Non parlerò di Fabio Volo. Non lo farò
perché non ho letto il suo ultimo libro, perché la diatriba Volo sì
Volo no mi annoia da morire, perché il mondo letterario è pieno di
scrittori e scrittrici che sono riconosciuti tali negli ambienti
culturali ma che, in realtà, anche se non fanno errori grammaticali,
sono di una pesantezza e di un vuoto incredibile. Non lo farò perché
in questo paese se sei uno scrittore emergente o uno scrittore che
non vende milioni di copie e ti permetti di criticare uno scrittore
famoso vieni immediatamente etichettato come geloso o peggio. Non
parlerò di Volo, dicevo, ma di quel che sta intorno a lui sì.
Innanzitutto vorrei sfatare il mito dei best seller che “salvano”
le librerie. Vero che vendere tante copie di un libro fa comodo a
tutti, compresi noi librai, ma le librerie stanno in piedi grazie al
catalogo, grazie alle vendite singole. Se dovessimo aspettare il best
seller per vendere staremmo freschi. Un libro è considerato un
successo se vende già 3000 copie (forse anche meno) è un best
seller se arriva a 10.000, molte case editrici pubblicano meno di
mille copie dei libri dei personaggi non famosi. Quindi no, non è
vero che campiamo grazie a Volo & Co. Certo non sputiamo sulle
copie vendute ma dovete considerare che le 28000 copie vendute da
Volo nella prima settimana non è che le ha vendute in dieci
librerie. Metteteci anche che molti i libri li comprano on line. È
logico invece che chi ha autori che vendono ha anche maggiori
occasioni di piazzare in libreria altri autori del catalogo che
magari vendono meno e magari riescono anche ad avere migliori
condizioni economiche. Ma le librerie non campano grazie ai dieci
titoli in classifica, campano grazie alla bibliodiversità, grazie
alle tante case editrici, grazie alla copia, alle due copie, alle tre
copie. Se potessi mostrarvi i tabulati delle vendite (e non posso) vi
rendereste conto che i best seller incidono molto meno di quel che si
può pensare.
Non parlerò di Volo, dicevo, e non
parlerò di chi lo legge. O di chi legge le 50 sfumature. O di chi
legge Ti prego lasciati odiare. O di chi legge Falli soffrire. Non lo
farò perché viviamo, per fortuna, in democrazia e ognuno legge quel
diavolo che vuole. Libero arbitrio.
Parlerò invece di coloro che si
spacciano per intellettuali e poi definiscono Faletti uno dei più
grandi scrittori esistenti. Prendo come riferimento il bel saggio
(rigoroso e divertente se vi capita leggetelo) di Pippo Russo, L'
importo della ferita e altre storie. Edizioni Clichy (400 pagine 15
euro). Pippo affronta i testi che legge in modo quasi anatomico, non
giudica gli autori e le autrici, giudica i testi. E, mi spiace dirlo,
i testi che prende in considerazione non sono solo, spesso, libri
privi di idee e noiosi, sono anche libri scritti male.
Per lo stesso principio che ognuno è
libero di leggere quel che vuole ribadisco il concetto, ognuno di noi
è libero di leggere anche un brutto libro. Magari scritto anche
male. Ma quando mi capita, io, lettore, mi arrabbio. E la mia rabbia
sale se ho comprato quel libro perché ho letto la critica
estremamente positiva del critico o dell'intellettuale universalmente
riconosciuto come tale.
Da ingenuo quale sono penso,
semplicemente, che chi opera nel mondo culturale, chi fa critica, per
esempio, dovrebbe lavorare per alzare il livello culturale del paese
e non dovrebbe, come invece spesso accade per interesse personale,
appiattirsi sul livello del marketing.
Mi spiego meglio.
Il premio Bancarella è un premio nato
nel 1953 e nasce dalla tradizione dei librai lunigianesi che
caratterizza la storia dell’emigrazione lunigianese. È un premio
importante, quindi, anche se è un premio che premia chi vende di più
e quindi un elogio al mercato. Bene, benissimo. Se partiamo da questo
dato io potrei pubblicare le pagine gialle, comprarmi spot
televisivi, spazi sui giornali, vetrine, affidarmi ai geni del
marketing per vendere. Una volta raggiunto il mio obiettivo, diciamo
che mi va bene e vendo 500000 copie del mio libro/pagine gialle
merito il Bancarella? Ma che metro di giudizio è? Perché dare il
premio a un libro come Ti prego lasciati odiare? (L'autrice non se la
prenda non è un attacco personale nei suoi confronti, mi serve come
esempio). Volete davvero dirmi che fra i testi che hanno stravenduto
nessuno meritava il premio più di questo libro?
Scusate ma io continuo a pensare che ci
sia qualcosa che non va. Non va quando leggo recensioni idilliache di
libri assolutamente inutili, o quando si esaltano personaggi mediocri
che non sanno scrivere a “miglior scrittore” degli ultimi anni.
Un libro può piacere o meno ma ci sono
delle regole che non dovrebbero essere mai ignorate. L'uso corretto
della lingua, per esempio. O della grammatica. E la qualità,
perdonatemi, del testo.
Io non mi stancherò mai di dirlo:
ognuno legga ciò che vuole. Ma quello letterario ormai è un mondo
che andrebbe rivisto sin dalle basi. Un critico letterario che viene
pagato dalla casa editrice del libro che sta per recensire non può
fare una critica obiettiva. Chi scrive di amici o colleghi raramente
fa una critica obiettiva. Io chiedo onestà intellettuale. Si dica
“L'autore X vende!” non perché è il miglior scrittore d'Italia
ma perché alle spalle ha basi solide, si è costruito un
personaggio, ha un ottimo marketing. Cosa cambia? La gente tanto
leggerebbe Volo anche se scrivesse un intero libro sulla sua cacca
(cosa che in effetti, a tratti, già fa), ci sarebbero comunque
centinaia di appassionate/i alle sue presentazioni perché la gente
ama Fabio Volo, la sua faccia da bambino, il suo modo di essere
eterno fanciullo. È logico che Volo se lo tiene stretto quel
personaggio. Il problema non sono Volo o Faletti o il signor Bianchi.
Il problema è che ci hanno dato in pasto una cultura di massa
pensando che siamo degli idioti, abbassando la qualità del prodotto
perché pensano che non siamo in grado di digerire libri
intelligenti, che abbiamo bisogno di certezze anche quando leggiamo
un libro o guardiamo un film e guai ad allontanarsi dagli stereotipi
e dalle certezze. Questo critico, critico un mondo che spaccia per
cultura quel che cultura non è e getta fango addosso a chi si
oppone.
Ve lo avevo promesso che non avrei
parlato di Volo.