Lunedì ho schiacciato il naso contro
la vetrina della libreria in cui lavoravo, ho guardato quei locali
spogli di libri e mobili. Non l'avevo ancora vista. Con borbottii
benevoli dei colleghi al secondo giorno di «sgombero» mi è venuta
la febbre a 39. La mia collega Elisabetta direbbe che è
psicosomatica, mi sono ammalato per non veder smantellare il luogo in
cui ho lavorato per molti anni. Ho sentito un tuffo al cuore, una
sensazione di vuoto.
I lavori nel nuovo locale non sono
ancora iniziati. Intanto hanno proposto il trasferimento a un collega
che ha accettato. Anche un'altra collega ha chiesto il trasferimento.
La squadra perde pezzi importanti.
Quando mi preparo per la corsa sono
sempre carico. Dopo dieci minuti mi chiedo chi me lo abbia fatto
fare. Dopo venti sono certo che morirò giovane ma quando arrivo al
parco e vedo i colori, sento gli odori e i rumori degli animali
respiro a fondo e mi rilasso.
Le mie sono parole di un
irresponsabile. I soldi della cassa integrazione li vedremo, se va
bene, fra sei mesi. Il mio compagno mi sta aiutando, mi chiedo come
farei, in questo momento, senza il suo supporto. È la stessa persone
che lo stato non riconosce come parte della mia famiglia.
Eppure questo tempo libero «imposto»
è la cosa migliore che mi sia accaduta da anni. Non ho programmi.
Non ho ancora fatto nulla di quel che mi ero riproposto: andare in
piscina, iscrivermi a yoga, andare in giro per città. La prima
settimana di cassa integrazione ho dormito. Nulla di più. Andavo dal
divano al letto e viceversa.
Mi rendo conto di non avere, per la
prima vota nella mia vita, preoccupazione alcuna. Sono tranquillo. Lo
sono perché fra qualche mese si torna al lavoro. Se sapessi che non
'è futuro probabilmente questo tempo che perdo a fare niente lo
impegnerei a cercarmi un lavoro. Ma ora è così. Dormo quando
voglio, mangio quando voglio, leggo. Leggo molto. Infastidisco la
gatta che si sta abituando alla mia presenza costante, corro e vado
al parco. Al parco ci passo un sacco di tempo. A volte respiro a
fondo, alzo lo sguardo al cielo e sorrido. È il mio tempo, per la
prima volta dopo tanto, il tempo che posso dedicare solo a me stesso,
spesso in solitudine a guardare il mondo che che corre con ritmi che
per il momento non mi appartengono.
Marino