martedì 30 settembre 2014

Cose che non amo più del mio lavoro


  1. Dover prendere il treno ogni santissimo giorno
  2. La gente che si accalca davanti alla porta nel periodo scolastico e, appena apri le porte, comincia a correre per arrivare prima a prendere il numerino
  3. Sentirsi dire che “secondo i metri lineari e gli incassi” siamo troppi quando hai passato otto ore a correre da un settore all'altro per coprire buchi e servire clienti
  4. I libri di attori, cantanti, ex qualcosa che sai che non sono stati scritti da loro ma, guarda un po', sulla copertina c'è proprio il loro nome...
  5. Clienti che iniziano la frase dicendo: “Sono qui da mezz'ora” e in realtà sono appena entrati in libreria
  6. Le fascette dei libri (davvero, basta!)
  7. Le classifiche dei libri (Voglio il numero delle copie vendute accanto al numero della classifica, i numeri VERI non quelli fasulli)
  8. Le vetrine comprate
  9. Gli spazi in vendita
  10. Le snervanti campagne promozionali (libri in sconto 360 giorni altro che legge Levi)
  11. Gente che ti dice: “Se non mi fai lo sconto vado da un'altra parte”
  12. Il marketing
  13. Quelli che ti dicono che bisogna crederci e poi, quando ci credi, fanno di tutto per demolirti
  14. I libri su come guarire i gay ( o come essere sottomesse)
  15. Quelli che ti dicono: “Che bel lavoro, chissà quanti libri leggerai!”. Ecco, no, leggevo molto di più quando facevo il cuoco.
  16. Gente che urla al cellulare
  17. Quella brutta sensazione che ti spinge a pensare che il tuo lavoro, presto, sparirà
  18. La coda fuori dal negozio che vende costosi articoli tecnologici e il sentirsi dire “questo libro costa troppo però!” e magari è un libro da nove euro
  19. Ore 16 e ore 17 (non passano mai)
  20. Clienti che in arrivano in cassa, vedono che hai venti persone da servire e siete solo in due, passano davanti a tutti, pretendono di essere serviti subito e quando chiedi gentilmente di attendere un attimo mandano mail in sede lamentandosi della maleducazione. E, ovviamente, è colpa tua.

lunedì 29 settembre 2014

Cose che amo ancora del mio lavoro

Due post in due giorni diversi. Mi sono guardato dentro e ho tirato le somme. Nel primo mi chiedo: “Cosa amo ancora di questo lavoro?” e nel secondo: “Cosa non amo più di questo lavoro?”.
Le risposte sono state meno scontate di quel che pensavo.

  1. L'odore dei libri
  2. Il desiderio di sistemare un libro fuori posto (non solo nella mia libreria)
  3. Togliere la polvere dai libri
  4. Lo sguardo felice di chi cerca un libro da tempo e, finalmente, lo trova
  5. Vedere ristampato un vecchio libro fuori catalogo
  6. Le persone che rispondono al mio “buongiorno" o “buonasera” anche solo con un sorriso
  7. I cani che accompagnano i loro umani in libreria
  8. La pausa caffè (ora diventata pausa caffè d'orzo a causa della gastrite)
  9. Le persone che tornano e dicono: “Ho letto il libro che mi hai consigliato, bellissimo”
  10. I piccoli momenti di solitudine libraria
  11. Le battute con i colleghi
  12. I clienti che passano il loro tempo a scegliere i libri
  13. Il mio settore QUEER
  14. Le proposte dei librai
  15. le chicche che ancora capita di avere in libreria
  16. la potenza della letteratura
  17. i clienti che comprano libri per i propri figli, nipoti, figli di amici ecc...
  18. Le piccole menti curiose che chiedono di avere un libro in regalo
  19. Gli Adelphi, i Bollati Boringhieri, i Guanda, i Neri Pozza, i Garzanti, i Tunuè, i Saggiatore, i Sellerio e le tante case editrici, grandi o piccole, che non posso citare per motivi di tempo e spazio
  20. La passione che, in certi momenti, riesco ancora a sentire.

giovedì 25 settembre 2014

Le cose della vita

Io sono fatto così.
Per chiudere i conti col passato ho bisogno di scrivere, ho bisogno di tempo per analizzare, sezionare, studiare, capire, accettare. Faccio così anche con il dolore. Di solito quando mi succede qualcosa di molto brutto mi chiudo in me stesso, cerco un angolo di mondo in cui rannicchiarmi, mi lecco le ferite e poi, dopo che il cuore è scoppiato e che i brividi hanno lasciato il mio corpo, la parte razionale di me si fa avanti e analizza la cosa. La passa al microscopio, cerca le cause, elabora una possibile spiegazione e poi archivia e dimentica.
È un post molto difficile, lo ammetto.
La prima cosa che mi sento di dire è che non sono una brava persona.
Sono un essere umano con i suoi pregi e i suoi difetti, non voglio passare per il “giusto” o il “santo”, ho fatto degli errori, ho provato sensazioni molto brutte, ho fatto pensieri terribili. E la consapevolezza finale è che le cose sono andate come sono andate. Punto. Che non si torna indietro e non si piange sul latte versato, che ho fatto delle scelte, giuste o sbagliate che fossero, le ho fatte. Mi assumo tutta la responsabilità di queste scelte.
Parliamo di Sedici anni, il libro che ormai dal 2012 mi fa dannare e che ho deciso, almeno per il momento, di rimettere nel cassetto. È un libro a cui tengo moltissimo ma che non ha trovato, per ora, mercato. Per mia scelta, principalmente, ma anche per scelte che non dipendono da me.
Innanzitutto devo dire che avevo l'opportunità di pubblicarlo con la casa editrice con cui ho pubblicato il mio precedente libro. Sembrava andare tutto bene, avevo un ottimo rapporto con lo staff, Un altro best seller, tutto sommato, era andato abbastanza bene. Chi è nel mondo dell'editoria sa che tutto questo è molto difficile da trovare. Io, dopo aver insistito per avere conferme sulla pubblicazione o meno del libro, ho cominciato a guardarmi intorno. Per farla breve la risposta (positiva) alla pubblicazione è arrivata e io ho deciso di rischiare, di fare un salto nel vuoto, di provare altre strade. Ho scritto una lettera di scuse, sentendomi una vera merda perché sapevo che c'era gente che si era spesa in prima persona per me, rifiutando, dopo che avevo insistito per mesi per avere una risposta positiva, la pubblicazione. Non l'hanno presa bene, la persona con cui mi relazionavo ha chiuso i rapporti, improvvisamente il cordiale rapporto è diventato di ghiaccio. Forse se qualcuno mi avesse aiutato a fare chiarezza, se mi avessero mostrato una strada alternativa, non avrei fatto questa scelta ma l'ho fatta. È stata una MIA scelta e ne ho pagato le conseguenze. Punto. I rapporti si sono deteriorati in fretta e su questa vicenda, che trovo triste nonostante tutto e di cui mi dispiace più di quel che posso dire, non aggiungo altro.
Sedici anni ha proseguito poi il suo percorso finendo fra le mani di un editore piuttosto grosso che ha definito il finale “inadatto” perché “senza speranze”. Il protagonista del mio romanzo è un ragazzo di sedici anni obeso, che porta spessi occhiali, che viene preso per il culo dalla mattina alla sera, che ha problemi a casa. È un libro sul bullismo. Cavolo. L'unica possibilità per la pubblicazione era quella di cambiare il finale. Ho detto di no, per la seconda volta. Un errore gravissimo in campo editoriale perché certe occasioni andrebbero prese al volo. Ma non io, ehi, non Marino (perché sono un coglione che vive nel mondo dell'utopia e buonanotte al secchio). Il problema è che in questo libro ci credo così tanto da aver sperato in altre opportunità. E infatti una terza opportunità è arrivata. Quando mi hanno telefonato per dirmi che il libro sarebbe uscito con una casa editrice importante del panorama letterario italiano, una casa editrice che continuo a stimare molto, ho riso come un bambino. Era gioia pura quella che provavo? Sì, era gioia. Ho chiamato mamma, e mia sorella, il mio compagno, le mie amiche e i miei amici più cari, ho abbracciato ogni singolo collega. Era il mio momento, eccolo qua, aspettato per anni, cercato disperatamente, il mio momento. La mia occasione, mi sono detto, per dimostrare qualcosa.
Per due settimane ho vissuto il sogno, gustato ogni attimo, mi sono scoperto persino ottimista.
Poi è arrivata l'altra telefonata, stavo andando con il mio compagno a fare l'aperitivo. “Gira la macchina e portami a casa” gli ho detto.
Avevano cambiato idea.
Alla fine si sono tutti arresi. Un buon libro, uno dei tanti, che però non ha mercato.
Può sembrare esagerato ma questo sogno è dall'età di tredici anni che lo inseguo. E mi sono sempre sentito inadeguato alla scrittura, mi sono sempre sentito troppo “piccolo” per l'editoria. Io che sogno di scrivere come McCarthy o McEwan mi trovo improvvisamente in un mercato editoriale molto strano, che non si fida dei suoi lettori e nemmeno dei suoi scrittori mi viene da pensare.
Dentro di me è crollato un castello di carte ma la mia reazione non è stata quella che mi aspettavo. Sono tornato, paradossalmente a credere nella scrittura, ho abbandonato l'idea di “successo”, mi sono liberato da un'ossessione.
Ho ricominciato a scrivere.

lunedì 22 settembre 2014

Il concetto di tempo

Ore 9:00 apertura porte.
Ore 9:01 entrata clienti (una trentina).
Disposizione fila acquisti, fila vendita, ritiro prenotazioni (con priorità).
Ore 9:07, cliente con prenotazione:
“Mi scusi posso avere il mio libro? Sono qui da ORE!”
Tesoro hai passato la notte fuori dalla libreria?

giovedì 18 settembre 2014

Il secondo giorno di scuola

“Buongiorno io una settimana fa ho prenotato dieci libri scolastici.”
“Sì.”
“Ne ho ritirati nove, ne manca ancora uno.”
“Ha il numero della prenotazione signora?”
“Sì.”
“Bene controllo.”
Guardo a computer.
“Manca ancora il libro di educazione fisica, abbiamo una consegna domani.”
“Guardi mio figlio rischia di prendere una nota sarà meglio per lei che il libro domani arrivi!”
Suo figlio rischia una nota perché non ha ancora il libro di educazione fisica il secondo giorno di scuola? Ai miei tempi ci facevano correre intorno a un campo. Anche se io preferivo stare a bordo campo a leggere romanzi. Certo che i professori di educazione fisica non sono più quelli di una volta...

martedì 16 settembre 2014

Clienti esigenti

“Libreria... buongiorno sono Marino.”
“Pronto buongiorno senta io avrei bisogno di una cortesia, le dico per telefono quindici titoli, lei me li mette da parte e poi quando arrivo in libreria ne scelgo uno, va bene?”
Le preparo anche un tè con dei biscottini e quando arriva le faccio anche un bel massaggio ai piedi, va bene?

lunedì 15 settembre 2014

giovedì 11 settembre 2014

Noi non vendiamo quel libro: Librai eroi o di parte?

È di questi giorni la notizia che molti librai indipendenti francesi hanno preso le distanze dal libro della ex Première Dame Valérie Treirwieller esponendo cartelli che invitano a leggere Balzac e Dumas (l'articolo, uno dei tanti, è QUI). La notizia è rimpallata da sito a sito, da pagina Facebook a pagina Facebook e si sono aperte interessanti discussioni. Come sapete ho sempre criticato un certo mercato fatto solo di Marketing e Gossip ma, guardando ai colleghi francesi, mi chiedo: è giusto rifiutarsi di vendere un libro perché considerato spazzatura? Due considerazioni veloci. La prima è che i librai indipendenti (che sono sempre meno purtroppo e che pagano direttamente sulle proprie spalle la mancanza di lettori e lettrici e la decadenza di un certo mercato) possono scegliere cosa vendere. Noi librai di catena no. Ed è anche per questo che molte persone (qualcuna in modo un po' snob e acidello a dire il vero) non ci considera degni di essere considerati Librai. La seconda considerazione che mi viene da fare è: questi librai hanno venduto, che so, best sellers come Le 50 sfumature? Se sì allora il problema è squisitamente politico. Perché non vendere il libro vendetta della Treirwieller e vendere invece i tanti libri fotocopia, semipornografici, voyeristi, assolutamente privi di idee che affollano le nostre librerie? Perché considerano quel libro spazzatura e quindi non degno di essere venduto e gli altri che entrano in libreria invece sì?
La questione è annosa e non è nata di certo oggi. Dovrei quindi rifiutarmi di vendere Fabio Volo perché non lo trovo un bravo scrittore? Dovrei rifiutarmi di tenere determinate case editrici perché le considero scarse? E chi dice che i miei gusti di libraio coincidano con quelli dei lettori?
Uno si fa il proprio giro di clienti, mi direte, il che potrebbe valere per una libreria molto piccola che, magari, proprio puntando sulla specificità di alcuni titoli potrebbe salvarsi dalla crisi. Non vale di certo per noi con clienti di ogni genere, da quello fidelizzato a quello di passaggio, da quello con gusti molto raffinati a quello che vuol leggere testi “leggeri”.
La capisco la tentazione di dire: “Il mercato è così perché voi non vi siete opposti” ma credo anche che non sia del tutto vero.
Innanzitutto noi siamo dei commercianti, campiamo vendendo libri in un paese in cui i lettori forti sono stimati intorno (intorno, qualcuno dice meno) al 4%. Se mi rifiutassi di vendere Volo probabilmente chiuderei nel giro di due giorni perché per noi fa differenza anche un singolo libro venduto. Dal punto di vista squisitamente personale non mi fa piacere vedere la libreria inondata di titoli fotocopia ma, alla fine, chi sono io per dire cosa devono leggere gli altri? I libri arrivano, alcuni vanno bene, altri tornano ai magazzini nella quantità in cui sono arrivati. È il lettore che sceglie cosa vendere. E certo alcune case editrici ci considerano pecoroni che leggono qualsiasi cosa, e certo le fascette e il marketing incidono e certo, noi NON librai di catena siamo brutti e cattivi (tranne me, io sono bello e cattivo) ma, MA, deresponsabilizzare il lettore dando per scontato che siano tutti zombie che afferrano la prima cosa che vedono non è giusto. Il lettore sceglie cosa leggere così come lo spettatore sceglie cosa andare a vedere al cinema, a teatro, in TV. E, per inciso, se dovessi tenere in libreria solo le cose che per me valgono (e comunque sarei un idiota pieno di me se non ammettessi che è impossibile conoscere TUTTI i libri che escono e quindi valutarne la qualità) avrei pochissimi titoli pubblicati negli ultimi 30 anni. È una discussione che si ripete ogni qual volta qualcuno tira fuori il discorso della qualità del libro. Mi dicono i lettori veri acquistano on line. Bene andiamo a vedere le classifiche dei maggiori siti di letteratura on line: su IBS le prime dieci posizioni sono occupate da: Follet, Maston, Camilleri, Green, Zusak, Camilleri, Recalcati, reichs, Costantini e Carofiglio. La classifica delle nostre librerie non si discosta molto. Amazon ha nei primi dieci titoli moltissimi libri di testo (così giusto per dire). Non vedo Balzac, non vedo Dumas ma nemmeno Tolstoj, la Woolf, Calvino, Ariosto o Burroughs. Insomma il mercato è quello che è, non si risolve rifiutandosi di vendere un singolo libro, questa cosa sa molto di presa di posizione politica. Come se io mi rifiutassi di vendere un libro di Berlusconi perché non condivido le sue idee (e neppure tutto il resto a dire il vero). E, di nuovo, la domanda principale è: qual è il ruolo del libraio? Quello dell'editore? E quello del lettore?

lunedì 8 settembre 2014

Il cliente della settimana

Il premio per il miglior cliente della settimana va al ragazzino che per pagare un libro ha tirato fuori un sacchetto di monetine da piccoli e piccolissimi pezzi mentre i suoi amici se la ghignavano alle sue spalle e io rischiavo un tracollo nervoso. Però era simpatico e alla fine ci siamo fatti due risate.

mercoledì 3 settembre 2014

Discariche

Un ragazzo si avvicina al banco:
“Scusa vorrei vendere questi libri di scuola.”
Il collega li controlla.
“Mi spiace, sono tutte vecchie edizioni non sono più utilizzate a scuola, non ci servono.”
“Ah, ok, avete una discarica per i libri da buttare?”
Tesoro ce la stanno costruendo dietro, nel magazzino, al momento abbiamo i gabbiani che si stanno esercitando...

lunedì 1 settembre 2014

Il concetto di libro usato

“Buongiorno, vorrei vedere se ci sono dei libri usati fra questi.”
La signora mi consegna una lista di libri scolastici, vado in magazzino, raccolgo i libri usati che trovo e li porto alla signora. Lei comincia a sfogliarli uno a uno e dopo venti minuti, con fare indignato:
“Ma questi libri non sono in ottimo stato!”
“Sono libri usati signora.”
“Sì ma alcuni sono sottolineati, altri sciupati, guardi questo ha la copertina con una piega!”
“...”
“Sono libri rovinati!”
“Signora, ribadisco, sono libri usati. È ovvio che possano esserci delle sottolineature. Se vuole i libri puliti posso portarle quelli nuovi!”
“Ma guardi questi libri dovreste venderli all'80% di sconto!”
E certo mo te li regaliamo!
Facciamo un ripassino: dicesi libri usati libri che sono stati USATI!