lunedì 18 novembre 2013

Non parlerò di Fabio Volo!

Non parlerò di Fabio Volo. Non lo farò perché non ho letto il suo ultimo libro, perché la diatriba Volo sì Volo no mi annoia da morire, perché il mondo letterario è pieno di scrittori e scrittrici che sono riconosciuti tali negli ambienti culturali ma che, in realtà, anche se non fanno errori grammaticali, sono di una pesantezza e di un vuoto incredibile. Non lo farò perché in questo paese se sei uno scrittore emergente o uno scrittore che non vende milioni di copie e ti permetti di criticare uno scrittore famoso vieni immediatamente etichettato come geloso o peggio. Non parlerò di Volo, dicevo, ma di quel che sta intorno a lui sì. Innanzitutto vorrei sfatare il mito dei best seller che “salvano” le librerie. Vero che vendere tante copie di un libro fa comodo a tutti, compresi noi librai, ma le librerie stanno in piedi grazie al catalogo, grazie alle vendite singole. Se dovessimo aspettare il best seller per vendere staremmo freschi. Un libro è considerato un successo se vende già 3000 copie (forse anche meno) è un best seller se arriva a 10.000, molte case editrici pubblicano meno di mille copie dei libri dei personaggi non famosi. Quindi no, non è vero che campiamo grazie a Volo & Co. Certo non sputiamo sulle copie vendute ma dovete considerare che le 28000 copie vendute da Volo nella prima settimana non è che le ha vendute in dieci librerie. Metteteci anche che molti i libri li comprano on line. È logico invece che chi ha autori che vendono ha anche maggiori occasioni di piazzare in libreria altri autori del catalogo che magari vendono meno e magari riescono anche ad avere migliori condizioni economiche. Ma le librerie non campano grazie ai dieci titoli in classifica, campano grazie alla bibliodiversità, grazie alle tante case editrici, grazie alla copia, alle due copie, alle tre copie. Se potessi mostrarvi i tabulati delle vendite (e non posso) vi rendereste conto che i best seller incidono molto meno di quel che si può pensare.
Non parlerò di Volo, dicevo, e non parlerò di chi lo legge. O di chi legge le 50 sfumature. O di chi legge Ti prego lasciati odiare. O di chi legge Falli soffrire. Non lo farò perché viviamo, per fortuna, in democrazia e ognuno legge quel diavolo che vuole. Libero arbitrio.
Parlerò invece di coloro che si spacciano per intellettuali e poi definiscono Faletti uno dei più grandi scrittori esistenti. Prendo come riferimento il bel saggio (rigoroso e divertente se vi capita leggetelo) di Pippo Russo, L' importo della ferita e altre storie. Edizioni Clichy (400 pagine 15 euro). Pippo affronta i testi che legge in modo quasi anatomico, non giudica gli autori e le autrici, giudica i testi. E, mi spiace dirlo, i testi che prende in considerazione non sono solo, spesso, libri privi di idee e noiosi, sono anche libri scritti male.
Per lo stesso principio che ognuno è libero di leggere quel che vuole ribadisco il concetto, ognuno di noi è libero di leggere anche un brutto libro. Magari scritto anche male. Ma quando mi capita, io, lettore, mi arrabbio. E la mia rabbia sale se ho comprato quel libro perché ho letto la critica estremamente positiva del critico o dell'intellettuale universalmente riconosciuto come tale.
Da ingenuo quale sono penso, semplicemente, che chi opera nel mondo culturale, chi fa critica, per esempio, dovrebbe lavorare per alzare il livello culturale del paese e non dovrebbe, come invece spesso accade per interesse personale, appiattirsi sul livello del marketing.
Mi spiego meglio.
Il premio Bancarella è un premio nato nel 1953 e nasce dalla tradizione dei librai lunigianesi che caratterizza la storia dell’emigrazione lunigianese. È un premio importante, quindi, anche se è un premio che premia chi vende di più e quindi un elogio al mercato. Bene, benissimo. Se partiamo da questo dato io potrei pubblicare le pagine gialle, comprarmi spot televisivi, spazi sui giornali, vetrine, affidarmi ai geni del marketing per vendere. Una volta raggiunto il mio obiettivo, diciamo che mi va bene e vendo 500000 copie del mio libro/pagine gialle merito il Bancarella? Ma che metro di giudizio è? Perché dare il premio a un libro come Ti prego lasciati odiare? (L'autrice non se la prenda non è un attacco personale nei suoi confronti, mi serve come esempio). Volete davvero dirmi che fra i testi che hanno stravenduto nessuno meritava il premio più di questo libro?
Scusate ma io continuo a pensare che ci sia qualcosa che non va. Non va quando leggo recensioni idilliache di libri assolutamente inutili, o quando si esaltano personaggi mediocri che non sanno scrivere a “miglior scrittore” degli ultimi anni.
Un libro può piacere o meno ma ci sono delle regole che non dovrebbero essere mai ignorate. L'uso corretto della lingua, per esempio. O della grammatica. E la qualità, perdonatemi, del testo.
Io non mi stancherò mai di dirlo: ognuno legga ciò che vuole. Ma quello letterario ormai è un mondo che andrebbe rivisto sin dalle basi. Un critico letterario che viene pagato dalla casa editrice del libro che sta per recensire non può fare una critica obiettiva. Chi scrive di amici o colleghi raramente fa una critica obiettiva. Io chiedo onestà intellettuale. Si dica “L'autore X vende!” non perché è il miglior scrittore d'Italia ma perché alle spalle ha basi solide, si è costruito un personaggio, ha un ottimo marketing. Cosa cambia? La gente tanto leggerebbe Volo anche se scrivesse un intero libro sulla sua cacca (cosa che in effetti, a tratti, già fa), ci sarebbero comunque centinaia di appassionate/i alle sue presentazioni perché la gente ama Fabio Volo, la sua faccia da bambino, il suo modo di essere eterno fanciullo. È logico che Volo se lo tiene stretto quel personaggio. Il problema non sono Volo o Faletti o il signor Bianchi. Il problema è che ci hanno dato in pasto una cultura di massa pensando che siamo degli idioti, abbassando la qualità del prodotto perché pensano che non siamo in grado di digerire libri intelligenti, che abbiamo bisogno di certezze anche quando leggiamo un libro o guardiamo un film e guai ad allontanarsi dagli stereotipi e dalle certezze. Questo critico, critico un mondo che spaccia per cultura quel che cultura non è e getta fango addosso a chi si oppone.
Ve lo avevo promesso che non avrei parlato di Volo.

18 commenti:

  1. Il problema è che ci hanno dato in pasto una cultura di massa pensando che siamo degli idioti, abbassando la qualità del prodotto perché pensano che non siamo in grado di digerire libri intelligenti, che abbiamo bisogno di certezze anche quando leggiamo un libro o guardiamo un film e guai ad allontanarsi dagli stereotipi e dalle certezze. Questo critico, critico un mondo che spaccia per cultura quel che cultura non è e getta fango addosso a chi si oppone.

    Questa la incornicio.

    Puntuale come sempre. Purtroppo.

    minty

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  2. Sono d'accordo con te su quasi tutto, tranne che quando dici ci hanno dato in pasto una cultura di massa pensando che siamo degli idioti...purtroppo vedi, quel pasto avremmo potuto rifiutarlo, invece è stato mangiato e digerito, tanto da diventarne dipendenti. E ci sarà sempre un Volo o un Faletti dietro l'angolo, perché invece di aspirare alla crescita e a misurarci con chi ha qualcosa di importante da dire, preferiamo riconoscerci nella mediocrità, e gongolare pensando che infondo tutti possono fare qualunque cosa.

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  3. Tempo fa c'avevo scritto un post, sul fatto che di un testo, a parte un certo margine di errore, puoi comunque giudicare la qualità complessiva. Un sacco di gente diceva che no, son gusti. E io sono ancora qui con le braccia a terra. Che ci sarà sempre chi preferisce McDonalds, e magari a tutti viene voglia ogni tanto di un po' di cibo-spazzatura, ma non per questo bisogna farlo passare per roba da stelle Michelin. Eccheddiamine.
    Per tutto il tempo che sono stata in libreria, di Volo non ne abbiamo venduto neanche uno. Credo sia il tipo di libro che compra soprattutto chi non frequenta le librerie. Che magari lo vede al supermercato e bom, se gli piace fa bene a prenderlo. Sicuramente fa un gran bene a chi lo pubblica, almeno nell'immediato.
    Non so, negli ultimi anni - ultimi quanto? boh. - c'è stata questo strano tentativo di fondere la Cultura con la cultura popolare. Eccheccavolo, non è la stessa cosa. Perché si deve dire che La Traviata è uguale alla Pausini? Perché c'è chi si offende e deve subito dare dello snob? Mah. Non capisco proprio.

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    1. Beh, il punto è che La Traviata e r a veramente musica popolare. In una società analfabeta, peraltro, vendeva, eccome se vendeva. E vende ancora, nel suo genere.

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    2. La Traviata era musica conosciuta dal popolo , alcune arie di opere verdiane erano ben note in una precisa epoca storica, ma non era muscia popolare ;) Era alta musica, un'oprta d'arte, di cui ognuno accoglieva ciò che poteva al proprio livello: l'esperto di musica un certo tipo di profondità musicale, l'illetterato la piacevolezza e l'aspetto più emotivo, eccetera.

      Il popolare vende, ma la traviata e compagnia non erano i Fabio Volo e Premoli di allora. Magari oggi ci fosse letteratura che viene presa in mano come letteratura popolare e ognuno ne assimila ciò che è nelle proprie possibilità.

      Fermo restando che ognuno legge che vuole, la mia sensazione è che si cerca la cosa meno faticosa in assoluto. Si alimenta il proprio cervello con cose che nemmeno deve masticare.

      Leggy, in feltrinelli da me è al primo posto vendite, mentre nelle librerie indipendenti non è manco troppo esposto dai librai.

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  4. Nemmeno io parlerò di Fabio Volo, però voglio dire che nel mio supermercato il suo libro è stato collocato di fronte al reparto salumi e formaggi.
    Volevo cercare il direttore del punto vendita e dargli un bacio in fronte.
    Monica

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  5. a proposito, quanti De Carlo, De Cataldo e Selassiè (scommetto che qualcuno l'ha chiamata così) in più avete venduto oggi? :D

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  6. Giusto per non parlare di Volo... ci siamo dimenticati che è successa la stessa cosa con Moccia molti anni fa, con il famoso libro "Tre metri sopra il cielo". Ringrazio ancora il cielo di essermelo fatto prestare e di non averlo comprato, credo che mi sarei rimpianta i soldi spesi. Ma perché, quel libro era davvero scritto in italiano? No perché io qualche dubbio lo avrei.

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  7. Il commento appena scritto è scomparso nel web... Vabbè, asciugo: per contrastare questa invasione di cavallette perché non fai come l'anno scorso (mi sembra)? Qualche post con i consigli di lettura.

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  8. pero di Volo hai detto tantissimo :-) hai però detto una "roba" per me folgorante: librodiversità. trovo sia una sintesi perfetta, soprattutto dal punto di vista dell'editore e del libraio. la "diversità" è commercialmente vincente.
    Sante

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  9. Condivido pienamente. E' un problema di causa effetto: proponendo libri mediocri, si avranno lettori mediocri convinti, tuttavia, che il loro livello culturale sia alto. Così Volo, Faletti, Dan Brown, etc., che spopolano nelle vetrine e sulle pubblicità, diventano i migliori scrittori di sempre. La libreria, per quanto sia poetico immaginarla come un piccolo paradiso di felici lettori, è e rimane un'attività commerciale e se va in perdita fallisce, quindi è pure giusto che punti su quello che tutti vogliono. Quello che un buon libraio può fare per contrastare questa ascesa di volti noti e parole vuote, nel suo piccolo, l'ho visto accadere in una libreria di Roma: simpatici cartelli etichettavano libri, magari poco conosciuti, con frasi del tipo: 'Il libraio AMA questo libro', 'Questo libro è per chi...', etc. Un'idea molto simpatica, che distoglieva un po' l'attenzione dalla pila di Volo che c'era in un angolo.
    Complimenti per il tuo blog, l'ho scoperto oggi lo seguirò con molto piacere^^ (e poi, siamo un po' 'colleghi': anch'io ho pubblicato con Mursia!)

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  10. Il nome della rosa è scritto bene o male?

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    1. Non amo Eco ma è innegabile che sappia scrivere e trovo offensivo, sia per lui sia per i nuovi scrittori, i continui paragoni che qualcuno fa per lanciare il nuovo autore di turno.

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  11. Molto interessante quel che dici sulle vendite che tengono in vita le librerie. Pensi che sia così da sempre?

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  12. Sono assolutamente d'accordo con te.
    C'era una volta la cultura, ora esiste solo il marketing.
    B

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