Entrando in libreria, questa mattina, mi sono chiesto quali
sono le case editrici maggiormente
presenti in piletta ( Libri presenti in più copie sui banchi o sulle “sponde”
dei mobili). Ho preso in considerazione solo la narrativa generale e quella per
i ragazzi e le ragazze. Per la saggistica occorre fare un discorso a parte
visto che è presente una varietà di case editrici maggiore.
Il maggior numero di libri esposti in più copie riguarda:
Adelphi, Beat, Bompiani, Corbaccio, Einaudi, E/O,
Feltrinelli, Garzanti, Giunti, Guanda, Longanesi, Marsilio, Mondadori, Neri
pozza, Newton Compton, Nord, Ponte alle Grazie, , Rizzoli, Sellerio, Sperling
& Kupfer, Tea.
In minor quantità (due o tre pilette): Elliot e Fazi.
Nel settore considerato Young adult massiccia presenza di: Fazi, Giunti, Mondadori, Newton Compton, Nord, Rizzoli,
Sperling & kupfer, Tea.
Ripeto non ho tenuto in considerazione moltissimi settori.
Per esempio Fantascienza vede una massiccia presenza di Fanucci. Psicologia: Astrolabio,
Bollati Boringhieri, Feltrinelli, ecc…
Per ogni settore va fatto un discorso a parte. Mi sono
concentrato sulla narrativa perché, di solito, è il primo settore che si
incontra in libreria. Vorrei dire che la
“classifica” che ho mostrato vale solo per la libreria in cui lavoro ma basta
entrare in una qualsiasi libreria di catena per rendersi conto che non è così.
Potrei fare diverse considerazioni. La prima, la più
evidente, è che il mercato è dominato da alcune sigle editoriali. La seconda è
che c’è sempre meno spazio per le case editrici minori e quindi per la
bibliodiversità. Inutile negarlo, in
libreria si tengono solo i libri che vendono e, a parte rarissimi casi, a vendere
sono i marchi conosciuti e, in alcuni casi, nemmeno quelli. Poi c’è tutto un
discorso a parte, anche leggendo i nuovi dati di mercato, su cosa significhi “vendere”
in Italia. Alcune case editrici stampano poche centinaia di copie per ogni
singolo libro, vendere mille copie per uno sconosciuto è già un buon traguardo,
arrivare a cinquemila è un successo. Diffidate di chi spara cifre come 500.000
copie vendute. Accade, certo, ma spesso è solo inutile marketing.
Altra considerazione viene dalla visibilità data alle
autrici e agli autori di piccole o medie case editrici che è vicino allo zero. Paradossalmente
pubblicare è diventato lo scoglio minore (il che è tutto un dire) perché poi
arriva la distribuzione (spesso scarsissima), la promozione (spesso
inesistente), la presenza in libreria (se il vostro libro arriva in una copia
sola si perderà nella bolgia infernale dei “senza visibilità” ). Esistono, ovviamente
e per fortuna, delle eccezioni, nel nostro settore non ci sono regole
prestabilite e il mercato è in continua evoluzione (anche se l’andamento è più
simile a un crollo). Ciò che funziona oggi potrebbe non funzionare domani. A rimanere,
spesso, sono i danni creati da alcune scelte editoriali e di marketing ma non è
detto che le case editrici che li hanno creati poi sopravvivano al mercato. In definitiva
nessuno è al sicuro.
So che qualcuno mi dirà: per questo ho scelto il self
publishing, e la dea delle Dee mi scampi
dall’intavolare una discussione sul pro e il contro Self. Dal mio punto di
vista le cose non migliorano: nessuno controllerà la reale qualità del vostro
testo, nessuno vi farà editing, nessuno vi farà promozione. Anzi questa spetterà
a voi e in un mare di Self Publishing chi vi prenderà in considerazione?
Bene dopo tutto questo disfattismo mi chiedo: quali
soluzioni esistono?
La prima, dal mio punto di vista la più importante, è
liberare le librerie dalla schiavitù del marketing e degli “accordi commerciali”,
ricostruire l’indipendenza (sempre che sia mai esistita) delle librerie, ridare
dignità al lavoro delle libraie e dei librai, rivedere le politiche di vendita
spazi e vetrine, costruire librerie più piccole con una maggior
bibliodiversità, ridurre il numero delle pubblicazioni, rallentare i tempi,
liberarci dall’ossessione della “novità”, smetterla di considerare “vecchio” un
libro con più di quattro mesi di vita, fare in modo (e qui si torna alla
necessità di limitare le pubblicazioni) che
un libro rimanga sullo scaffale più di un mese e che non vada in resa dopo due
mesi. Diversificare la proposta culturale, fare squadra con altre attività
culturali (iniziative con biblioteche, teatri, mostre, cinema, ecc…).
Le librerie così come sono oggi moriranno. Il marketing ha
distrutto il concetto di cultura, occorre rivedere, per sopravvivere, le
politiche editoriali e libraie.