Non è un uomo chesi lascia amare
Maurice Sachs e non per le sue debolezze e per la sua sfrenata quanto
inutile ambizione. Non si lascia amare perché sembra fare sempre la
scelta sbagliata e perché, soprattutto, fa del male agli altri. Si
pente. E poi commette gli stessi errori che aveva deplorato. Nel
libro Il Sabba, Sachs racconta la sua vita cercando, ogni volta che
può, di dare la colpa ad altri per le sue azioni e il suo carattere.
Lo fa parlando della madre, a cui attribuisce la colpa della propria
indole da farabutto. In realtà Sachs appare come un grottesco
personaggio kafkiano, senza però l'adeguato pathos e senza riuscire
a creare empatia con chi gli sta attorno o con il lettore. È quello
che si potrebbe definire un uomo banale, non particolarmente
brillante ma decisamente capace di sembrarlo. Tutta la vita di Sachs
sembra, seguendo il filo logico dei suoi pensieri, una grande bugia.
Uomo dalla grande ambizione e dalle scarse qualità, cresce accanto a
una madre altrettanto ambiziosa e fanfarona, vive a Parigi, in
campagna, a Londa. Va in America dove conosce il suo compagno, lo
porta in Europa con la promessa di mantenerlo. Faranno la fame. Ma
prima conosce André Gide e Jean Cocteau, li frequenta come una zecca
frequenterebbe un animale, poi li disprezza, si stacca, si allontana,
ritorna. Conosce Jacques Maritain, si converte dall'ebraismo al
cristianesimo, crede di sentire dentro di sé ardere il fuoco della
fede, entra in seminario (1926) spinto dalle migliori intenzioni, è
fermamente intenzionato a rinunciare a tutto. Resiste qualche mese,
poi ecco che i dubbi lo fanno vacillare, la carne è debole.
Abbandona l'idea di entrare nella chiesa e le sue fantasie di
arrivare ai vertici del mondo ecclesiastico. Ma l'ambizione rimane
radicata dentro di lui. Va a fare il servizio militare, ritorna.
Guadagna denaro che scialacqua, è schiavo della bella vita, alterna
momenti di estrema povertà a momenti di grandi lussi, si indebita,
entra ed esce dall'alcolismo. In America, prima di conoscere il suo
compagno, si mette in testa di diventare presidente del consiglio.
Per farlo però deve dare l'apparenza da buon cittadino. Si sposa con
una ragazza e, per fare felice suo padre, entra nella chiesa
presbiteriana. Finito il sogno e l'ambizione finisce anche il
desiderio di vivere insieme alla moglie. Se ne va senza dirle addio.
Inviato come gallerista incontra, in America, uno dei periodi più
brutti dal punto di vista economico. La grande depressione del 1929
non fa bene ai suoi affari, torna in Francia e si rifugia, con
l'amato, in uno squallido motel dove vive giorni di sofferenza e
abbattimento. Beve, ruba, rinsavisce, entra nelle grazie di
Gallimard, ricomincia a bere, perde l'amore della sua vita.
Ma sono le ultime pagine a lanciare una
luce inquietante su Maurice Sachs. Mentre egli chiede al suo editore
di aggiungere le ultime pagine inviate a libro ultimato veniamo a
sapere di cose orribili (per sua stessa ammissione) commesse durante
la guerra. Visto il personaggio si può pensare a saccheggi, furti
ecc... ma poi, in un racconto più dettagliato (non per voce
dell'autore) veniamo a sapere delle sue simpatie naziste (lui di
origine ebrea e omosessuale) e del suo collaborazionismo.
Le leggende sulla sua morte si
sprecano. Ucciso in carcere, picchiato dai compagni di cella,
impiccato. Pare invece sia morto ucciso da un soldato tedesco,
durante un trasferimento (era successivamente stato arrestato) da un
campo all'altro.
Sembra quasi un personaggio costruito
ad arte quello di Maurice Sachs, un cattivo o uno stolto, un essere
debole e banale con grandi aspirazioni. O forse solo un figlio del
suo tempo.
Maurice Sachs
Il Sabba
Traduzione Tea Turolla e Leopoldo
Carra
Con una nota di Ena Marchi
332 pagine 22 euro
Adelphi
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