Nel frattempo, come stavo dicendo, in
libreria si respira un'aria di incredulità. Noi librai, un po' in
tutte le librerie, subiamo decisioni da governo “tecnico”. Chi
non è stato messo in cassa integrazione (vedi librerie Coop e ora
Giunti) deve fare i conti con il taglio del personale, il blocco
delle assunzioni e l'aumento dei “ruoli” che ci cadono addosso
praticamente ogni giorno. Allo stesso tempo non ci viene data
adeguata formazione (ma anche senza adeguata perché non viene più
fatta formazione e stop) e ci si chiede sempre maggior flessibilità
negli orari e nel modo di gestire il lavoro. Lavoro che viene
programmato e imposto, a proposito della famosa libertà del libraio.
Siamo partiti con la centralizzazione degli ordini di novità, l'ho
già spiegato ma lo dico nuovamente: se prima era il libraio a fare
le “cedole” (cioè a ordinare i libri) novità oggi, in
moltissimi casi, è personale preposto che sta in sede a farlo, e
siamo arrivati alle indicazioni su come allestire le campagne
promozionali o come sistemare libri e fare vetrine (ormai anche le
proposte tematiche arrivano dalla sede). Insomma la personalizzazione
di settori e librerie, l'indipendenza dei librai, non è cosa da
librerie di catena (e parlo in generale ovviamente) che si sono
burocratizzate sino a raggiungere livelli da catena di montaggio
senza però tener conto che le librerie non sono fabbriche e i libri
non sono bulloni. Lo stress che ne deriva è doppio perché non solo
devi avere a che fare con il pubblico (e chi lavora nel commercio sa
quanto sia difficile) ma devi anche sottostare a ordini che spesso si
fatica a comprendere. Sono stati fatti accordi commerciali che sono
durati il tempo di far arrivare merce in libreria e rispedirla al
mittente, vengono continuamente spostati interi settori da una parte
all'altra della libreria con l'illusione che “svecchiando” la
libreria possano aumentare le vendite, si danno “maggiori”
servizi al cliente, servizi che finiscono per diventare disservizi.
Insomma l'idea che io e molti colleghi di varie catene ci siamo fatti
in questo periodo è che manchino non solo le idee ma anche le
prospettive per far rinascere il mondo del libro. Ci troviamo davanti
a un muro di gomma, a impressionanti personalismi che affondano la
bibliodiversità in favore di accordi commerciali che uniformano il
mercato. Sembra quasi che siano gli stessi operatori a non credere
più nell'oggetto libro. La cosa più grave, a mio parere, è che non
si investe più sul ruolo “umano” del nostro mestiere. Il
servizio e il rapporto con il cliente dovrebbe essere tutto ma nella
situazione attuale non hai neppure il tempo di guardarlo negli occhi
il cliente e se comincia a farti domande specifiche o a farti perdere
troppo tempo vai nel panico perché sai che devi fare, prima della
fine del tuo turno, almeno un altro centinaio di cose oltre a servire
e se non riuscirai a farle sai che al prossimo controllo qualcuno
metterà in dubbio le tue capacità organizzative o lavorative.
Trovo che sia davvero l'aspetto più
triste, pensare che le professionalità delle libraie e dei librai
valgano così poco da poter sostituirle con la prima persona che
capiterà in librerie e che, per disperazione, accetterà il primo
contratto che le verrà proposto. La perdita di introiti nel mondo
libro non ha solo una causa, al contrario ne ha molteplici, non è
solo colpa dei cattivi libri, non è solo colpa dei prezzi e della
crisi, non è solo colpa del mercato perché, dopotutto, questo
mercato lo abbiamo creato noi.
In tutto questo marasma, in questa
torre pronte a crollare da un momento all'altro, gioca un ruolo
importante la figura del cliente.
To be continued...
personalmente sono una divoratrice di libri, quindi il libraio è un amico, un confidente, un consigliere... la libreria dove andavo sempre non ha saputo tener botta alla crisi, ho 27 anni, ci sono sempre andata, ma questi ultimi tempi li ho passati alla Mondadori... carina... ma era tutta un'altra storia quella che raccontava del signore che mi consigliava "Il Piccolo Principe" che avevo si e no 9 anni, e che ancora oggi è il mio faro nella notte
RispondiEliminahai parlato solo delle librerie di catena....
RispondiEliminaLa mia formazione è da libraio di catena e conosco bìmolto bene queste realtà. Quelle delle librerie indipendenti molto meno, sono un universo a parte, ognuna a sé, impossibile generalizzare. L'unica cosa che posso dire è che quelle che sono riuscite a specializzarsi sopravvivono le altre...
EliminaCarissimo, ci tengo a dirti che non è solo nel mondo dei libri che funziona così. Ormai è così ovunque. Nella consulenza, tipo Ernst & Young, la scelta è qualità zero, prendi il giovane neolaureato, gli paghi 2 lire, gli dai uno schermino da seguire e via. I più grandi ed esperti li butti, dovessero mai costare 1 lira in più. Ah, per grandi intendiamo sopra i 35 40 anni.
RispondiEliminaÈ tutto abbastanza orribile, sai?
Apri una libreria tu. Una piccola, sui generis, piena di titoli particolari e introvabili, quelli che nelle altre librerie non si trovano mai. Senza best seller, novità, solo libri solidi che sono piaciuti a te e che vuoi consigliare agli altri. E verrei a Bologna tutte le settimane, solo per vedere cosa proponi di bello stavolta.
RispondiEliminaIn un libro di carofiglio ho scoperto che nella mia città esisteva una libreria dove entrare a prendersi un caffè, chiacchierare, leggiucchiare e magari comprare un libro.
RispondiEliminaMi piacerebbe tanto visitarne una così. Potrei anche installarmici in pianta stabile.
In compenso ogni volta che mi spostano un settore da fletrinelli ho voglia di urlare e di non metterci mai più piede.
Sarò solo io che associo i libri ad un'idea di stabilità e che, genericamente, non amo perdere 10-20 minuti fra gli scaffali a chiedermi con che cavolo di criterio hanno sistemato la roba (prima di uscire o andare a tirare per il colletto un libraio più sfuggente di un'anguilla e con più coda di un botteghino prima del concerto, che quando gli parlo risponde al telefono, controlla il pc ed in alcuni casi sparisce a fare altro?!?)
In un libro di carofiglio ho scoperto che nella mia città esisteva una libreria dove entrare a prendersi un caffè, chiacchierare, leggiucchiare e magari comprare un libro.
RispondiEliminaMi piacerebbe tanto visitarne una così. Potrei anche installarmici in pianta stabile.
In compenso ogni volta che mi spostano un settore da fletrinelli ho voglia di urlare e di non metterci mai più piede.
Sarò solo io che associo i libri ad un'idea di stabilità e che, genericamente, non amo perdere 10-20 minuti fra gli scaffali a chiedermi con che cavolo di criterio hanno sistemato la roba (prima di uscire o andare a tirare per il colletto un libraio più sfuggente di un'anguilla e con più coda di un botteghino prima del concerto, che quando gli parlo risponde al telefono, controlla il pc ed in alcuni casi sparisce a fare altro?!?)