Ho pensato di scrivere questo pezzo la
prima volta a settembre. Un signore è entrato in libreria, di
domenica, in un periodo caldo come quello scolastico. In tutta la
libreria eravamo tre persone, stiamo parlando di una libreria su tre
piani. Io ero in scolastica, venti persone al banco da servire senza
la possibilità di chiamare un collega visto che ognuno era impegnato
in un piano diverso. Il signore è venuto dritto al banco passando
davanti a tutti gli altri clienti e, in tono scortese, mi ha chiesto
dove trovare un libro. Gli ho dato le indicazioni ma lui ha
ribattuto, sempre più impaziente, che il libro dove dicevo io non
c'era. Gli ho chiesto gentilmente di aspettare un attimo, dovevo fare
tre conti e le altre persone in fila stavano aspettando pazientemente
il loro turno. In tutta risposta il signore è andato a lamentarsi ai
piani alti. Mi sono sentito in qualche modo indifeso. Mi è capitato,
purtroppo, di essere scortese a mia volta con qualche cliente. La
giornata no capita a tutti ma, di solito, cerco sempre di essere
estremamente cortese. Prima di tutto non sopporto la maleducazione in
secondo luogo il mio lavoro prevede di saper gestire lo stress. Anche
se di stress, ultimamente, se ne respira molto. Quando ho spiegato
come erano andate le cose mi sono sentito rispondere che non ho
saputo gestire la situazione.
Altro caso. Una ragazza chiama per un
libro che ha prenotato due giorni prima, il libro è arrivato ma è
ancora dentro le scatole, non abbiamo fatto in tempo ad aprirle. Lei
mi urla che sono un incompetente che le abbiamo assicurato che il
libro arrivava dopo due giorni e che lei non metterà mai più piede
in questa libreria. Le rispondo, pazientemente, che le avrei trovato
il libro nel giro di dieci minuti, lei risponde: “sarà meglio”.
Terzo caso: Un ragazzo entra in
libreria e mi chiede l'indicazione per un negozio. Solo che mi chiede
un negozio che non esiste. Gli chiedo se, magari, non stia cercando
un negozio con un nome simile, lui mi risponde di no che il negozio
che sta cercando si chiama proprio così. Sinceramente non posso
conoscere tutti i negozi di Bologna, rispondo: “Mi dispiace non lo
conosco”. Sono in cassa, ci sono cinque persone in fila. Il ragazzo
esce e va a parlare con un altro signore dopo un secondo questo entra
in libreria e con tono arrogante mi dice: “Lei che lavora qui non
conosce il negozio....”, lo guardo e rispondo: “Certo.”
“Mi dica subito dov'è!” “Deve
andare a sinistra ma guardi che il signore di prima mi ha chiesto un
negozio con un nome diverso”. Lo dico in tono calmissimo e lui
comincia a urlare che lui è un alto dirigente e che di gente
arrogante come me ne fa volentieri a meno. Le signore in cassa
rispondono, per fortuna, al posto mio.
Di casi così ce ne capitano decine.
Non voglio scatenare una guerra su chi è più maleducato. Capita di
entrare in un negozio e trovare gente scortese. Contesto un'altra
cosa: il concetto che il cliente ha sempre ragione. Io sono un
libraio, lavoro per un'azienda, nell'istante in cui timbro il
cartellino io rappresento l'azienda. È logico che devo cercare di
accontentare i clienti ma se il cliente mi aggredisce o mi tratta
come un Punching ball è lecito che io possa rispondere? Secondo
l'attuale sistema di mercato (e secondo molte opinioni di colleghi
che lavorano in altri negozi) no. Io mi trovo in una situazione
impari in cui non posso rispondere alla maleducazione del cliente o
rischio un richiamo. Sia chiaro ci capitano centinaia di clienti
educatissimi, alcuni talmente gentili che vorrei abbracciarli. La mia
non è un'accusa verso nessuno, è una riflessione, perché ho
l'impressione che alcune persone non vedano il commesso o il libraio
a cui si rivolgono come un essere umano ma semplicemente come un
servo sul quale riversare le proprie frustrazioni. Allora, vi chiedo:
il cliente ha davvero sempre ragione?