giovedì 7 febbraio 2013

Grandi librerie 2

Leggendo alcuni commenti al post di ieri mi sono venute in mente altre considerazioni. Innanzitutto vorrei sottolineare una cosa: non scrivo di librerie e mercati per ricordare un mondo antico che non esiste più da tempo. Ne scrivo perché amo il mio lavoro, perché mi considero un discreto libraio, perché ho la presunzione che, trattando certi temi, si sviluppi la discussione e si possa anche ricominciare a parlare di cultura.
Il mercato, o l’idea di mercato che altri ci hanno imposto e che noi abbiamo, passivamente, accettato, ci ha portati dove siamo oggi. Un consumismo sfrenato in cui la dimensione umana è zero. Comprendo tutti gli aspetti positivi della libreria on line:  è facile, veloce, comodo, non devi andare in centro, non devi avere a che fare con personale spesso demotivato. Va benissimo, prima o poi si arriverà al punto in cui i negozi fisici scompariranno tutti e noi acquisteremo solo on line perché questo è l’andazzo del mercato.
Benissimo.
Posso anche arrivare a capire una certa insofferenza nei confronti delle librerie di catena però c'è da fare il punto su alcune cose.
Le librerie che chiudono nell’indifferenza totale dell’opinione pubblica non sono solo le librerie di catena. Anzi, quando una libreria chiude (come è successo con FNAC) si solleva un gran polverone. Quando chiude una libreria "piccola" a nessuno frega niente. Mi rendo conto che in certe situazioni ognuno tenda a guardare al proprio orticello. Io non voglio dare delle colpe a nessuno, non voglio dire: il mercato è così perché l'acquirente si fa influenzare. Ma se il mercato è così è colpa di molti fattori. Scelte aziendali che mirano al guadagno facile, scelte editoriali che fanno lo stesso, cannibalizzazione del mercato da parte di grandi gruppi editoriali e, permettetemi, anche una visione limitata e confusa del genere di società che vogliamo. Da parte di tutt*. Facile dire: "Nelle mega librerie ci sono solo schifezze compro on line". Ok. Hai provato nella piccola libreria? In quella media? No. Perché? Perché non ci sono gli sconti.
 Io continuo a considerare il libro principalmente come un bene culturale e non un oggetto semplicemente di “consumo” e la chiusura di una libreria toglie qualcosa alla città, al paese, al luogo. Facciamo l'esempio dei dischi (anche se credo che il libro avrà tempi più lunghi perché prodotto meno appetibile rispetto alla musica). La tecnologia, nel bene e nel male, non si ferma. E su questo credo siamo tutti d'accordo. Con l'avvento degli MP3 il mercato musicale ha avuto un crollo. Siamo sinceri, quanti comprano musica on line? Anche se scaricarla gratuitamente è, spesso, illegale, moltissima gente lo fa. Accadrà la stessa cosa con i libri? Forse.
Io sono già consapevole che il mercato del libro è un mercato con un futuro molto breve. Sto solo chiedendo di avere una visione più ambia del problema, di non , limitarci solo al: mi è più comodo, costa meno, in libreria tutto fa schifo.
Non aggiungo altro perché, in realtà, quello che mi preme è analizzare i fattori interni che ci hanno portati a questo disastro. Primi fra tutti la mancanza di idee e il considerare, appunto, una libreria alla pari di un discount di alimentari.
Poi il resto verrà da sé. Io sono convinto che il mio lavoro, semplice venditore di libri, si trasformerà in altro, in qualcosa che con i libri poco avrà a che fare. Sta accadendo già ora. Si punta su titoli “facili” che possano svegliare curiosità o morbosità, si sacrifica la bibliodiversità, si punta tutto sul marketing. Perché devo impegnarmi a vendere un libro che mi dà poco margine di guadagno quando posso vendere, con la scusa della libreria, un oggetto che con il libro nulla ha a che fare e che mi margina decisamente di più?
Temo che alla base ci sia proprio questo. Non c’è la voglia e non c’è la fiducia nella risorsa libro. E, di conseguenza, nemmeno in quella umana perché, nonostante l’acquisto on line sia più facile, il rapporto umano non sarà mai sostituibile da un clic.
E parliamone di queste risorse umane in libreria!
Tutte, ripeto, tutte le grandi catene di negozi hanno tagliato sul personale. Ovviamente anche le librerie. Sarebbe, visto che la vendita libro si basa principalmente sulla presenza di buon librai in libreria, stato più logico tagliare dall’alto invece che dal basso. Non è stato così, ce ne facciamo una ragione e andiamo avanti. Si è cercato di rendere la libreria più fruibile al cliente così da avere meno bisogno del libraio (esempio mettendo tutti i libri in ordine alfabetico per autore, annullando le divisioni classici/contemporanei ecc…). Nella nuova visione del “libraio moderno” abbiamo un numero limitato di persone a lavorare in libreria, spesso rimane una persona sola per piano (nel caso di librerie a più piani) o in diversi settori (nel caso di una libreria su piano solo). Spesso il libraio fa solo il/la cassiere/a. Spesso al libraio viene chiesto di occuparsi di ufficio stampa o creazione eventi. Di occuparsi delle rese, della sistemazione libri, della comunicazione interna, delle vetrine, della pulizia e dell’ordine. E, spesso, il libraio ha un tempo ridotto per svolgere tutte queste funzioni. Nel calcolo dei lavori librai, però, non si prende in considerazione un fattore fondamentale: i clienti. Ci viene detto che dobbiamo dare un ottimo servizio al cliente ma, allo stesso tempo, nella tempistica da dedicare a tutti gli altri lavori il fattore vendita non viene considerato.
È certo che se sono da solo e devo occuparmi della cassa, della sistemazione dei libri, della pulizia e delle rese (oltre che degli eventi) avrò pochissimo tempo da dedicare al libro e al cliente. In base a cosa vengono considerati i tempi di cose da fare? In base alle fasce orarie. Dalle 15 alle 16 abbiamo incassato poco? Bene in quel lasso di tempo dovevi sistemare un tot di merce. Benissimo. E chi glielo spiega che ho avuto una cliente che mi ha chiesto consigli su dieci libri e poi non ne ha comprato neppure uno?
Non ho venduto. La colpa è mia. Non sono un buon venditore.
To be continued…

5 commenti:

  1. Marino, io credo che il problema sia molto più ampio, o meglio, tu stai visualizzando un aspetto, che è legato al tuo mondo professionale, e ai cambiamenti che questo subisce in un arco temporale abbastanza ristretto come quello della tua vita lavorativa.

    E' una porzione del problema. Io ho cominciato a lavorare quasi 30 anni fa (grazie Fornero, ne dovrò fare altri 14) in altri settori, e ho visto cambiamenti da farmi credere di appartenere ai libri di storia. Ho visto fare i pneumatici alla Bicocca (al posto della fabbrica ci sono i palazzi dell'università), ho visto fare i motori al Portello e sorgere al suo posto un centro commerciale. Ho visto aziende di blasone sparire nel nulla, sciogliersi come neve al sole.

    Io credo che il quadro che racchiude tutto questo sia il panorama sul quale cercare di interpretare la realtà: ci sono ragioni comuni a tutti questi cambiamenti? Io penso di si: e la ragione è una sola: la massimizzazione dei profitti ottenuti diminuendo al massimo i costi per ottenere il prodotto, prescindendo spesso dalla qualità dello stesso e sempre dalla funzione sociale che ha il lavoro, sia per chi lo esegue che per chi ne trae profitto, nell'ottica di un'economia capitalistica di trasformazione (che non comprende tutta l'economia odierna, sia chiaro).

    Negli anni novanta l'invenzione della globalizzazione è servita non tanto alle popolazioni dei paesi industrializzati (ottenere prodotti di qualità a prezzo basso), non è servita alle popolazioni dei paesi in via di sviluppo (continuano a lavorare in condizioni indegne a salari ridicoli). No, è servita a poche élites per massimizzare i ricavi, almeno così pensavano. La crisi di mercato generata dalla diminuzione di capacità di spesa delle popolazioni dei paesi ricchi, non supportata da una corrispondente crescita del mercato dei paesi in via di sviluppo, alla fine si sta ritorcendo contro questo modello.

    La crisi del libro, se ci pensi, è ben inquadrabile in un percorso di questo tipo: massimizzare i ricavi (catene di librerie, best sellers, instant books lanciati con pubblicità e poi macerati dopo qualche mese, ebook il cui unico costo è il diritto d'autore e l'impaginazione, magari effettuata da qualche copista di paesi terzi - a giudicare dagli strafalcioni che spesso contengono) tagliando al massimo i costi, spesso con un'ottica così miope che porta al fallimento di parte del modello in capo a pochi mesi.

    In tutto questo, ciò che si perde è la parte più importante: la cultura, l'anima di una popolazione.

    Si può fare qualcosa? Io temo che servano generazioni, e perché no, ideologie che rimettano al centro della vita politica/economica l'uomo e non il profitto. Stiamo assistendo al fallimento dell'ideologia liberista-capitalista, che senza gulag lascia più morti per strada di altre...

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  2. @Marino
    Facile dire: "Nelle mega librerie ci sono solo schifezze compro on line". Ok. Hai provato nella piccola libreria? In quella media? No. Perché? Perché non ci sono gli sconti.

    No, Marino. Non c'entrano gli sconti. Nel mio commento al post di ieri non ho preso in esame le librerie indipendenti perché nella mia città, semplicemente, non esistono più da quando io ero adolescente :-\
    Come ho detto, gradirei averne, e instaurare con i gestori lo stesso rapporto amicale che ho col mio fumettaro. Ma qui è il deserto del Gobi, in tal senso. Fino a due anni fa c'era un'unica libreria di catena, dal servizio piuttosto deprimente. Oggi ne ha aperta un'altra, dal servizio migliore, in cui mi traghetto più volentieri ogni volta che voglio comprare libri nuovi. Ma a questo punto il panorama finisce.
    Mi piacerebbe godermi la possibilità di scelta, ma qui "libreria indipendente" non è un'alternativa disponibile (sto andando a spanne, in realtà un residuato c'è, e un altro ce n'era fino ad anno scorso; ma non sono/erano il tipo di alternativa cui si auspicava qui).
    L'unica scelta rimasta è tra libreria di catena e mercatino. Ché neppure le librerie di usato e i remainders son sopravvissuti in questa città. La sola specializzata in usato che resta condivide, guarda caso, la proprietà con quella di catena dalla gestione deprimente...

    Mi credi se dico che ogni volta che sento di librerie indipendenti che chiudono, mi dispiaccio e penso a come stia andando in malora il mondo-libro?
    E mi dispiaccio perché so già come sarà il dopo. Il "dopo" nella mia città è già arrivato da 20 anni :-(
    Il "dopo" è il non poter scegliere nulla aldilà della "catena" abbruttita dalle dinamiche che si diceva. E il non sapere trovare più un motivo che te la faccia preferire al virtuale o a una svendita...

    (Detto ciò, c'è anche da dire che il meccanismo scontistico messo in atto dalla grande distribuzione ha portato, per sostenersi, alla lievitazione incontrollata dei prezzi dei libri. Libri che spesso hanno invece perso in qualità e cura editoriale - e di questo non ha certo colpa il libraio. Ne consegue che, se il lettore forte finisce per pensare che il libro X non vale il prezzo di copertina, si rivolgerà preferibilmente ai canali in cui può trovarlo a condizioni più convenienti. Che non sono MAI le librerie indipendenti - sempre per colpe non loro. E' pure un cane che si morde la coda, eh! :-( )

    @Ilmondoatestaingiù
    la ragione è una sola: la massimizzazione dei profitti ottenuti diminuendo al massimo i costi per ottenere il prodotto, prescindendo spesso dalla qualità dello stesso e sempre dalla funzione sociale che ha il lavoro, sia per chi lo esegue che per chi ne trae profitto, nell'ottica di un'economia capitalistica di trasformazione [...] La crisi di mercato generata dalla diminuzione di capacità di spesa delle popolazioni dei paesi ricchi, non supportata da una corrispondente crescita del mercato dei paesi in via di sviluppo, alla fine si sta ritorcendo contro questo modello. [...] La crisi del libro, se ci pensi, è ben inquadrabile in un percorso di questo tipo: massimizzare i ricavi [...] tagliando al massimo i costi, spesso con un'ottica così miope che porta al fallimento di parte del modello in capo a pochi mesi.

    Bellissima analisi, complimenti. E' tutto verissimo, e hai ragione nel dire che è l'intero sistema allo sbando e che si autodistrugge.
    Difficilmente troveremo soluzione al singolo problema (lo stato dell'editoria e delle librerie), senza cambiare dal profondo il meccanismo ideologico/economico che lo ha generato insieme a tantissimi altri.
    La questione è: riusciremo in questo cambiamento prima dell'autodistruzione completa, posto che ancora la maggioranza del mondo pensa che la priorità sia salvare il meccanismo a qualunque costo, invece che iniziare a ripensarlo? Io tutte 'ste speranze non ce le ho... :-\

    minty

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  3. Ilmondoatestaingiù sono completamente d'accordo con la tua lucida analisi. Minty ovviamente non era un riferimento personale alla tua esperienza, parlo in generale ;)

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    1. Scusa Marino.
      Mi rendo conto di aver incentrato troppo il mio post precedente sul caso specifico della mia città e di non aver concluso con un'osservazione generale. Che voleva essere: non sempre il lettore snobba le librerie indipendenti per proprio tornaconto. Ci sono lettori a cui piacerebbe frequentare librerie diverse da quelle di catena, ma che semplicemente non ne hanno la possibilità concreta. :-\

      minty

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  4. quoto il mondo a testa in giù, sarà cha al Portello ci vado a fare la spesa a volte per cui il processo mi appare proprio in fotogrammi : )
    Lavoro anch'io da 25 anni, ho fatto in tempo a usare il TELEX!!
    Purtroppo parlando di libri è peggio, diventiamo tristi perchè noi che i libri li amiamo non li consideriamo un prodotto come un altro, ma per il mercato lo è.
    Del resto si paga poco un lavoratore perchè il danno che porterà la sua scarsa qualifica è, in denaro, minore del costo che avrei se pagassi un lavoratore più qualificato. Tutto torna purtroppo.
    baci sandra

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