venerdì 29 novembre 2013

Sito bugiardo



“Sto cercando il libro…”
“Mi spiace non lo abbiamo.”
“Ma il vostro sito dice che lo avete.”
“I libri che vede on line sono quelli che si possono comprare via web, non è detto che le giacenze corrispondano con quelle della libreria. Se vuole possiamo vedere se è disponibile da ordinare.”
Silenzio.
“Controllo?”
“Sì.”
Controllo e sul sito c’è scritto: Attualmente non disponibile.
“Mi spiace il libro non è disponibile neppure sul sito.”
“Sì ma sul sito compare!”
“Certo ma come vede non è disponibile.”
“E allora che glieli lasciano a fare sul sito se non sono disponibili?”
E se ne va arrabbiato.
Comincio a pensare che la tecnologia non porti un gran progresso…

giovedì 28 novembre 2013

Scrivere è come...

Dopo la (ormai) famosa frase: “Scrivere è come fare la pipì, devi farla da sola”
PROPONGO:
“Scrivere è come depilarsi, se non hai la crema adatta chi legge si irrita.”
“Scrivere è come schiacciarsi i brufoli, se non stai attento la pagina si riempie di pus.”
“Scrivere è come fare sesso, a volte è davvero meglio da soli.”
“Scrivere è come vomitare. A volte è cremoso a volte a tocchettini.”
“Scrivere è come andare in macchina, la sera, da solo, mentre percorri strade deserte e magari ti si rompe un fanale e tu sei lì tutto solo e non sai che cazzo fare e se poi buchi anche una ruota e ti ritrovi in una stradina di campagna e comincia pure a piovere e senti strani rumori provenire dal campo di grano... bé ma che sfiga però.”
“Scrivere è come fare la cacca. Se scrivi una stronzata... poi puzza.”

mercoledì 27 novembre 2013

Cliente che... 6

Cliente che entra in libreria e comincia a leggere ad alta voce tutti i nomi dei vari settori: FILOSOFIA, ATTUALITÀ, ECONOMIA, FILOSOFIA, ANTROPOLOGIA, STORIA, TEATRO, FUMETTI, CRITICA TEATRALE, CRITICA LETTERARIA...
Tutti, nessuno escluso. Poi gli chiedi se lo puoi aiutare e lui risponde di no, che da solo un'occhiata.
E poi ricomincia a leggere ad alta voce il nome dei settori: GIALLI, ROMANZI ROSA, CUCINA...

martedì 26 novembre 2013

Cliente che... 5

Cliente che viene ogni giorno il libreria, prende libri dai vari settori e poi li nasconde in diverse parti della libreria, in proposta davanti ad altri libri, su pilette di altri libri, ad altri piani. La cosa bella è che questo cliente non l'ho mai visto. So che esiste ma non ho idea di chi sia.
Evogliosapere:manonhaipropriouncazzodafarenellavita?

lunedì 25 novembre 2013

Le librerie ai tempi della "non" professionalità.



In ufficio trovo appeso un simpatico articolo comparso su Il sole 24 ore. Si tratta di un trafiletto su un’avventura in libreria. Un cliente entra e chiede le Enneadi (Oggi presenti sul mercato nelle edizioni Biblipolis  e Mondadori Meridiani, Bompiani al momento risulta non disponibile) e il commesso, timidamente, chiede “Mi fa lo spelling?”.
L’autrice o l’autore del pezzo ricorda i tempi in cui erano i clienti ad entrare intimoriti in libreria e a provare vergogna per la pronuncia errata degli autori e delle autrici stranieri/e. Conclude con una considerazione, che trovo veritiera e amarissima: “A quanto pare una politica accurata di selezione del capitale umano ha determinato in pochi anni una rivoluzionaria inversione dei ruoli”.
Qualcuno, nelle alte sfere (e parlo di librerie di catena ovviamente) a un certo punto ha deciso che “il capitale umano” non era più necessario. È passata l’idea, non solo in libreria, che dare adeguata formazione alle dipendenti e ai dipendenti sia un inutile spreco di tempo e risorse, che basta mettere tutto in ordine di autore/autrice e il/la cliente si serve  da solo/a.  Si è smesso di guardare alla professionalità, la professionalità è un costo non ammortizzabile, per la letteratura che entra oggi in libreria, avranno pensato, non occorre conoscere i classici, essere preparati, curiosi, magari aver fatto studi inerenti alla professione. Troppo spesso il libraio è un costo. Punto. Così come lo è l’operaio specializzato o chiunque abbia acquisito, nel corso del tempo, una professionalità. Forse hanno pensato che è un lavoro che chiunque può fare. Con poco rispetto, aggiungerei, anche per le clienti e i clienti che si aspettano di avere a che fare con personale preparato che conosca, almeno, i grandi testi della letteratura, della filosofia, della psicologia.
Qualcuno, poi, sta dicendo che “si stanno reinventando le librerie” . Per reinventare qualcosa occorre coraggio, occorre formazione, occorre conoscenza, occorre intelligenza, occorre  rispetto. Altrimenti non è reinventare. È distruggere. Non basta inserire una caffetteria, un ristorante, mettere i giochi o le tecnologie all’interno della libreria. Non si reinventa così. Questo è “trasformare”. Trasformare un luogo in cui la cultura, per anni, è stata al centro di un progetto in qualcosa che con la cultura ha poco a che fare. Un supermercato in cui si possa entrare e chiedere, senza esitazione, se vendiamo cuscini, coperte, borse per computer. E la maggior parte delle catene librarie, accanto alla pasta, alla frutta, al primo o al contorno, tiene anche le coperte e i cuscini.
Non ci stupiamo, quindi, se il commesso chiede  di fare lo spelling del titolo che dovrebbe conoscere. È solo l’ennesimo risultato di un mercato che fagocita ogni cosa, mastica rumorosamente e poi sputa senza apprezzare il sapore.
È questo che sono diventate le librerie (di catena). Non un luogo sacro in cui si entra per dimenticare il mondo di fuori ma un ennesimo luogo di consumo in cui il mondo di fuori non smette di guardare le lancette dell’orologio. Un luogo, tutto sommato, adatto all’uomo contemporaneo, iperconnesso, iperattivo, abituato a letture veloci, inconsistenti, take away, che non apprezza più il sapore della letteratura e che sempre più raramente riesce a fare le dovute “distinzioni”. Librerie che hanno poco a che fare con le librerie per letterature che poco hanno a che fare con la letteratura.

venerdì 22 novembre 2013

Non in mio nome!

Ve lo chiedo dal profondo del cuore, leggete QUI e, se siete d'accordo, diffondete sulle vostre pagine facebook o sui vostri blog. Mi ritrovo, mio malgrado, citato da Giovanardi in un articolo contro l'omogenitorialità. Spiego tutto sull'altro blog. Perdonatemi se oggi parlo di questo ma non permetterò a nessuno di usare strumentalmente la mia voce contro le sorelle e i fratelli omosessuali.
Marino Buzzi

giovedì 21 novembre 2013

Volevo solo fare il libraio

“Ciao potresti darmi qualche consiglio?”
“Certo dimmi pure.”
“Ecco vorrei delle cuffiette per Ipod, ho visto che ne avete diverse in vendita.”
Sì, ne abbiamo diverse, abbiamo diverse cose tecnologiche, a dire il vero, ora sono arrivati anche i giochi per xbox, sono accanto ai giochi per bambini e a quelli di società nelle pareti che prima erano dedicate ai libri.
“Ehm... sì tutti i modelli sono esposti...”
“Sì ma volevo qualche informazione, per esempio vorrei sapere se vanno bene al mio Ipod.”
“Sulla confezione dovrebbe esserci scritto, vediamo...”
“Ah bello e quello cos'è?”
“Ehm... questo è... un diffusore di musica (?!)”
Altra cliente nel frattempo
“Mi scusi quando ha finito con la signorina vorrei qualche consiglio su un gioco da regalare.”
“Ah un gioco, certo, arrivo....”
“Uh ma che belle queste cose, e questo cos'è?”
“Un portachiavi, se batti le mani emette un rumore così sai sempre dove sono le chiavi....”
Intanto l'altra cliente:
“Ma avete anche giochi per Xbox?”
“Sì signora.”
“E lei quale mi consiglia?”
Le due clienti mi guardano, il mio sguardo implora pietà.
Ma che ne so io dei giochi per Xbox? Che ne so delle cuffiette e degli ipod?
Nessuno mi chiede un consiglio su un saggio o un romanzo?
Ora lo capite perché sono così arrabbiato quando qualcuno mi parla di “trovare l'autore da 100.000 copie”?
Io volevo solo fare il libraio.


martedì 19 novembre 2013

Non parlerò di Masterpiece!



E così lo snobismo culturale approda sul web.
Ed è semplice da dire perché, come per ogni cosa ormai, se si investe tanto su un prodotto, in questo caso un format televisivo di cui nessuno sentiva la necessità, non si può dire che il format fa schifo.
Io non ho visto Masterpiece, non l’ho visto perché sono andato alla presentazione di un libro e poi al cinema a vedere un film che sostiene la stessa cosa che alcuni sostengono della letteratura. Il cinema è morto. Ma questo è un altro discorso. Non l’ho visto, dicevo, perché sono un fottutissimo snob e buonanotte al secchio. Me lo dico da solo, così non me lo deve dire nessun altro. Apro Twitter e leggo la cascata di critiche al programma. Diciamocelo, eravamo tutti lì ad aspettare Masterpiece al varco per poter dire che schifo e in effetti le aspettative, per una volta, non sono state tradite.
Mi sono andato a rivedere alcuni pezzi e sono d’accordo con chi sostiene che di letteratura qui non ce n’è, ci sono casi umani, come in tutti i talent, con l’unica differenza che nel mondo della musica la voce la senti subito, nella letteratura è impossibile capire in 30 minuti se chi hai davanti ha talento o meno. Ma non mi interessa parlare del Talent, si è detto di tutto e di più. Ancora una volta mi interessa parlare della supponenza di chi ha il “potere”. Qualcuno sulla Stampa sostiene che Masterpiece ha violato il “sacro recinto” della letteratura dimenticando che di sacro, in letteratura, non è rimasto proprio niente e che non c’era bisogno di sdoganare la letteratura in TV, basta la pessima letteratura che arriva in libreria.
La cosa che mi fa impazzire è che alcuni personaggi, tipo Severgnini, devono per forza difendere un prodotto che è, dal mio punto di vista, ovvio, non solo scadente ma anche ridicolo. Infatti su Twitter, social preferito per il format, Severgnini scrive: “Masterpiece è televisione che prova a fare qualcosa di diverso. Evitare snobismi paraintellettuali, please”.
Qualcosa di diverso? Mettere in un’arena persone che fanno a gara per arrivare in finale snocciolandoci le tristezze della propria esistenza è qualcosa di diverso? Ma cosa sappiamo di questa gente a parte i problemi di anoressia o quelli con la legge o che so io? Che libri leggono? Quale idea di letteratura hanno? E quale idea di letteratura ha, a questo punto, Severgnini? E dire che un programma brutto come Masterpiece è brutto significa essere snob o “paraintellettuali” (?????). Quindi, ricapitolando, dire che Volo non sa scrivere è essere snob, dire che certe case editrici puntano su prodotti esclusivamente commerciali è da snob, sostenere che Masterpiece fa schifo è da snob! Cavoli allora Twitter è un covo di terribili snob viste le reazioni indignate al reality (chiamatelo come volete questo è).
Non esiste che qualcuno ragioni con la propria testa e sostenga che questa roba fa schifo, vero?
Altro esempio.
Leggo, sempre su Twitter altri che dicono più o meno: “Magari chi critica questo programma poi non legge più di 4 libri l’anno”.
Bene allora chi ha il diritto di avanzare dei dubbi? Io che i libri li vendo e che leggo una media di 3 libri a settimana posso avanzare i miei dubbi? Posso dire che la letteratura non si fa così? Posso dire che stanno appiattendo tutto? Riducendo a sterco tutto ciò che di bello c’è? Posso dire che la letteratura, le case editrici, le librerie non si salvano con un Masterpiece che sembra masterchef?
Posso dire, soprattutto, che è riduttivo dare degli snob a chi si oppone a questo sfacelo?
Mi dispiace, o somme voci del mondo della cultura, forse sarebbe il caso di farsi un esamino di coscienza.
Questa non è cultura.

lunedì 18 novembre 2013

Non parlerò di Fabio Volo!

Non parlerò di Fabio Volo. Non lo farò perché non ho letto il suo ultimo libro, perché la diatriba Volo sì Volo no mi annoia da morire, perché il mondo letterario è pieno di scrittori e scrittrici che sono riconosciuti tali negli ambienti culturali ma che, in realtà, anche se non fanno errori grammaticali, sono di una pesantezza e di un vuoto incredibile. Non lo farò perché in questo paese se sei uno scrittore emergente o uno scrittore che non vende milioni di copie e ti permetti di criticare uno scrittore famoso vieni immediatamente etichettato come geloso o peggio. Non parlerò di Volo, dicevo, ma di quel che sta intorno a lui sì. Innanzitutto vorrei sfatare il mito dei best seller che “salvano” le librerie. Vero che vendere tante copie di un libro fa comodo a tutti, compresi noi librai, ma le librerie stanno in piedi grazie al catalogo, grazie alle vendite singole. Se dovessimo aspettare il best seller per vendere staremmo freschi. Un libro è considerato un successo se vende già 3000 copie (forse anche meno) è un best seller se arriva a 10.000, molte case editrici pubblicano meno di mille copie dei libri dei personaggi non famosi. Quindi no, non è vero che campiamo grazie a Volo & Co. Certo non sputiamo sulle copie vendute ma dovete considerare che le 28000 copie vendute da Volo nella prima settimana non è che le ha vendute in dieci librerie. Metteteci anche che molti i libri li comprano on line. È logico invece che chi ha autori che vendono ha anche maggiori occasioni di piazzare in libreria altri autori del catalogo che magari vendono meno e magari riescono anche ad avere migliori condizioni economiche. Ma le librerie non campano grazie ai dieci titoli in classifica, campano grazie alla bibliodiversità, grazie alle tante case editrici, grazie alla copia, alle due copie, alle tre copie. Se potessi mostrarvi i tabulati delle vendite (e non posso) vi rendereste conto che i best seller incidono molto meno di quel che si può pensare.
Non parlerò di Volo, dicevo, e non parlerò di chi lo legge. O di chi legge le 50 sfumature. O di chi legge Ti prego lasciati odiare. O di chi legge Falli soffrire. Non lo farò perché viviamo, per fortuna, in democrazia e ognuno legge quel diavolo che vuole. Libero arbitrio.
Parlerò invece di coloro che si spacciano per intellettuali e poi definiscono Faletti uno dei più grandi scrittori esistenti. Prendo come riferimento il bel saggio (rigoroso e divertente se vi capita leggetelo) di Pippo Russo, L' importo della ferita e altre storie. Edizioni Clichy (400 pagine 15 euro). Pippo affronta i testi che legge in modo quasi anatomico, non giudica gli autori e le autrici, giudica i testi. E, mi spiace dirlo, i testi che prende in considerazione non sono solo, spesso, libri privi di idee e noiosi, sono anche libri scritti male.
Per lo stesso principio che ognuno è libero di leggere quel che vuole ribadisco il concetto, ognuno di noi è libero di leggere anche un brutto libro. Magari scritto anche male. Ma quando mi capita, io, lettore, mi arrabbio. E la mia rabbia sale se ho comprato quel libro perché ho letto la critica estremamente positiva del critico o dell'intellettuale universalmente riconosciuto come tale.
Da ingenuo quale sono penso, semplicemente, che chi opera nel mondo culturale, chi fa critica, per esempio, dovrebbe lavorare per alzare il livello culturale del paese e non dovrebbe, come invece spesso accade per interesse personale, appiattirsi sul livello del marketing.
Mi spiego meglio.
Il premio Bancarella è un premio nato nel 1953 e nasce dalla tradizione dei librai lunigianesi che caratterizza la storia dell’emigrazione lunigianese. È un premio importante, quindi, anche se è un premio che premia chi vende di più e quindi un elogio al mercato. Bene, benissimo. Se partiamo da questo dato io potrei pubblicare le pagine gialle, comprarmi spot televisivi, spazi sui giornali, vetrine, affidarmi ai geni del marketing per vendere. Una volta raggiunto il mio obiettivo, diciamo che mi va bene e vendo 500000 copie del mio libro/pagine gialle merito il Bancarella? Ma che metro di giudizio è? Perché dare il premio a un libro come Ti prego lasciati odiare? (L'autrice non se la prenda non è un attacco personale nei suoi confronti, mi serve come esempio). Volete davvero dirmi che fra i testi che hanno stravenduto nessuno meritava il premio più di questo libro?
Scusate ma io continuo a pensare che ci sia qualcosa che non va. Non va quando leggo recensioni idilliache di libri assolutamente inutili, o quando si esaltano personaggi mediocri che non sanno scrivere a “miglior scrittore” degli ultimi anni.
Un libro può piacere o meno ma ci sono delle regole che non dovrebbero essere mai ignorate. L'uso corretto della lingua, per esempio. O della grammatica. E la qualità, perdonatemi, del testo.
Io non mi stancherò mai di dirlo: ognuno legga ciò che vuole. Ma quello letterario ormai è un mondo che andrebbe rivisto sin dalle basi. Un critico letterario che viene pagato dalla casa editrice del libro che sta per recensire non può fare una critica obiettiva. Chi scrive di amici o colleghi raramente fa una critica obiettiva. Io chiedo onestà intellettuale. Si dica “L'autore X vende!” non perché è il miglior scrittore d'Italia ma perché alle spalle ha basi solide, si è costruito un personaggio, ha un ottimo marketing. Cosa cambia? La gente tanto leggerebbe Volo anche se scrivesse un intero libro sulla sua cacca (cosa che in effetti, a tratti, già fa), ci sarebbero comunque centinaia di appassionate/i alle sue presentazioni perché la gente ama Fabio Volo, la sua faccia da bambino, il suo modo di essere eterno fanciullo. È logico che Volo se lo tiene stretto quel personaggio. Il problema non sono Volo o Faletti o il signor Bianchi. Il problema è che ci hanno dato in pasto una cultura di massa pensando che siamo degli idioti, abbassando la qualità del prodotto perché pensano che non siamo in grado di digerire libri intelligenti, che abbiamo bisogno di certezze anche quando leggiamo un libro o guardiamo un film e guai ad allontanarsi dagli stereotipi e dalle certezze. Questo critico, critico un mondo che spaccia per cultura quel che cultura non è e getta fango addosso a chi si oppone.
Ve lo avevo promesso che non avrei parlato di Volo.

giovedì 14 novembre 2013

Piccolo uomo

Vi chiedo scusa, questo post non parlerà di libri e librerie, parlerà del libraio e dell'uomo che sono e di quello che vorrei essere. Sono le 3.29 del mattino, ho trascorso una bella serata in compagnia di un amico che amo e stimo moltissimo, siamo andati insieme in uno dei luoghi che ha dato i natali alla nostra “rinascita”, lo stesso posto in cui ho conosciuto il mio compagno (conservo ancora i vestiti che indossavo quella sera). Ho trascorso una bella serata, dicevo, in compagnia di una persona che, come me, ha avuto tardi il coraggio di essere se stesso. Ci siamo rifatti, abbiamo vissuto quell'adolescenza che ci era stata negata a 26 anni. Sono stati anni intensi, io, Lore e Pier a girare per locali, in macchina a macinare chilometri, sempre noi tre pronti a supportarci, a farci coraggio, con i progetti che partivano già dal lunedì mattina quando arrivavamo al lavoro assonnati per le ore piccole che avevamo fatto la sera precedente. Una bella serata, dicevo, anche se nel frattempo tutto è cambiato: abbiamo perso persone, ne abbiamo conosciute altre, ci siamo illusi, innamorati, abbiamo passato momenti tristi ed altri allegri. Come tutti del resto. Quando mi sono messo in macchina per tornare a casa dal mio compagno e dalla mia gatta che dorme sul divano, ho cominciato a pensare a quel che era la mia vita e a quel che è diventata. Volevo smettere di fare il cuoco e ho smesso. Volevo diventare libraio e lo sono diventato. Volevo scrivere e ho pubblicato due libri. Però, alla fine, il risultato non è mai stato quello sperato. E lungi da me il voler lamentarmi soprattutto in un momento così difficile per tutti. Sono momenti e io i momenti li voglio cogliere, scrivo come se scattassi delle fotografie, per immortalare uno stato d'animo. È quello che sto facendo ora e vi chiedo ancora scusa se vi sto annoiando.
Ho cominciato una dieta. Niente di particolare, sono alto 175 cm e peso 66 kg, non si può certo dire sia grasso. Avrei potuto fare attività fisica ma ho sentito il bisogno di mettermi a dieta. Per non pensare ad altro, forse. Per darmi delle regole. Per dimostrare a me stesso che posso farcela. Tutto questo insieme. O forse solo per la sensazione che perdere peso ti dà, quella di svanire. Ci penso, lo ammetto, a diventare invisibile. È uno strano desiderio quello di esistere senza che nessuno ti noti. È, a dire il vero,anche un disperato bisogno di essere visto, altrimenti non ne parlerei in un blog, starei zitto, chiuderei tutti i miei profili, smetterei di scrivere e sparirei.
Scrivere mi fa sentire bene. Attraverso la scrittura io riesco a ragionare. Riesco a dare un senso alle cose e alla vita. Il vero problema è che ho investito la mia felicità su questo sogno. I sogni sono bellissimi quando rimangono tali. Spesso, però, quando si realizzano mostrano il lato “veritiero” della storia e allora perdono il proprio potere. Chi vuole sapere com'è la vita di Biancaneve dopo che ha sposato il principe? Nessuno la vuole vedere litigare per i calzini sporchi o per le stoviglie da lavare o per i tradimenti di lui. Io mi sono attaccato a questo sogno con tutto me stesso, per mille e più motivi, principalmente per non morire. Ho avuto bisogno di questo sogno per tirarmi fuori dalla palude in cui ero, per sconfiggere i miei demoni e le mie paure. Ogni libro che ho letto mi è servito a capire qualcosa, mi ha aiutato a diventare un uomo. Eppure ora sono qui a darmi dello stupido per aver investito così tanto sul mio sogno. Perché, dopotutto, è solo un fottutissimo sogno e se penso ai momenti in cui sono stato davvero felice vedo la nascita di mia nipote Cecilia e le serate trascorse a parlare di tutto e di niente con Debora e Elena o le scorribande notturne con Lorenzo e Pier o la prima volta che ho visto Ségolène dormire sul divano, o i momenti trascorsi in famiglia. O quel bacio che mi ha strappato l'anima e non me l'ha più restituita. E ci sono tante cose che vorrei fare. Vorrei sposarmi, per esempio. Vorrei farmi accompagnare davanti al sindaco da mio padre e vorrei avere attorno le persone che amo in quel momento. Vorrei passare un periodo lunghissimo a Parigi. E vorrei finire di ristrutturare casa. Sono cose che, probabilmente, prima di morire riuscirò a fare. Ma quel sogno, quel piccolo sogno bastardo che mi avvelena la vita è sempre lì. E non è mai abbastanza perché una volta raggiunto l'obiettivo ecco che il bisogno di fare meglio si fa spazio in me. Ogni volta che raggiungo un piccolo obiettivo sto già pensando al successivo. E così non mi godo l'attimo, non trovo quella felicità che cerco. E poi mi guardo ancora dentro e vedo quanto sono imperfetto, arrogante, fragile, pieno di paure e mi dico che diventare adulti è anche trovare il coraggio di capire che forse il tuo sogno rimarrà tale. Che forse il tuo momento non arriverà mai. Non permetterò a me stesso di diventare una persona cinica e arida, invidiosa e triste. Ero felice quando ho pubblicato il primo libro, ero felice quando ho pubblicato il mio secondo libro. Ma lo ero perché sapevo di poter condividere quella felicità con tutte le persone che amo.
E non permetterò al mio sogno di togliermi questo, di farmi perdere i momenti di gioia con gli altri.
Ci riscriviamo e rileggiamo lunedì, il tempo di smaltire tutta questa allegria.

martedì 12 novembre 2013

Amazon, l'editoria italiana, il marketing e Il nulla.

Ne hanno già parlato in tanti, ne parlo anch'io perché in questa storia sono presenti tutte le contraddizioni del mondo del libro. La storia è presto detta, Luca Fadda pubblica un libro, utilizzando il self publishing, dal titolo Il nulla e lo lancia in promozione gratuita su Amazon (dettagli QUI). Il libro scala le classifiche nel giro di pochi giorni. Ip, ip urrà per il Self Publishing, vi vedo già tutte/i lì con il ditino puntato contro di me che mi dite: “Vedi? Maledetto libraio criticone? Vedi che è possibile farcela anche con il Self Publishing?”.
In realtà Il nulla è composto da 345 pagine bianche, Avete capito bene. Ora io non conosco Luca Fadda ma già lo adoro. Gli voglio davvero un gran bene perché ha dimostrato almeno un paio di cose, facciamo tre: la prima è che nessuno controlla, non solo la qualità, ma neppure la forma dei libri che si sponsorizzano su Amazon. E come farebbero del resto? Sono migliaia i testi auto pubblicati in cerca di notorietà (recente anche lo scandalo dei libri a luci rosse poi rimossi). Il secondo è che l'intraprendenza paga. Pubblichi il tuo libro e lo spammi su tutti i siti, prima o poi qualcuno abbocca. La terza cosa, e dal mio punto di vista più importante, è che sono bastati 250 click per far arrivare il libro al primo posto. Questa cosa non funziona solo per il SP. Nella nostra simpatica classifica interna al primo posto (a parte rari casi: vedi Saviano, Camilleri o il Volo quotidiano) speso ai primi posti ci sono libri che hanno venduto dieci o quindici copie. Insomma questo per dire che nell'attuale mondo editoriale tutto è lecito. Diventa sempre più difficile capire se i dati relativi alle vendite sono reali o farlocchi. Tutti hanno una bella fascetta che parla di vendite enormi ma la verità è che a nessuno interessa capire se le vendite sono reali o no. Tempo fa, leggendo un quotidiano locale, davano la notizia di un libro che era balzato ai primi posti delle classifiche a pochi giorni dalla pubblicazione. Poi andavi a vedere la classifica e il libro era sì fra i primi 100 (cosa lodevolissima) ma ben lontano dai primi posti (oltre il settantesimo posto). Evidentemente la casa editrice aveva mandato in giro un comunicato stampa fasullo e il/la giornalista non si era neppure preso/a il disturbo di controllare.
È una questione di onestà intellettuale. Se abbiamo giornalisti che fanno il gioco dei potenti di turno, recensori che prendono soldi per recensire, blogger che accettano gadget dalle case editrici alla fine come si fa ad avere risultati imparziali e obiettivi?
È un castello di carte che tutti spacciano per cemento armato. Mi chiedo quando arriverà una folata di vento abbastanza forte da far volare via tutto.

lunedì 11 novembre 2013

Cliente che... 4

Cliente che: "Sono sicura che è un'autrice Indiana" e dopo infinite ricerche viene fuori che l'autrice è Palestinese.
Signoraunripassinodigeografianonfarebbemale!

venerdì 8 novembre 2013

Cliente che... 3

Cliente che entra in libreria, scende le scale, ti guarda e ti chiede dov'è un'altra libreria.
Eaquelpuntochetelodicoafarechepurenoivendiamoilibri?

giovedì 7 novembre 2013

Cliente che.... 2

Cliente che alle 9 del mattino scende le scale urlando: "Non c'è nessuno qui? Nessuno a cui chiedere?" e tu sei lì davanti e lo guardi con aria basita e rassegnata e lui ti gira intorno continuando ad urlare e a un certo punto gli batti un dito sulla spalla e gli dici: "Signore sono qui!" e lui ti guarda incavolato sostenendo che prima non c'eri!
Masepropriodevosceglierenonvoglioesserel'uomoinvisibile,voglioessereWonderWoman!

mercoledì 6 novembre 2013

Cliente che.... 1

Cliente che ti chiede se hai un libro, gli rispondi che non ce l'hai ma lo puoi procurare in tempi brevi. Lui ti chiede se sei sicuro di non averlo e tu gli rispondi che, sì, sei sicuro ma lui te lo chiede un'altra volta!
Inrealtànontelovogliodareperchémistaiantipatico!

martedì 5 novembre 2013

Quel che resta

Mentre mi passano fra le mani libri di Burroughs, Harper Lee, Capote, Pasolini mi rendo conto di come il mercato del libro sia cambiato. Me lo ripeto ogni giorno ma non ne ho una vera percezione. Oggi probabilmente nessuno investirebbe su Ginsberg, molte case editrici cercano prodotti spendibili, culturalmente digeribili. Ma credo anche che siano sempre meno gli autori disposti a investire su se stessi e sul proprio lavoro. Chi ha voglia di perdere cinque o sei anni della propria vita a scrivere un libro per poi vederlo sparire dalle librerie nel giro di due mesi? Chi se la sente di investire tanto per poi vedersi fagocitati da un mercato che premia quasi esclusivamente chi alle spalle ha una casa editrice forte nel marketing e abbastanza potente da piazzare il libro in concorsi e vetrine? Molto meglio puntare su un libro pronto in qualche mese, dopotutto l'attimo da cogliere è più veloce della luce e se lo perdi sei fottuto. Così ecco che anche nella saggistica aumentano i casi di Instant book mentre nella narrativa abbondano quelli che io definisco “libri Take Away”. C'è però da considerare anche un altro aspetto. Quali sono i libri che alla fine restano? Anche se il mondo del libro è in caduta libera, anche se l'editoria si arrampica sugli specchi e le librerie precipitano nel caos, alla fine, quali sono le autrici e gli autori che ricordate? Quante autrici e quanti autori italiane/i, per esempio, pubblicate/i negli ultimi 10 anni rimarranno nella storia della letteratura? I grandi best seller, da Hunger Games alle 50 sfumature, dai vari amori Newtoniani ai frati incappucciati rimarranno? Io se penso ad autori recenti faccio fatica ad individuare degli italiani. Mi vengono in mente i “grandi”: Eco? Fa già praticamente parte della storia mi pare anche se è il suo mito ad avere la meglio. Baricco? La Maraini? Certo resteranno. Ma se scendiamo sotto i quaranta? Qual è la formazione degli autori e delle autrici di oggi? Quanto investono sulla letteratura e sulla scrittura?
Insomma non sono ancora riuscito a trovare un nuovo McEwan, un McCarthy, un Murakami giusto per citare alcuni degli autori che secondo me meritano un posto nella storia. E con questo non voglio dire che non ci siano giovani autori meritevoli. Voglio dire che forse il sistema impazzito dell'editoria li mastica e poi li sputa senza apprezzarne il sapore.

lunedì 4 novembre 2013

Meglio specificare



“Quanto costa questo gioco?”
“Vediamo… 139.”
“Quanto?”
“Ehm… 139…”
“Sì ma 139 che cosa?”
Patate signore! 139 patate! Se ci aggiunge 2 cipolle le do anche il manuale d’istruzioni!

venerdì 1 novembre 2013

Halloween

“Libreria.... buongiorno sono Marino.”
“Sì buongiorno vorrei iscrivere mia figlia all'iniziativa Lego.”
“Mi spiace signore i posti sono esauriti, se vuole facciamo un'altra iniziativa ad Halloween.”
“Noi siamo contrari a questo genere di feste, non rispettano le nostre tradizioni!”
“Comprendo, comunque facciamo letture e intrattenimento, nulla di più.”
“Sì ma è contro al cultura cristiana lo capisce o no?”
“Sì... comprendo... buona giornata...”
“Non dovreste fare certe iniziative.”
“Sì.... ehm... buona giornata.”
“Certe cose che fanno perdere le nostre radici!”
Tesoro prova a lasciare le molliche di pane lungo la via... magari poi le radici le ritrovi!