Quando ero un ragazzino ero certo che
sarei morto a 25 anni, quindi sono piuttosto in ritardo sulla tabella
di marcia. La sensazione di essere in “ritardo”, del resto, non
mi ha mai abbandonato. In ritardo sulle mie scelte, sul mio modo di
essere, sulla mia consapevolezza. Perdonate la nota triste di oggi,
compio 38 anni e, nonostante io cerchi di essere sempre ironico, mi
risulta difficile farlo nel giorno del mio compleanno. È un difetto
che ho preso da mia madre, quello di essere triste in questo giorno, probabilmente l'ho ereditato insieme al caratteraccio e
all'intestino irritabile. Lei, mia madre, non lo ammetterebbe mai che
invecchiare la rende triste, ma io so che è così, abbiamo gli
stessi occhi e lo stesso naso, probabilmente ci assomigliamo più di
quel che entrambi siamo disposti ad ammettere.
Il giorno del compleanno, per quel che
mi riguarda almeno, è un giorno importante, è il giorno in cui sei
nato, un fatto unico e irripetibile. Siamo talmente presi dagli
impegni e dalla quotidianità che dimentichiamo, spesso, l'importanza
del celebrare questo giorno. Per quel che mi riguarda non ho bisogno
di fare grandi cose, è una giornata che dedico a me stesso e ai miei
affetti, nulla di più. Spesso, durante il giorno, scelgo di avere
qualche ora di solitudine per fare i conti con me stesso e con il mio
passato. Inevitabile, direi, tirare un po' di somme di quel che si è
ottenuto.
A dire il vero quel che mi preme di più
è capire “come” sono arrivato a 38 anni. La mia parte
“giovanile” me la sono bruciata lavorando, autocommiserandomi,
nascondendomi, avendo paura. Si può dire che abbia veramente
cominciato a vivere a 28 anni, periodo di profondi cambiamenti per me
ma anche di accettazione. Le cose hanno cominciato ad andare meglio,
ho avuto nuove opportunità lavorative, sociali, sentimentali, sono
uscito dal bozzolo e ho spiccato il volo riuscendo, tuttavia, a non
perdere di vista le persone che amo e che mi accompagnano da
moltissimo tempo. Eppure se c'è una cosa che mi manca della
giovinezza è il credere in qualcosa, l'opportunità di abbandonarsi
alle illusioni e ai sogni. Sei in quel periodo in cui la vita, per
quanto sotto alcuni aspetti già crudele, non è ancora riuscita a
farti sentire il proprio peso.
Oggi quel peso lo sento tutto, colpa
anche del mio carattere, sicuramente, non sono un ottimista a priori,
non mi piace piangermi addosso ma abbandonarsi alla riflessione
implica anche, inevitabilmente, vedere le cose da diverse
prospettive. Almeno per me significa questo.
La verità è che nella mia vita non
c'è nulla che non vada, anzi, dovrei essere una persona serena e
tranquilla. Invece non lo sono. E non lo sono, ovviamente, per colpa
mia. Quindi in me vivono due anime, quella che sostiene che sono un
ingrato, che ho realizzato tutti i punti principali della mia
esistenza, che dovrei essere felice di quello che ho e un'altra
anima, bastarda, che sostiene che avrei potuto ottenere quello che ho
sbattendomi un quarto di quello che ho fatto, questa parte mi dice
che ho buttato via tempo.
E, del resto, chi di noi non lo fa?
Da un po' di tempo a questa parte mi
chiedo quanto vale il nostro tempo? Cinque euro? Sei? Dieci? Passiamo
la nostra vita a produrre, vendere, acquistare. Abbiamo messo il
lavoro al centro della nostra esistenza, cresciamo in una società
che ci dice che se non siamo produttivi siamo inutili, ci sentiamo
tanto inutili da arrivare a considerare la nostra vita superflua se
ci sentiamo tagliati fuori dal sistema. Passi il tuo tempo a
prepararti per essere produttivo, a studiare, a cercare di far parte
del sistema, a cercare lavoro e, quando lo trovi, se lo trovi, a
produrre. Usi il risultati del tuo lavoro per acquistare oggetti, per
essere alla moda, per comprare tempo libero. Non siamo liberi, non
siamo padroni del nostro tempo. È un sistema così macchinosamente
complesso e degenerato che uscirne è quasi impossibile, puoi avere
l'illusione di non far parte del sistema ma, in realtà,
l'appartenenza sociale non ti abbandona mai. Vivi, semplicemente,
nella parte di società che la tua produttività ti consente di
avere: ricco, mediamente ricco, mediamente povero, povero,
disadattato. Passiamo il nostro tempo a farci la guerra, a
discriminarci, a imporre ragioni irragionevoli. E lo so che può
sembrare tutta una farneticazione ma è questo continuo pensare che
mi rende una persona infelice.
L'unico modo che ho per sopravvivere è
l'ironia. È sempre stato così. Avere la consapevolezza, costante,
di essere in trappola è un po' come avere la consapevolezza costante
che prima o poi morirai.
È angosciante.
Tornando al mio piccolo mondo mi rendo
conto dell'insopportabile atteggiamento che ho nei confronti della
vita. Ho lavorato (tanto), ho studiato (tanto) ho ottenuto i
risultati che mi ero preposto, eppure non sono felice.
Non è facile trovare persone da amare,
per esempio, un campo in cui mi sono sempre ritenuto fortunato è
quello dell'amicizia. Eppure, anche per l'amore, ho dovuto lavorare
su me stesso.
Ho sempre avuto una visione molto
romantica del rapporto amoroso, poi quando ti scontri con la realtà
ti rendi conto che il romanticismo, come tutto, è solo una fase.
Prima o poi subentra la quotidianità, ti devi confrontare con
l'altra persona, con i suoi difetti (e lui/lei con i tuoi), arrivano
(spesso) i tradimenti e ancora hai (ho) la sensazione di trovarti in
trappola e devi fare i conti con la paura, con la solitudine, con la
sensazione di aver subito un torto più profondo del semplice
tradimento fisico.
Abbandonare l'idea di romanticismo non
è stato facile per me, ho dovuto strapparmela di dosso. Gli uomini
non sono esseri perfetti, il tradimento fa parte della vita, non è
una giustificazione, è che a un certo punto metti sul tavolo le cose
belle e le cose brutte e se le cose belle sono più di quelle brutte
allora, forse, vale la pena cercare di accettare il fatto che siamo
esseri terribilmente imperfetti.
Senza girarci attorno, però, devo dire
che la parte che mi fa più male è quella legata alla letteratura.
Oggi mi rendo conto che ho investito troppo su un sogno, che mi sono,
in qualche modo, limitato a sopravvivere in nome della scrittura.
Puntare tutto sui sogni ha due aspetti negativi. Il primo è che,
ovviamente, non c'è nessuna certezza che il sogno si realizzerà. Il
secondo aspetto negativo è che, quando ti rendi conto di aver
puntato troppo su un cavallo perdente, rimangono le amarezze, le
delusioni e corri il rischio di diventare una persona arida.
Cosa che io non voglio fare perché mi
rendo conto che la vita è troppo breve per continuare a credere che
il mio sogno valga così tanto.
Si tratta, fra le altre cose, di un
sogno che ho realizzato.
Non posso smettere di scrivere e non
voglio farlo solo per me stesso. È questa la grande fregatura. Il
problema è che oggi devo confrontarmi con un mercato in caduta
libera. Proponi un libro e ti dicono che è troppo triste per i
lettori, che ci vuole qualcosa di allegro, che devi essere
spendibile, telegenico, che devi assecondare il mercato. Ti
propongono finali alternativi, storie commerciali, prendono il tuo
lavoro e lo trasformano. Ti trasformano. Se dici di no, in qualche
modo, sei fuori. Se ti va bene ti propongono di fare il ghostwriter.
Poi, certo, ci sono anche molti casi fortunati ma, facendo parte io
dell'infinita schiera dei “mai nati” (letterariamente parlando)
non li prendo in considerazione.
Ho pubblicato il primo libro e non sono
stato felice. Poi è arrivato il secondo e non mi ha reso felice.
Ogni volta che guardo il mio percorso professionale mi dico che ho
fatto tante cose. Ma non è mai abbastanza.
Ho già parlato di mio zio Leo. Aveva
un talento incredibile, il suo campo era quello delle arti visive:
quadri, istallazioni, sculture. Persona colta e amante della cultura
a 360°: cinema, teatro, musica, letteratura e molto altro. Era una
persona inquieta. Intellettualmente inquieta e questa inquietudine lo
aveva reso schiavo tanto che per sfuggirne era caduto in dipendenze
ben più gravi. Dipendenze che lo hanno portato alla morte.
Zio Leo per me è stato un esempio,
allo stesso modo, da seguire e da evitare. Anche io provo quella
costante inquietudine che cerco di esprimere attraverso la
letteratura. Fortunatamente il mio corpo non ha mai sopportato gli
eccessi, mi sono, probabilmente, salvato dalle dipendenze proprio
grazie alla mia scarsa resistenza al dolore.
La verità è che ho davvero paura di
aver investito troppo sul mio sogno. E forse non sono all'altezza
delle mie aspettative, o forse non ho abbastanza fortuna, o forse
tendo a demoralizzarmi troppo. Non importa. L'importante è che mi
sono reso conto che non ne vale la pensa quindi o trovo un modo
“diverso” di vivere la scrittura o lascio perdere e , anche se
questa cosa mi rende terribilmente infelice, penso che alla fine ne
varrà la pena.
Quando passi tutta la vita a lottare
per qualcosa ottenendo sempre poco è giusto mettersi in discussione.
E voglio rivedere anche il mio concetto di “lotta” perché, come
sapete, è tutta la vita che lotto anche per altri motivi, primo fra
tutti il mio diritto ad esistere, ad amare, ad avere dei diritti.
Quindi, amiche e amici, virtuali o
reali, perdonate questo lungo post pieno di autocommiserazione. Del
resto lo avevo anticipato che compiere gli anni non mi fa bene.
Marino
Caro Marino (posso dire caro?), lo dico perché ti sento vicino nella comune autocommiserazione. Ho quasi dieci anni meno di te, ma la sensazione è la stessa. Eppure qualche risposta penso di averla trovata, qualche piccolo lumino tremolante si è acceso, e cerco con tutte le mie forze di non dimenticarmene.
RispondiEliminaHo imparato che una cosa (un sogno, una persona, una situazione...) più la insegui, più scappa. Più, con la tua immaginazione, continui a collocarla nel futuro, e più dovrai faticare per averla nel presente. E più fatichi, e meno te la godi quando ce l'hai, e non ti basta mai.
No, non è bello vivere così, è pesante. Quando invece credo che la vita dovrebbe essere il più possibile una gioia, qualunque cosa uno cerchi dalla vita. Tanto poi moriamo, quindi perché rendersela inutilmente difficile? Arrivati alla fine, rimpiangeremo solo di non essere stati più felici e non aver fatto tante esperienze, non ci porteremo dietro i libri che abbiamo scritto, letto, la casa che abbiamo costruito, i bei mobili comprati, né i figli. Certo, sono cose magari necessarie, ma non sono noi. Noi siamo altro.
C'è chi, questa situazione, la spiega meglio di me. Lo so, è difficile da accettare: è un libro probabilmente nella sezione new age! Ma non ti far fuorviare, non ci sono angeli né roba strana; io l'ho trovato molto lucido e oggettivo, e anche vero se guardo la mia esperienza. Si chiama "un nuovo mondo" (o un mondo nuovo?) di Eckhart Tolle.
Sappimi dire... e buon compleanno!
Intanto auguri, che tu abbia qualcosa da festeggiare o no, te li faccio lo stesso. :)
RispondiEliminaHo sempre pensato che i sogni vadano inseguiti tenendo i piedi per terra e non scommettendo *tutto* su di essi.
Ho realizzato piuttosto presto che con la musica non sarei andato molto lontano non essendo nè particolarmente dotato, nè parecchio dedicato allo studio: per fortuna, da quando i Sex Pistols hanno sdoganato l'incapacità, anhce noi pippe con qualcosa da dire possiamo metter su un gruppo rock; inoltre, coi progressi della tecnologia, autoprodursi e tirar fuori un prodotto rispettabilissimo e degno di essere messo allo stesso livello di chi ha un contratto non è proibitivo. Per questo motivo continuo a suonare per hobby, ad un livello che io chiamo "dilettantismo professionale": non vedo una lira - tutti i soldi che entrano vengono reinvestiti nella band - ma l'approccio è assolutamente professionale. Allo stesso tempo, questo mi dà qualcosa da fare al di fuori del lavoro, il che mi impedisce (non che ce ne fosse il bisogno, eh) di pensare unicamente alla carriera (faccio l'informatico).
Purtroppo in letteratura un livello del genere non esiste (le autoproduzioni fanno mediamente cacare), ma tu hai sicuramente delle qualità al di sopra della media per cui hai tutto il mio supporto :)
Tanti auguri anche qua, Marino. Lottare tanto per ottenere poco, dovrebbe comunque farti capire che senza lottare non avresti ottenuto nemmeno quello. Quindi ben venga la lotta, che almeno ti fa sentire vivo. Ti fa credere (se proprio non è così) che la vita la affronti in maniera attiva e non la subisci passivamente. Questo serve per sentirsi vivo. Magari non sempre, non tutti i giorni, ma almeno ogni tanto ti svegli a dici "Ma sì, oggi sono vivo".
RispondiEliminaTutto il tuo post è molto vero, molto condivisibile, molto reale. Potrei mettermi qui a cercare di darti pacche sulla spalla virtuali e scuotere un po' la tua infelicità, ma non mi sento molto in grado di dare lezioni, in realtà. Tu dici che a 38 anni hai comunque realizzato ciò che ti eri preposto, mentre io a 36 suonati devo ancora capire cos'è che mi sarei preposta... °_°
RispondiEliminaComunque sia, la domanda è sempre e solo una alla fine: sei contento di essere al mondo?
Se la risposta, nonostante tutto, è SI', allora... Buon Compleanno, Marino! :)
minty
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RispondiElimina...inquietudine e senso di incompletezza: quanto ci assomigliamo in questo, Marino...
RispondiEliminacitandomi, dal recente bilancio di fine anno, posso dire però di non essere "fortunatamente ... una persona nostalgica ma, piuttosto, melanconica: l'occhio è comunque velato, ma anziché guardare indietro e rimpiangere ciò che non è più (o non è stato), preferisce guardare avanti a ciò che non è ancora (o forse non sarà mai), ma che val pur sempre la pena scoprire"
non abbandonarti alla tristezza (della giornata) Marino ma piuttosto concediti un sacrosanto momento di melanconia: con la consapevolezza dei tuoi limiti ma anche delle tue possibilità, sognando ma con realismo, archivia questi primi 38 anni con soddisfazione e guarda ai prossimi sapendo che molti, e dico molti, ti seguono e ti stimano per quanto hai saputo prenderti dalla vita e restituirci nelle forme di cui sei capace
ti abbraccio
Come dicono a Milano, alegher alegher! Su, capita a tutti qualche momento di sconforto, e i compleanni sono un'ottima occasione per buttarsi giù. Esci con gli amici, fai qualcosa che ti piace, e non rimuginare troppo! Un abbraccio di buon compleanno, tanti auguri!
RispondiEliminaChe bello questo post.
RispondiEliminaAnche se ho "solo" 25 anni mi rispecchio tantissimo nelle tue parole.
Mi sento sola, scoraggiata e senza prospettive...la notte non riesco a dormire pensando alla misera esistenza che oggi vivo e quella ancor più misera che mi aspetta domani.
Penso ogni giorno a come questa società sia programmata per rendere impossibile la felicità delle persone...e non è giusto. Perchè la vita è una sola, eppure ci ritroviamo quasi per obbligo a viverla in una maniera che non vogliamo, che non ci piace. Odio la realtà in cui vivo, perciò l'ho distrutta, costruendomi una realtà di sogni...ma i sogni restano comunque sogni. Lontani e irraggiungibili.
Forse nel giorno del compleanno è un po' demoralizzante fare questi discorsi...almeno per oggi, Marino, pensa positivo e gioisci di essere arrivato al traguardo dei 38 fiero di essere la persona che sei...da parte mia, ti faccio tantissimi auguri.
Mi ha colpito molto questo post Marino ... ti sei messo a nudo con coraggio, lasciando cadere per una volta la maschera dell'ironia, e questo ti fa onore.
RispondiEliminaSu dai, anch'io patisco i compleanni (specialmente l'ultimo, il quarantunesimo)... è naturalissimo immalinconirsi in questo giorno. Ma cerca di guardare a quello che hai ottenuto, non a quello che ti manca... hai pubblicato libri e hai un blog bellissimo che mi fa compagnia da qualche anno ormai e mi aiuta nei miei, di momentacci! ;)
Grazie davvero per questo post coraggioso.
Non hai idea di quanto io possa rivedermi in questo post...
RispondiEliminaE di anni ne ho 22, e di cose conquistate molte di meno.
Ma ragazzi, che depressione!
RispondiEliminaCi vuole un po' di prospettiva. Sì, non sono tempi felicissimi, ma suvvia, siamo fortunati. Se fossimo nati 300 anni fa le prospettive di vita sarebbero state molto inferiori, molto peggiori, molto sfigate! Quante probabilità avremmo avuto allora di avere una casa mediamente calda, mediamente comoda, un lavoro scelto da noi, una vita almeno parzialmente scelta da noi, dei sogni che si possono realizzare oppure no (ma dipende da noi)?
Ok, c'è sempre qualcuno che sta meglio. Ma saremmo potuti stare peggio se solo fossimo nati in un altro tempo, o in un altro luogo. Qui un po' di scelta c'è.
Beh, a me pensare questo tira su.
Poi ognuno pensa al suo orticello e a come coltivarselo. Ma almeno l'orticello c'è, e non è scontato. non è scontato!
Marino, accidenti, tu e le tue tempistiche. Ma dovevi proprio andare a cavar fuori la più letteraria lagna esistenziale della rete quando la mia connessione è andata a ramengo e io non posso nemmeno rispondere al tuo post? Senti sai che ti dico? Senti, qui il 10 febbraio c'è "La nuit de la deprime": tre ore di canzoni disperate e atmosfere cupe. Sponsor: kleenex e Nutella. Ti invito come regalo di compleanno..., invito pure con quel cafone che ti tradisce mentre vai per i 38. Ma si puo'????? Anzi no: proponiti come autore di testi, ché fa mooolto piu' figo.
RispondiEliminaUn bacio, e fai qualcosa che ti sia piacevole, oggi. Pur solo un bagno caldo con le candele accese. Nooooo! Non ho detto il forno! Ho detto le candeleeeeeee!!!!!
A 58 anni trovo che la vita e' troppo breve per perder tempo a deprimersi e autocommiserarsi. Sono tempi difficili, ma passeranno. Un abbraccio ancora!
RispondiEliminaAnche se un po' in ritardo, mi unisco anch'io agli auguri per il tuo compleanno! Leggo sempre quello che scrivi con piacere e attenzione, mi dispiace solo che ci sia sempre un velo di tristezza... Auguri di tutto cuore! Paola
RispondiEliminaAnche io che di anni ne ho 32 (quasi 33!) mi ritrovo molto nelle tue parole Marino.
RispondiEliminaA quanto pare non è questione di età dunque, ma di sensibilità e probabilmente come dici tu di familiarità.
Ci vorrebbe un bel viaggio per liberarti dai pensieri!
Buon compleanno, Mara
Tardi, ma tanti auguri! Bridigala bibliotecaria per caso
RispondiEliminaOhi! E che è? L'inquietudine va bene, siate folli, siate affamati, non accontentatevi. Ok, si, ci sta bene anche la depressione da compleanno, ce l'ho anche io, ma così è troppo. Non è che voglio fare a chi tira di più, ma....
RispondiEliminaHo 54 anni, ho perso il lavoro un anno fa, lotto quotidianamente per sottrarre il mio unico nipotino all'influenza nefasta della matrigna stronza, eppure non mi sento granché depressa. Ecco, vedi, basta pensare che potremmo non compierli gli anni.... e ti assicuro che per non compierli c'è un solo modo.
Troppa inquietudine non canalizzata, troppa amarezza, troppo tutto inquinano tutto quello che hai e lo distruggono. Trasformare in qualche azione positiva tutto questo potrebbe cambiare le cose.
Un abbraccio.
P.S. A 18 anni pensi che morirai a 25, a 38 non sembra mai abbastanza, poi ci si fa pace senza arrendersi. Vedrai.
:) grazie
EliminaCiao Marino.
RispondiEliminaUn passaggio in particolare mi ha colpito e confuso: quando dici "Ho pubblicato il primo libro e non sono stato felice. Poi è arrivato il secondo e non mi ha reso felice..."
ecco, cosa intendi?
Cosa significa(va) per te "essere felice"? E perchè la pubblicazione del tuo libro non ti ha reso felice?
Ti aspettavi di più da te stesso e dal tuo libro, o dal pubblico? O dalla tua vita in generale? Credevi / speravi che pubblicando un romanzo tu e la tua vita sareste improvvisamente cambiati? Sia chiaro che non faccio queste domande con alcun sarcasmo o cattiveria (e lo preciso perchè so che si potrebbero leggere con l'intonazione malevola di chi sottintenda "ma che ca$$o ti aspettavi?!"... mentre la mia "intonazione" è esattamente opposta: ossia di simpatetica e sincera curiosità).
Avresti voluto vendere di più? Non dico per diventare RICCO di per sé (so che anche se non sei un ipocrita che neghi l'importanza ahinoi del denaro, non per questo certe ambizioni o ideologie possono ritenersi congrue alla tua personalità), ma forse per le possibilità che un alto numero di copie vendute (e il suo corrispettivo economico) avrebbe certamente concesso a te e alla tua vita, per modificarsi e migliorarsi, soprattutto in termini di ESPERIENZE (molte delle quali indubbiamente legate a una maggiore e più serena disponibilità economica e soprattutto, di conseguenza, anche di tempo).
Insomma, mi piacerebbe comprendere meglio cosa si nasconde dentro quel grumo d'ombra che è la tua frase.
Un abbraccio, spero mi risponderai.
Dorimant
Ciao, non è un problema di maggior vendita o notorietà o visibilità. Il problema è che entrando nel sistema sia come libraio che come addetto al riempimento di pagine, sono venuto a contatto con meccanismi che mi hanno profondamente deluso. Tutto qui. è un mondo che mi aspettavo diverso e di cui non so se voglio far parte, del resto se voglio continuare a pubblicare devo per forza sottostare a certe regole.
EliminaGrazie della risposta.
EliminaIo non sono ancora passato "dall'altra parte dello specchio" come te, ma per prepararmi, nell'attesa, ho letto di molte esperienze - fra le quali ovviamente la tua: ti seguo da tempo - , e posso dire che, in forza di questo, mi mantengo in equilibrio tra un'inguaribile speranza e un'allenata (ed informata) disillusione preventiva. Mi sembra l'atteggiamento migliore, o se non altro è quello che mi risulta più spontaneo.
Se "ce la farò", solo con una certa ipocrisia potrò rubare a Mark Twain la citazione "ce l'ho fatta solo perchè non sapevo fosse impossibile", riciclandola in qualche intervista patinata. In caso contrario, avrò cinture e airbag e, auspicabilmente, non mi farò troppo male all'impatto.
Ciao!
Tanti auguri in ritardo, Marino. Il tuo post mi è piaciuto: è triste, ma è anche vero e mi ci posso rispecchiare con facilità. Un po' come quando usi la felpa di tua madre, o di tuo fratello, e non è esattamente la tua, però non ti va né grande né piccola e sentirla avvolgerti ti dà conforto. Quanto è vero quando scrivi: "Abbiamo messo il lavoro al centro della nostra esistenza, cresciamo in una società che ci dice che se non siamo produttivi siamo inutili, ci sentiamo tanto inutili da arrivare a considerare la nostra vita superflua se ci sentiamo tagliati fuori dal sistema." Io ho quasi 31 anni e non sono riuscita a trovare lavoro, nonostante la laurea e le lingue straniere. Mi sento vecchia e mi sento una fallita e lo odio, perché ciò che sono e quanto valgo come persona non si dovrebbe misurare in base all'avere o meno un lavoro. Anche io avrei voluto fare la scrittrice, ma non ci ho mai provato veramente, perciò posso dirti questo: hai avuto coraggio a credere nel tuo sogno e a provarci. A parte ogni singolo post di questo tuo blog, ho letto solo il tuo secondo libro e mi è piaciuto. Forse non hai avuto il successo che speravi di ottenere, ma sei arrivato al cuore di tante persone, che ti seguono ogni giorno, che sono interessati a sentire cosa hai da dire, che sorridono per le storie dei tuoi clienti assurdi. Non lasciare che la tua parte più oscura e deprimente abbia la meglio su di te e su tutto ciò che di positivo c'è nella tua vita. Un abbraccio!
RispondiEliminaÈ difficile essere se stessi questa è la realtà e aggiungo che noi siamo i carnefici di noi stessi, ci limitiamo, ci castighiamo, ci emarginiamo, ma siamo fatti così siamo esseri umani.
RispondiEliminaDemoralizzati e poi riprenditi, lotta e poi riposati e ricordati che si può andare solo avanti anche non volendo.
Grazie.
RispondiEliminaTi voglio bene