lunedì 29 agosto 2016

Di quale universo sei?

La nostra libreria ha due entrate, da una si può solo entrare, dall'altra si può entrare e uscire.
Vedo entrare un signore dalla porta entrata/uscita, lo saluto, mi saluta. Lo vedo fare un giro e poi uscire, ritorno alla mia postazione e dopo dieci minuti (durante i quali probabilmente ha viaggiato nello spazio tempo) lo vedo rientrare dall'entrata principale (quella da cui si entra e basta).
Mi guarda, si guarda attorno e poi:
“Scusi ma questa è la stessa libreria in cui sono entrato prima?”
Dipende da quale realtà arriva, se è stato in quella dell'universo It's Raining Men dove c'è l'altro me favoloso... sì è decisamente la stessa libreria!

lunedì 22 agosto 2016

Di Re e di salmoni



“Scusi ha L’anello di Re Salmone di un certo Lorenz?”
Eh signora mia, lo avevo eh? Ma poi è passato Re orso e non le dico le conseguenze, scaglie del povero re salmone ovunque…

martedì 16 agosto 2016

Sicuro, sicuro?

Al telefono:
"Libreria... buongiorno sono Marino."
"Buongionro, mi sa dire se gli uffici di Milano sono chiusi?"
"Mi perdoni c'è il numero dell'assistenza clienti del sito da chiamare per queste informazioni."
"Ho già chiamato."
"..."
"Dicono che gli uffici sono chiusi".
La domanda mi sorge spontanea, se la segreteria del telefono dice che gli uffici sono chiusi.... perché chiami me a Bologna per sapere se gli uffici di Milano sono aperti?
Che nun te fidi della segreteria? Guarda che s'offende!

martedì 2 agosto 2016

A Carolina e a ciò che non vogliamo affrontare



«Hai sentito che Carolina s’è ammazzata?» Risposta: «Sì, ho sentito. Quasi quasi vado all’obitorio a vedere per l’ultima volta quella faccia di m...».
Leggendo la storia di Carolina (che si è suicidata nel 2013) attraverso le parole del padre provo una fitta al cuore. Una fitta per una giovane vita stroncata da atti di bullismo, una fitta per un padre che non chiede vendetta ma che vorrebbe che i bulli capissero cosa hanno fatto e diventassero, a loro volta, simboli antibullismo. Una fitta per le orribili parole scambiate negli sms dei ragazzi, neppure la morte della loro amica li ha indotti a comprendere l’orrore che questa ragazza viveva a causa loro. Mi chiedo a cosa sia dovuta tutta questa cattiveria, come sia possibile che dei ragazzi così giovani non provino un minimo di empatia verso il mondo che li circonda, verso una ragazza che, disperata, ha deciso di farla finita.
Non è facile parlare di bullismo, non lo è perché spesso mancano i mezzi e la voglia per fare un buon lavoro, non lo è perché ancora troppe persone si voltano dall’altra parte, perché parlare del problema significa ammettere che il problema esiste. E non lo è perché quando si parla di bullismo si parla, inevitabilmente, di educazione e cultura. Si parla di violenza di genere, si parla di identità, di sessualità, di affettività. Sono argomenti che non si possono evitare, che non andrebbero evitati.
Mancano le risorse, manca la cultura, manca l’attenzione. I progetti contro il bullismo, sulla sessualità, sul rispetto, vengono lasciati in mano a singole/i volenterose/i, spesso osteggiati da quei gruppi di persone che minimizzano il problema, che si oppongono a una sana educazione sessuale, al rispetto e di genere, che non vogliono che i figli capiscano che discriminare  è sbagliato, che scendono in piazza con libri che servono solo a nascondere un pregiudizio profondo, che spaventano professori e presidi che, a  loro volta, preferiscono  non affrontare l’argomento per non doversi confrontare o spiegare a genitori poco interessati.
Ma Carolina è morta.
È morta per la nostra mancanza di coraggio, per la nostra mancanza di attenzione.
E Carolina ha mille nomi perché dietro questa tragica vicenda ci sono i volti di chi il bullismo lo ha subito davvero, di chi da questa violenza è rimasta/o schiacciata/o. Ma ci sono anche i volti dei bulli, perché non stiamo parlando, nonostante le orribili parole e la mancanza di pietas, non di pietà ma di quell’amore doveroso che dovremmo all’altra/o, di mostri. Stiamo parlando di ragazze e di ragazzi a cui abbiamo regalato un mondo sempre più spietato e violento, in cui spesso la tecnologia ha preso il posto della realtà, in cui stare seduti davanti a un dipinto a fissare lo schermo del cellulare, in cui le relazioni virtuali hanno preso il posto di quelle reali.
E in tutto questo rimane il nostro vuoto di adulti, rimane la società che abbiamo contribuito a creare, rimane il nostro disinteresse nei confronti dell’altra/o.
Credo che a Carolina noi dobbiamo di più di qualche minuto di sgomento e dolore. Le dobbiamo il nostro impegno quotidiano contro una piaga sociale che ci riguarda.
Ci riguarda tutte/i.

Giorni di...



Giorni frenetici, giorni di risposte quasi automatiche (“Sì libri di scuola? Alla sala cinque! Si siamo aperti con orario continuato esattamente come dice la voce in segreteria che ha ascoltato per almeno cinque minuti. Sì, abbiamo libri nuovi e usati…), giorni di colleghe e colleghi in ferie.
Entra un signore, mi guarda:
“Via col vento?”
E io: “Sa che non conosco una via con quel nome?”
Lui mi guarda, io lo guardo.
Il tempo di collegare il cervello e di rendermi conto della figuraccia appena fatta.
“Le faccio lo sconto eh?”
E niente, sono giorni in cui il mio cervello è davvero volato via col vento…