“Cosa ti aspetti che ti dica? Che avrai successo? Che il tuo
libro verrà pubblicato da una grande casa editrice? Che sì, hai fatto bene ad
autopubblicarti perché lo sanno tutti che il mondo è corrotto e che pubblicano
solo gli amici degli amici? Cosa ti aspetti che ti dica? Che il titolo che
sceglieranno per te spiccherà fra le centinaia di libri che escono tutte le
settimane? Che sì, quella piccola casa editrice, quella tanto carina, quella
etica, quella che ti ha offerto la pubblicazione poi promuoverà e distribuirà
il tuo romanzo? O quell’altra, quella che ti chiede il “contributo”. Credi
davvero che a quella interessi promuovere il tuo romanzo? Guarda che gli autori
si lamentano sempre, anche quelli delle grandi case editrici. Siamo sicuri di
aver scritto il romanzo del secolo, per questo poi ci rimaniamo così male
quando il libraio alza lo sguardo dal computer e chiede: “Chi?”.
E chi può dargli torto del resto? Pensi davvero che abbia
letto tutti i romanzi che sono in libreria, anche quelli che arrivano e se ne
vanno dopo un mese? Non basterebbero dieci vite probabilmente.
Ma cosa ti aspetti che ti dica? Che l’idea romantica che hai
dell’editoria è del tutto sbagliata? Che ormai è marketing? Che la casa
editrice è un’azienda e che per sopravvivere deve guadagnare? Credi che
arriverà il successo? Te lo auguro, mi auguro davvero che il tuo libro abbia un
enorme successo. Ma ci sono ottimi libri che quel successo non solo non l’hanno
mai raggiunto ma neppure sfiorato. Eppure meritano di esistere, per le loro
bellissime storie, per il modo in cui sono stati scritti, per ciò che l’autrice
e l’autore hanno espresso.
Perché se è solo il successo che insegui allora trovati un
ottimo agente letterario, uno di quelli che fiutano il successo, individua un
filone letterario in voga e scrivi una storia che possa creare consenso. E
forse non basterà neppure quello. Forse non basteranno le fascette, le vetrine
comprate, i premi letterari. O forse sì. Forse diventerai la nuova regina o il
nuovo re della letteratura contemporanea.
Ma se scrivi per te stesso, per dire qualcosa, per tirar
fuori quella palla infuocata che hai nello stomaco allora fallo in modo
consapevole. Scrivi e basta, senza arroganza, con molta umiltà, mettendo in
conto che sì, potrebbe essere uno dei tanti libri che non verrà pubblicato o
uno di quelli che verrà pubblicato e morirà sullo scaffale.
Fallo con consapevolezza e un po’ di disillusione.
Allora, adesso, che cosa ti aspetti che ti dica?”
E quindi?
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RispondiEliminaTi leggo sempre, non ho mai commentato, ma questa volta devo dirtelo: grazie. Perche' non so se quella "palla infuocata" che ho dentro riusciro' mai a tirarla fuori davvero e a trasformarla nelle pagine di un libro, ma mi hai fatto venire voglia di continuare a provarci. Per me stessa.
RispondiEliminaNon voglio un premio perché respiro.
RispondiEliminaE non voglio un premio perché scrivo.
Io scrivo - come respiro - perché altrimenti muoio.