Salgo a fatica sul solito treno del
venerdì sera, stipato di lavoratori e lavoratrici pendolari,
stanchi/e di una settimana che per me finirà martedì prossimo visto
che il commercio non conosce riposo, che siamo sempre tutti di corsa,
che occorre comprare anche la domenica. Cerco un angolo, rassegnato,
per fare l'ennesimo viaggio in piedi, la latrina del treno è rotta,
c'è un pesante tanfo d'urina, il pavimento è bagnato. Non ci
pensare, mi dico, non ci pensare. Sono solo venti minuti di viaggio.
Venti minuti che diventano quaranta al giorno, e spesso si triplicano
quando i treni sono in ritardo per scioperi, perché le carrozze sono
state preparate in ritardo, per rotture varie o perché qualcuno ha
deciso di buttarcisi sotto, perché forse non sopportava più il peso
della vita o voleva semplicemente farla finita. Trovo il mio angolo
cercando di dare meno fastidio possibile agli altri passeggeri, sono
triste oggi, non ci posso fare niente. Davanti a me c'è una signora
che mi guarda come se le stessi rubando l'aria, a fianco a me un
ragazzo che ogni tre secondi si assicura che il suo pene sia ancora
al suo posto. Il treno parte e io, che di solito mi proteggo dal
mondo piantando gli occhi su un libro e sparandomi nelle orecchie
qualche insulsa canzone commerciale, sono certo che non penserò a
nulla. Sono troppo stanco e anche un po' amareggiato per pensare,
l'unica cosa che voglio è staccare la spina.
E invece eccola la mia riflessione, mi
investe come una slavina ma non mi fa male, mi fa sorridere. Ci sono
un ragazzo e una ragazza, appoggiati l'uno accanto all'altra, non si
conoscono, guardandoli così penso che avranno più o meno la stessa
età. Leggono entrambi ma lo fanno in modo completamente diverso. Il
ragazzo ha in mano un lettore ebook di ultima generazione, un
oggettino davvero interessante, ci stanno tutti i libri del mondo lì
dentro e non ti occupano spazio fisico. Il ragazzo scorre le pagine
con il dito, l'intensità della sua lettura è identica a quella
della ragazza ma la prima cosa che mi viene in mente è che non
riesco a vedere il titolo del libro. Per sapere cosa sta leggendo
quel ragazzo, io che sono malato e libraio, dovrei chiederglielo,
interrompere la sua lettura, sconfiggere la mia timidezza,
disturbarlo e forse lui sarebbe pure gentile nel rispondermi ma
spezzerei l'incanto della sua lettura. Poi penso a una cosa che avevo
letto on line, un mio contatto su Facebook, mi sembra, perché sarò
pure un libraio solitario e rompiscatole, ma la tecnologia la uso
pure io. Quel contatto mi aveva fatto notare che l'ebook è comodo,
certo, ma non potrebbe (non per ora almeno) riprodurre, per esempio,
la magia di un libro pop-up.
La ragazza invece tiene in mano un
libro cartaceo, è un vecchio libro con le pagine ingiallite, le
sfoglia lentamente, inconsciamente penso si tratti del Piccolo
principe, non so perché, ho visto una vecchia edizione e il primo
titolo che mi è venuto in mente è stato quello. Mi sono spostato un
po' a sinistra per scorgere la copertina con la signora di prima che
continuava a guardarmi come se il suo viaggiare scomoda e in piedi
fosse colpa mia. Non era il piccolo principe, era Il signore delle
mosche di William Golding, una vecchissima edizione e ancora una
volta mi sono ritrovato a fare due riflessioni. La prima è che
questa società è piena di aerei che cadono e di isole deserte. La
seconda mi ha riportato a uno stato più intimo e per quel pensiero
sono stato grato a quella ragazza che non conosco ma della quale
conosco una delle letture. Il suo libro era così vecchio e
malridotto che ho pensato lo avesse acquistato in una bancarella o,
magari, trovato in un angolo polveroso della casa o ancora lo aveva
ricevuto in regalo o in eredità.
Ed ecco la seconda riflessione: i libri
sono un lascito alle nuove generazioni. Sono un lascito culturale e
materiale. Ho pensato ai libri che ho ricevuto in eredità da parte
di persone che ora non esistono più. È rimasto il loro ricordo,
sono rimasti i loro libri. Carta ingiallita, copertine consumate,
piccoli appunti a margine di momenti che non ho mai vissuto,
sottolineature garbate e chissà cosa hanno significato quelle frasi
per quelle persone che hanno fatto parte di una vita prima della mia.
I libri sono un lascito.
Ed io sono un feticista. Non c'è che
dire. Ho bisogno di sentirla addosso la carta, di vedere i libri
sugli scaffali, per terra, ammucchiati sul tavolo, negli angoli, con
la gatta che ci dorme sopra. E ho pensato che se sono vivo lo devo
anche alle tante storie che ho trovato nei libri, quelle storie che
hanno fatto di un ragazzo fragile un uomo forse insicuro e apprensivo
ma con la consapevolezza di aver appreso qualcosa da qualcuno che un
bel giorno ha deciso di riversare il proprio mondo su una pagina.
Non è una gara fra ebook o libro
cartaceo, lascio queste cose ai cultori delle guerre e delle
contrapposizioni. Non ho nulla contro l'ebook, non lo considero il
male.
Ma l'ebook non lascia un'eredità
emozionale, non è isola di carta, non ha odore o consistenza.
I due ragazzi hanno continuato a
leggere i loro libri.
Non saprò mai cosa stava leggendo lui.