mercoledì 20 febbraio 2013

Il Sabba

Non è un uomo chesi lascia amare Maurice Sachs e non per le sue debolezze e per la sua sfrenata quanto inutile ambizione. Non si lascia amare perché sembra fare sempre la scelta sbagliata e perché, soprattutto, fa del male agli altri. Si pente. E poi commette gli stessi errori che aveva deplorato. Nel libro Il Sabba, Sachs racconta la sua vita cercando, ogni volta che può, di dare la colpa ad altri per le sue azioni e il suo carattere. Lo fa parlando della madre, a cui attribuisce la colpa della propria indole da farabutto. In realtà Sachs appare come un grottesco personaggio kafkiano, senza però l'adeguato pathos e senza riuscire a creare empatia con chi gli sta attorno o con il lettore. È quello che si potrebbe definire un uomo banale, non particolarmente brillante ma decisamente capace di sembrarlo. Tutta la vita di Sachs sembra, seguendo il filo logico dei suoi pensieri, una grande bugia. Uomo dalla grande ambizione e dalle scarse qualità, cresce accanto a una madre altrettanto ambiziosa e fanfarona, vive a Parigi, in campagna, a Londa. Va in America dove conosce il suo compagno, lo porta in Europa con la promessa di mantenerlo. Faranno la fame. Ma prima conosce André Gide e Jean Cocteau, li frequenta come una zecca frequenterebbe un animale, poi li disprezza, si stacca, si allontana, ritorna. Conosce Jacques Maritain, si converte dall'ebraismo al cristianesimo, crede di sentire dentro di sé ardere il fuoco della fede, entra in seminario (1926) spinto dalle migliori intenzioni, è fermamente intenzionato a rinunciare a tutto. Resiste qualche mese, poi ecco che i dubbi lo fanno vacillare, la carne è debole. Abbandona l'idea di entrare nella chiesa e le sue fantasie di arrivare ai vertici del mondo ecclesiastico. Ma l'ambizione rimane radicata dentro di lui. Va a fare il servizio militare, ritorna. Guadagna denaro che scialacqua, è schiavo della bella vita, alterna momenti di estrema povertà a momenti di grandi lussi, si indebita, entra ed esce dall'alcolismo. In America, prima di conoscere il suo compagno, si mette in testa di diventare presidente del consiglio. Per farlo però deve dare l'apparenza da buon cittadino. Si sposa con una ragazza e, per fare felice suo padre, entra nella chiesa presbiteriana. Finito il sogno e l'ambizione finisce anche il desiderio di vivere insieme alla moglie. Se ne va senza dirle addio. Inviato come gallerista incontra, in America, uno dei periodi più brutti dal punto di vista economico. La grande depressione del 1929 non fa bene ai suoi affari, torna in Francia e si rifugia, con l'amato, in uno squallido motel dove vive giorni di sofferenza e abbattimento. Beve, ruba, rinsavisce, entra nelle grazie di Gallimard, ricomincia a bere, perde l'amore della sua vita.
Ma sono le ultime pagine a lanciare una luce inquietante su Maurice Sachs. Mentre egli chiede al suo editore di aggiungere le ultime pagine inviate a libro ultimato veniamo a sapere di cose orribili (per sua stessa ammissione) commesse durante la guerra. Visto il personaggio si può pensare a saccheggi, furti ecc... ma poi, in un racconto più dettagliato (non per voce dell'autore) veniamo a sapere delle sue simpatie naziste (lui di origine ebrea e omosessuale) e del suo collaborazionismo.
Le leggende sulla sua morte si sprecano. Ucciso in carcere, picchiato dai compagni di cella, impiccato. Pare invece sia morto ucciso da un soldato tedesco, durante un trasferimento (era successivamente stato arrestato) da un campo all'altro.
Sembra quasi un personaggio costruito ad arte quello di Maurice Sachs, un cattivo o uno stolto, un essere debole e banale con grandi aspirazioni. O forse solo un figlio del suo tempo.

Maurice Sachs
Il Sabba
Traduzione Tea Turolla e Leopoldo Carra
Con una nota di Ena Marchi
332 pagine 22 euro
Adelphi

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