In questi giorni si svolge la 30esima
edizione della scuola per Librai Umberto e Elisabetta Mauri, uno
degli appuntamenti più prestigiosi in ambito librario. La settimana
“libraria” si svolge in una delle cornici più belle del nostro
bel paese: Venezia. Io ho avuto la fortuna di partecipare al corso
nel 2008, anno in cui la crisi non aveva ancora intaccato in modo
così pesante il campo librario anche se c'erano già tutte le
premesse per il futuro disastro. Mi permetto qualche considerazione
personale su questo avvenimento. Si tratta sicuramente di
un'esperienza fuori dal comune, si ha l'opportunità di ascoltare
grandi autori e grandi autrici, di relazionarsi con visioni librarie
di altri paesi, di vivere giornate culturalmente stimolanti, di
incontrare libraie e librai diversi e con storie importanti alle
spalle. Ma è anche un luogo, a mio parere, in cui la “realtà”
della quotidianità fatica a penetrare. Intanto la prima cosa che ho
notato è che, nonostante oggi vada di moda lo scrittore amico, cioè
quello che si intrattiene con le lettrici e i lettori sui social
network o che “dialoga” con loro dando l'impressione della
persona “qualunque”, il mondo culturale italiano (ma forse non
solo) è un luogo elitario in cui se si vuole essere protagonisti si
devono rispettare alcune “etichette”.
È, inutile negarlo, un mondo
privilegiato fatto di salotti e salottini in cui si può esporre una
cultura che è appannaggio solo di una determinata cerchia culturale.
Forse sarebbe opportuno, in questo senso, ragionare sulla cultura
“alta” e su quella “commerciale” anche da questo punto di
vista. Esistono differenze sociali, culturali, economiche fra le
persone. Tali differenze, che spesso sono un bene, vivono in un
substrato sociale. Sappiamo tutti che esistono ma facciamo finta che
non sia così. Ci sono strati di popolazione che vivono realtà
diverse e che la vedono dal proprio punto di vista. La mia visione di
libraio non è la stessa di quella di un amministratore delegato così
come si differenzia da chi è a capo del monopolio del libro.
Un'altra cosa che ho notato è che
l'idea che viene data del libraio non corrisponde alla visione reale
e attuale della nostra figura professionale. Alla scuola librai si
elogia una figura professionale che quasi non esiste più. Andava
bene, probabilmente, per i librai e le libraie di qualche decennio
fa. Oggi si parla di professionalità. Poi, nel mondo reale, sul
campo, le professionalità vengono completamente ignorate in favore
del “tutti devono saper fare tutto”, vengono dati tempi per lo
svolgimento di alcune mansioni, vengono date priorità diverse da
quelle che ci sono state insegnate, si pretende che il libraio sappia
fare l'ufficio stampa, il pubblicista ecc...
Non so come andrà il seminario quest
anno. Spero parleranno della crisi economica e culturale che ci ha
investiti. Vedo che si tratterà il tema della “Qualità del
servizio”. Spero allora che si affronti anche il tema della
riduzione del personale e del minor tempo a disposizione da dedicare
al cliente, della minor possibilità di dare formazione ai librai e
alle libraie. Un altro punto sarà: Dare valore alle risorse umane.
Mi piacerebbe davvero, lo dico senza nessuna polemica, ascoltare
questa lezione.
Insomma è come se una parte del mondo
librario sentisse ancora il bisogno di ribadire l'importanza del
proprio operato a livello culturale. E non solo, invece, come
tristemente sta avvenendo in moltissimi campi, a livello commerciale.
Purtroppo per ora sul fatto che in Italia si sia in grado di dare valore alle risorse umane tendo alla disillusione. Spero sempre di trovare qualche contesto che mi faccia ricredere, e non mi sono del tutto rassegnata. Ma lavorando nella formazione ne ho visto un po' di tutti i colori e credimi, siamo lontani anni luce da quello che veramente si potrebbe fare, di bello, di motivante. Il problema grosso a mio avviso è che si cerchi di applicare i concetti del "new management" alle situazioni più diversi, senza che si prenda in carico una reale conoscenza del tipo di lavoro e soprattutto del tipo di relazioni che ogni persona si trova a dover affrontare. E poi, vale un po' per tutti, essere multitasking, sempre :-(
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