed è quello che tanti non riescono a capire e mettere in pratica e io m'incacchio come una iena, quando leggo 'Ho comprato le CinquantaSfumature perché volevo vedere se faceva così schifo come dicevi/perché volevo farmi due risate'. Perché così fai solo capire alla Mondadori che vuoi ti venga versato addosso ulteriore sterco editoriale.
Io non guardo "Che tempo che fa" né leggo le Sfumature. Leggo anche pochissime recensioni, principalmente di blogger con gusti compatibili con i miei, ma influiscono da molto poco tempo sui miei acquisti. Un po' di più influisce il passaparola, oculatamente filtrato.
RispondiEliminaInsomma, sono fuori dalla media e compro anche poche novità.
PErò il problema è reale. Le 50 Sfumature vendono anche se uno ne parla male. Per limitarne la diffusione bisognerebbe smettere di parlarne, punto. PErché pubblicità è pubblicità e anche una recensione cattiva può insinuare una certa curiosità e, al peggio, fissare un titolo/nome/copertina nella memoria, così che un avventore può facilmente trovarlo confrontando la piramide di carta con gli scaffali riempiti da nomi a lui anonimi.
Tra parentesi, i lettori sono in crescita. Solo che crescono molto poco e sono molto, molto deboli. Magari nel 2015 le persone che leggono almeno un libro all'anno (ricordiamo che sono esclusi i libri letti per lavoro/istruzione, che sono comunque libri) supereranno il 50%, ciò non toglie che quel libro potrebbe tranquillamente essere la raccolta di barzellette di un calciatore...
PErò il problema è reale. Le 50 Sfumature vendono anche se uno ne parla male.
EliminaPiù che altro, non ricordo su che sito fossi, giorni fa, ma ricordo che c'erano le classifiche di vendita di quest'estate delle librerie di mezza Europa. Ebbene, le 50 sfumature erano in vetta in OGNI paese (faceva eccezione la Francia, ma solo per 'tempistiche', perché credo che da loro fosse uscito prima)!
Mi sono sentita come dentro un romanzo distopico...
E' ovvio che quel libro lo si è comprato perché 'tutti ne parlano' e/o perché il marketing l'ha fatto ingoiare a qualunque lettore occasionale (e anche a molti degli altri) sia passato in una libreria del mondo in questi mesi, in un modo o nell'altro. Un marketing più pervasivo di una pandemia. Uno scenario che, personalmente, mi fa rabbrividire...
Viene da chiedersi cosa ce ne siamo fatti del libero arbitrio °_°
(Specifico che personalmente non l'ho comprato, non mi interessava per nulla. Mi sono divertita un mondo a leggerne varie stroncature, in effetti - divertita per lo humor usato, non per l'oggetto in sè - ma ho preferito investire i miei soldini altrove :P)
minty
Io guardo "che tempo che fa" ma mi guardo bene dall'acquistare i libri che vengono reclamizzati. Anche per me vige il passa parola: un amico, un conoscente, un collega che stimo, mi suggerisce un titolo e io lo compro. Sono molto legata a certi autori che grazie a Dio vengono ancora pubblicati (Roth, Auster per esempio) ma noto sempre di più che la maggior parte di quello che viene pubblicato è spazzatura. Mi spiace dirlo ma è così. A me sembra che l'editoria sia stata, come dire, drogata: E'inondata da titoli che non valgono nulla. E un'altra cosa. La frase che sento da più parti "diamo alla gente ciò che la gente vuole" è fuorviante e pericolosa. Ma le case editrici non dovrebbero fare cultura? Non dovrebbero essere le case editrici a proporre dei buoni titoli e farsi seguire dai lettori, invece di inseguirli proponendo testi illeggibili? (Giusto per essere gentili). E per ultimo: ci sono delle operazioni editoriali che francamente lasciano perplessi. E faccio il caso della gloriosa Adelphi che la pubblicato di Joseph Roth "al Bistrot dopo mezzanotte: un'antologia francese" che sono reportage di quando Roth lavorava come giornalista. Io sono innamorata di quello scrittore e l'ho comprato lo stesso ma mi chiedo se era il caso. Mi è sembrata un'operazione molto abborracciata. Avranno pensato " siccome qualche pollo ancora cotto di Roth lo trovianmo (io) pubblichiamo la raccolta e tiriamo su dei soldi. Ritengo questo un atteggiamento offensivo nei riguardi del lettore. Susanna
RispondiEliminaL'essenza di questa (tragica) situazione è perfettamente invenibile nell'intervista, pubblicata da "La Repubblica", di Simonetta Fiori a Laura Donnini, direttrice responsabile delle vendite del gruppo Mondadori e nella intervista/marchetta di Bruno Ventavoli ("La Stampa") a Maurizio Costa, vicepresidente della medesima casa editrice.
RispondiEliminaSimili i contenuti, simile il medesimo atteggiamento oscillante tra ostentata ignoranza, spocchia e, soprattutto, spiccata arroganza, sia nei confronti dei lettori/clienti (Donnini), sia nei confronti dei librai (Costa).
Per carità, non siamo ancora al livello del delirio di onnipotenza stile Jeff Bezos e "amazoniani" vari, ma la strada imboccata sembra quella...
Lucius
Ripensaci. È un predicozzo.
RispondiEliminaIo mi ritengo un lettore "con la testa a posto", nel senso che non mi faccio mai influenzare dalla pubblicità in tv o dal marketing in generale. Pensa che spesso, quando vado in libreria, acquisto quasi sempre autori che conosco (tipo Murakami o Calvino per citarne due) e raramente prendo le cosiddette novità tipo l'ultimo libro di Vesta o di un attore). Ovviamente leggo anche narrativa contemporanea, ma da un po' di tempo mi sto dando ai saggi, molto interessanti e che approfondiscono bene alcuni argomenti di mio interesse. Quello che voglio dire, in conclusione, è che il lettore deve saper scegliere quello che legge, e non affidarsi alla cieca a quello che il passaparola o la pubblicità tanto declama.
RispondiElimina"diamo alla gente ciò che la gente vuole", è vero che fanno così, ma cavolo, la gente che va in libreria più di una volta all'anno per caso ci va per quella spazzatura??? Io non voglio che mi propongano le sfumature, così come prima non volevo twilight e non voglio che nel settore psicologia mi sbattano davanti solo 1000 libri di freud e morelli. Una grande libreria dovrebbe permettersi di procurarsi titoli sconosciuti e interessanti, e invece ci propongono la solita schifezza come se fossimo delle pecore... Per il cliente "fedele" poi l'attenzione è zero: per avere la tessera da feltrinelli devi pagare. sì, pochissimo, ma stiamo scherzando? è terribile che il marketing si sia mescolato alla cultura... Personalmente, non ho mai acquistato un libro nuovo o recente, né qualcosa di cui avevo visto pubblicità o simili, né lo farei mai... e non ci sono scusanti per coloro che lo fanno perché "almeno leggo qualcosa": se vuoi leggere, ti fai consigliare dal libraio, dal prof di letteratura, dall'amico secchione, dalle recensioni su internet e dai blog, oppure ti leggi le trame e decidi da te. se poi cerchiamo di giustificare l'acquisto di spazzatura, ci siamo proprio dentro.
RispondiEliminaper la cronaca, le sfumature le ho scaricate (i primi due), lette e cancellate, prima che mi infettassero il pc. non darei nemmeno un centesimo per quella cacca.
Non posso lamentarmi delle Sfumature e poi comprare tutti e tre i libri, se dopo aver letto il primo mi sono reso conto che è una sciocchezza perché acquistare anche gli altri due?
RispondiEliminaCredo di poter spiegare io il perchè, partiamo da un presupposto io leggo non molto ma leggo, e non ho mai letto nessuna delle sfumature.
IL fatto è che chi come me in un libro vede un modo per svagarsi per sognare (si leggo molta narrativa) per avere un mezzo per evadere e che ti faccia vedere posti nuovi ha bisogno di un finale, fa niente se il primo libro fa schifo io voglio sapere come diavolo va a finire, quindi non chiudere il libro e lasciarlo come in sfumature è un modo per vendere il secondo capitolo......e anche una gran carognata