martedì 19 febbraio 2013

FNAC

L'immagine è quella di una libreria deserta con gli scaffali vuoti e i dipendenti ammutoliti, come se fossero raccolti in preghiera a un funerale. E di funerale, in effetti, si tratta. Un dipendente suona la tromba mentre la serranda si abbassa, probabilmente, per sempre. È un'immagine che spezza il cuore quella che si può vedere sulla pagina Facebook Salviamo FNAC, un'immagine che ci mostra lo stato attuale della cultura in questo paese.
FNAC era considerata, sino a qualche anno fa, una delle esperienze più innovative sul mercato. Poi il gruppo francese, evidentemente in crisi, ha deciso di “sbarazzarsi” di FNAC Italia e lo ha fatto nel peggiore dei modi. A gennaio Orlando Italy ha formalizzato l'acquisto della Holding per la parte italiana, la società è stata messa in liquidazione, è stato messo in atto un “piano” di ridimensionamento. Brutto parlare di piano, occorrerebbe invece parlare di “mancanza di un piano gestionale” perché quando si dice “ridimensionamento” si intende che delle persone perderanno il lavoro e che altre verranno messe in cassa integrazione, che ci sarà una libreria in meno e, di conseguenza, ci sarà un luogo di cultura in meno.
Il programma prevede la chiusura “temporanea” di tre punti vendita: Firenze, il negozio al centro commerciale I Gigli; Roma, alla galleria commerciale Porta di Roma e a Torino al Shopville Le Gru. Inutile dire che quel “temporaneamente” suona un po' come una presa per i fondelli. Gli altri punti vendita, pare, verranno ridimensionati. In totale su 600 lavoratori almeno 302 dovrebbero andare in cassa integrazione.
Il piano presentato da Orlando Italy prevedere la trasformazione di FNAC a un ruolo di “Shop-in-Shop” cioè la presenza di un angolo FNAC specializzato in elettronica e editoria all'interno di un altro punto vendita. Un “non” piano, quindi, come si diceva prima, perché ridurre FNAC a questo significa farla sparire.
Forse, e dico forse, se FNAC avesse prodotto automobili si sarebbe fatto molto di più. Ma da FNAC si vendono libri,musica, film. Si vende, insomma, cultura. E con la cultura, come ha detto un nostro (purtroppo) ex ministro dell'economia, non si mangia. Si potrebbe eccome invece, ma sembra che in questo paese sia troppo difficile investire sulla persone.
Come ho già detto ogni libreria che chiude dovrebbe essere un lutto per l'intero paese. Vorrei mettere a disposizione delle Colleghe e dei Colleghi FNAC che stanno vivendo questo brutto momento le pagine del mio blog. Vorrei raccontare le loro vicende e le loro esperienze quindi se c'è qualcuno interessato/a mi contatti pure: aracno76@libero.it

6 commenti:

  1. Onestamente preferisco che vivano le librerie indipendenti piuttosto che quelle di catena. La Fnac mi piace molto in Francia, in Italia non mi è mai molto piaciuta. E chi lavorava alla Fnac lo faceva comunque con uno stipendio precario e basso, non certo per costruirsi una vita.

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    1. Elena perdonami ma per come vanno le cose in questo paese un lavoro perso è una tragedia. poi chi fa il nostro mestiere sa che non si arricchirà. Io prendo mille euro al mese.

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  2. Mi dispiace per i dipendenti, ma la Fnac di Firenze è stata penalizzata anche dal fatto di vendere dvd e materiale elettronico a un prezzo maggiore rispetto a Mediaworld. Era un negozio che tutti giravano e nessuno comprava niente perchè spendevi meno a comprare la stessa cosa cento metri più in là.

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  3. Mi dispiace e preferirei restasse aperta, ma solo per i posti di lavoro: c'è tanto da migliorare. L'unica volta che sono stata in una Fnac (napoli) non mi ha colpito per niente: mi sembrava un'accozzaglia di prodotti commerciali e in voga, ma specializzata in niente. E non tenuta benissimo: capisco che non si possa star dietro a tutto, ma era di una tristezza unica. Ci tengono proprio poco a tenerle aperte, da quanto le curano...
    Un appunto ad Elena: le librerie di catena non sono il male, casomai lo è chi le gestisce male, e i dipendenti possono fare poco. Magari non hanno trovato di meglio e non è il sogno della loro vita, e lo stipendio è da fame, ma è pur sempre un lavoro, e dopo sono a spasso. Piuttosto che veder chiudere una catena che dà lavoro a molte persone, preferisco veder chiudere una qualche libreria del cavolo messa su solo perché è un'attività commerciale come un'altra e gestita (male) da una sola persona. Fidati che ce ne sono un sacco.

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  4. FNAC... Rabbrividiamo! Pessimi negozi!

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    1. Scusa Roberto, o fraintendo oppure ti è sfuggito il senso del post: non sto a fornire chiarimenti, è sufficiente rileggerlo.

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